Per me la Sinistra
Per me la sinistra è prendere per mano la persona che mi sta accanto,
non avere paura di camminare per le strade,
vedere negli occhi di chi viene in Italia a cercare una speranza
gli stessi occhi dei nostri padri e dei nostri nonni
che quella speranza la cercarono pochi anni fa
non un secolo fa,
in viaggi di nevi e lacrime
verso un altro luogo, un altro orizzonte,
reduci dalla fame, dalla luce nera, dalle macerie.
Per me la sinistra è la forza della memoria,
la cicatrice che diventa comprensione.
il dolore che si trasforma in tolleranza,
il passato che è una porta spalancata sul futuro,
sono i nostri figli
la nostra voglia di libertà, di pace,
di nuvole da contare e raccontare.
Per me la sinistra è la terra dura, la zappa del contadino,
lo studio per tutti,, il razzismo sepolto dai colori,
un fiume che si chiama giustizia,
l’allegria di essere per gli altri e con gli altri.
Insieme. Uniti. Felici
Darwin Pastorin
lunedì 22 dicembre 2008
giovedì 18 dicembre 2008
Documento SD Terni sulla riforma del decentramento
RIFORMA DEL DECENTRAMENO DEL COMUNE DI TERNI
Documento di Sinistra Democratica – Terni
Il presente documento, elaborato dalla Consulta degli eletti di SD nelle istituzioni, ha lo scopo di proporre all’intero schieramento della Sinistra una riflessione generale sulla riforma del Decentramento, in virtù delle novità introdotte dalla Finanziaria del 2008.
Dopo le proposte per le modifiche statutarie approvate dalla Commissione Comunale, proposte da noi condivise, auspichiamo che si apra un ragionamento tra le forze del centrosinistra per quanto riguarda il nuovo Regolamento.
Tutto questo per arrivare ad una Riforma che migliori il ruolo delle Circoscrizioni e porti anche ad una maggiore partecipazione dei cittadini alle scelte che li riguardano.
il documento che segue è stato elaborato nel mese di ottobre.
*****
Visto e considerato che l’art. 2 comma 29 della sopraccitata legge stabilisce che i Comuni con oltre 100000 abitanti possono istituire le Circoscrizioni a condizione che le stesse abbiano un numero medio di abitanti non inferiore a 30000, ne consegue che a Terni se ne possono realizzare al massimo tre.
Visto e considerato che il Decentramento è uno strumento democratico fondamentale di partecipazione dei cittadini alla vita amministrativa della città e che Terni sotto questo aspetto vanta una trentennale esperienza al riguardo, tra una delle più avanzate e significative realtà del nostro Paese, che ha permesso ai cittadini di essere parte propositiva e attiva nelle scelte operate dall’Amministrazione Comunale; pensiamo che sia opportuno salvaguardare tale patrimonio.
Prima di entrare nello specifico, e quindi iniziare a discutere di come costituire questa nuova forma di decentramento, vorremo fare una riflessione più generale sull’argomento anche in virtù delle recenti riforme dello Statuto e del Regolamento introdotto dal Comune di Terni nel corso della Giunta Raffaelli.
L’introduzione dell’elezione diretta dei Presidenti ha prodotto un nuovo protagonismo ( a volte eccessivo) delle Circoscrizioni al quale non sempre ha corrisposto un adeguamento degli atteggiamenti da parte della Giunta e più in generale della struttura amministrativa centrale.
Si è registrato nel corso di questi ultimi cinque anni una diffusa crisi di rapporti fra Circoscrizioni è Giunta Comunale, spesso segnata da tensioni, conflittualità ed incomprensioni e tutto questo nonostante il centrosinistra governasse in tutte e nove le Circoscrizioni.
In questi anni, le Circoscrizioni si sono lamentate di scarsa attenzione, scarsezza di mezzi e risorse, si è spesso generata una situazione di conflittualità con il Centro, ed un confronto di questo tipo non è certo utile e non produce risultati.
Il tema da affrontare con la nuova Riforma, quindi, sarà quello di una nuova ripartizione di ruoli fra i diversi pezzi dell’Amministrazione, una nuova riorganizzazione della macchina comunale che risponda innanzitutto agli interessi dei cittadini.
Occorre che ognuno compia uno sforzo per spogliarsi del proprio ruolo e approcci il problema con uno spirito costruttivo.
Il confronto deve tener conto della ripartizione delle competenze fra Sindaco, Giunta, Consiglio Comunale e Circoscrizioni, nell’ambito di una idea di gestione unitaria della macchina amministrativa comunale.
Le aspettative generate dall’idea dei pro-sindaci si è scontrata con la difficoltà della macchina comunale ad adeguarsi a questa nuova idea, e questo ha creato tensioni e problemi.
Quindi, per questi motivi, siamo contrari all’elezione diretta dei Presidenti, e pensiamo che sia utile ritornare all’elezione del Presidente da parte del Consiglio.
Ciò nonostante l’ultima riforma compiuta conteneva sicuramente molti elementi di innovazione, per cui quel regolamento va ripreso ad applicato fino in fondo.
Nel contempo possiamo, con serietà, cominciare a riflettere anche sui possibili aggiustamenti ed ulteriori innovazioni che in futuro possono essere apportati per rendere sempre più concreta una idea di governo decentrato della città.
Porre la questione del governo decentrato della città significa riflettere sulla necessità di una moderna democrazia cittadina, che esaltando il ruolo di sintesi e di rappresentanza generale del Consiglio Comunale, inserisca in maniera trasparente un ruolo forte di rappresentanza territoriale che può essere svolta dalle Circoscrizioni.
La necessità di ricostruire un tessuto di comunità nei quartieri per rilanciare una rinnovata idea di partecipazione diffusa, la necessità di valorizzare il territorio e le sue risorse naturali e storiche, la necessità di riunificate comunità locali segnate dai processi di immigrazione, tutto questo ci deve far riflettere sul ruolo di un moderno decentramento che vada oltre la semplice gestione di alcuni servizi e che assuma un ruolo più generale di rappresentanza.
Dentro a questo percorso va ridisegnato anche un moderno ruolo delle antiche municipalità, che non sia tanto basato sulla rivendicazione di antichi ruoli, ma che parta dalla consapevolezza di poter rappresentare anche per il futuro un modello di partecipazione dentro una ritrovata idea solidaristica di comunità.
Le antiche municipalità (insieme al sistema montano e degli antichi borghi di montagna) sono inoltre il terreno di sperimentazione per importanti progetti che riguardano lo sviluppo economico nella filiera ambiente, cultura e turismo.
Riteniamo che sia necessario sperimentare su:
1. decentramento della gestione di alcuni servizi di base, con autonomia funzionale (mezzi e risorse)
2. gestione completa delle deleghe
3. sperimentazione delle deleghe differenziate
4. adeguamento (attraverso la revisione della pianta organica) della struttura tecnico-amministrativa del decentramento
5. sperimentazione fin d’ora di un coinvolgimento costante delle Circoscrizioni nelle scelte e nel lavoro della Giunta anche attraverso un rinnovato ruolo della Conferenza dei Presidenti, ma anche con appuntamenti programmati della Giunta con le singole Circoscrizioni
in sostanza occorre passare secondo noi da un’idea di autonomia delle Circoscrizioni ad un’idea di governo decentrato dell’amministrazione comunale, affermare un’idea di autonomia nella gestione dei servizi e di unità nel governo della città.
Per far questo, occorre rivedere un po’ tutto il sistema che regola i rapporti tra la giunta e le Circoscrizioni, creando momenti di confronto nei quali si prendono insieme le decisioni riguardanti i singoli territori; in sostanza si tratta di passare da un concetto di partecipazione, oggi molto spesso espresso in maniera inutile e burocratica, esclusivamente attraverso l’espressione dei parei post delibera, che nessuno vede e di cui nessuno tiene conto, ad una effettivaed utile partecipazione delle Circoscrizioni nella fase di elaborazione delle scelte.
Riteniamo inoltre che nel campo della gestione dei servizi e delle deleghe assegnate le Circoscrizioni devono operare in totale autonomia.
Manutenzioni, cura dei quartieri ed altri servizi similari possono essere gestiti in completa autonomia alleggerendo così la macchina comunale e rendendo più rapidi e diretti gli interventi.
La gestione di questi servizi non comporta necessariamente, per ogni materia, il decentramento di risorse umane ed economiche.
La gestione autonoma si può esprimere anche nell’ambito di utilizzo di strutture tecniche centralizzate o nell’ambito di accordi quadro convenzionati con i prestatori di servizi, siano essi azienda private, associazioni o azienda pubbliche speciali.
Tornando alla questione del numero delle Circoscrizioni, secondo noi ha un senso farle se si cercherà di realizzare quanto detto in premessa, anche se tre è un numero troppo ristretto per garantire un’adeguata necessità di partecipazione e di decentramento della città, ed in particolar modo delle antiche municipalità, dove scarsa sarebbe la rappresentanza istituzionale.
Per ovviare a questi inconvenienti occorrerebbe aggiungere al sistema elettorale proporzionale l’introduzione dei collegi, in modo da poter garantire la rappresentanza di quei territori, periferie o antichi borghi che rischierebbero di non poter eleggere consiglieri.
Per quanto concerne invece la divisione della città nelle future tre Circoscrizioni, riteniamo che sia utile partire dalle deleghe assegnate, dalla omogeneità nella gestione delle stesse e ragionando sull’integrazione di territori con vocazioni omogenee possiamo arrivare ad una definizione della futura ripartizione della città.
Non si tratta quindi di un semplice ragionamento numerico a cui piegare tutto il resto, e non si tratta nemmeno di una semplice opera di accorpamento delle attuali Circoscrizioni; è invece un lavoro più serio e complesso che se fatto bene porterà sicuramente dei vantaggi.
Terni, 30 Ottobre 2008
Documento di Sinistra Democratica – Terni
Il presente documento, elaborato dalla Consulta degli eletti di SD nelle istituzioni, ha lo scopo di proporre all’intero schieramento della Sinistra una riflessione generale sulla riforma del Decentramento, in virtù delle novità introdotte dalla Finanziaria del 2008.
Dopo le proposte per le modifiche statutarie approvate dalla Commissione Comunale, proposte da noi condivise, auspichiamo che si apra un ragionamento tra le forze del centrosinistra per quanto riguarda il nuovo Regolamento.
Tutto questo per arrivare ad una Riforma che migliori il ruolo delle Circoscrizioni e porti anche ad una maggiore partecipazione dei cittadini alle scelte che li riguardano.
il documento che segue è stato elaborato nel mese di ottobre.
*****
Visto e considerato che l’art. 2 comma 29 della sopraccitata legge stabilisce che i Comuni con oltre 100000 abitanti possono istituire le Circoscrizioni a condizione che le stesse abbiano un numero medio di abitanti non inferiore a 30000, ne consegue che a Terni se ne possono realizzare al massimo tre.
Visto e considerato che il Decentramento è uno strumento democratico fondamentale di partecipazione dei cittadini alla vita amministrativa della città e che Terni sotto questo aspetto vanta una trentennale esperienza al riguardo, tra una delle più avanzate e significative realtà del nostro Paese, che ha permesso ai cittadini di essere parte propositiva e attiva nelle scelte operate dall’Amministrazione Comunale; pensiamo che sia opportuno salvaguardare tale patrimonio.
Prima di entrare nello specifico, e quindi iniziare a discutere di come costituire questa nuova forma di decentramento, vorremo fare una riflessione più generale sull’argomento anche in virtù delle recenti riforme dello Statuto e del Regolamento introdotto dal Comune di Terni nel corso della Giunta Raffaelli.
L’introduzione dell’elezione diretta dei Presidenti ha prodotto un nuovo protagonismo ( a volte eccessivo) delle Circoscrizioni al quale non sempre ha corrisposto un adeguamento degli atteggiamenti da parte della Giunta e più in generale della struttura amministrativa centrale.
Si è registrato nel corso di questi ultimi cinque anni una diffusa crisi di rapporti fra Circoscrizioni è Giunta Comunale, spesso segnata da tensioni, conflittualità ed incomprensioni e tutto questo nonostante il centrosinistra governasse in tutte e nove le Circoscrizioni.
In questi anni, le Circoscrizioni si sono lamentate di scarsa attenzione, scarsezza di mezzi e risorse, si è spesso generata una situazione di conflittualità con il Centro, ed un confronto di questo tipo non è certo utile e non produce risultati.
Il tema da affrontare con la nuova Riforma, quindi, sarà quello di una nuova ripartizione di ruoli fra i diversi pezzi dell’Amministrazione, una nuova riorganizzazione della macchina comunale che risponda innanzitutto agli interessi dei cittadini.
Occorre che ognuno compia uno sforzo per spogliarsi del proprio ruolo e approcci il problema con uno spirito costruttivo.
Il confronto deve tener conto della ripartizione delle competenze fra Sindaco, Giunta, Consiglio Comunale e Circoscrizioni, nell’ambito di una idea di gestione unitaria della macchina amministrativa comunale.
Le aspettative generate dall’idea dei pro-sindaci si è scontrata con la difficoltà della macchina comunale ad adeguarsi a questa nuova idea, e questo ha creato tensioni e problemi.
Quindi, per questi motivi, siamo contrari all’elezione diretta dei Presidenti, e pensiamo che sia utile ritornare all’elezione del Presidente da parte del Consiglio.
Ciò nonostante l’ultima riforma compiuta conteneva sicuramente molti elementi di innovazione, per cui quel regolamento va ripreso ad applicato fino in fondo.
Nel contempo possiamo, con serietà, cominciare a riflettere anche sui possibili aggiustamenti ed ulteriori innovazioni che in futuro possono essere apportati per rendere sempre più concreta una idea di governo decentrato della città.
Porre la questione del governo decentrato della città significa riflettere sulla necessità di una moderna democrazia cittadina, che esaltando il ruolo di sintesi e di rappresentanza generale del Consiglio Comunale, inserisca in maniera trasparente un ruolo forte di rappresentanza territoriale che può essere svolta dalle Circoscrizioni.
La necessità di ricostruire un tessuto di comunità nei quartieri per rilanciare una rinnovata idea di partecipazione diffusa, la necessità di valorizzare il territorio e le sue risorse naturali e storiche, la necessità di riunificate comunità locali segnate dai processi di immigrazione, tutto questo ci deve far riflettere sul ruolo di un moderno decentramento che vada oltre la semplice gestione di alcuni servizi e che assuma un ruolo più generale di rappresentanza.
Dentro a questo percorso va ridisegnato anche un moderno ruolo delle antiche municipalità, che non sia tanto basato sulla rivendicazione di antichi ruoli, ma che parta dalla consapevolezza di poter rappresentare anche per il futuro un modello di partecipazione dentro una ritrovata idea solidaristica di comunità.
Le antiche municipalità (insieme al sistema montano e degli antichi borghi di montagna) sono inoltre il terreno di sperimentazione per importanti progetti che riguardano lo sviluppo economico nella filiera ambiente, cultura e turismo.
Riteniamo che sia necessario sperimentare su:
1. decentramento della gestione di alcuni servizi di base, con autonomia funzionale (mezzi e risorse)
2. gestione completa delle deleghe
3. sperimentazione delle deleghe differenziate
4. adeguamento (attraverso la revisione della pianta organica) della struttura tecnico-amministrativa del decentramento
5. sperimentazione fin d’ora di un coinvolgimento costante delle Circoscrizioni nelle scelte e nel lavoro della Giunta anche attraverso un rinnovato ruolo della Conferenza dei Presidenti, ma anche con appuntamenti programmati della Giunta con le singole Circoscrizioni
in sostanza occorre passare secondo noi da un’idea di autonomia delle Circoscrizioni ad un’idea di governo decentrato dell’amministrazione comunale, affermare un’idea di autonomia nella gestione dei servizi e di unità nel governo della città.
Per far questo, occorre rivedere un po’ tutto il sistema che regola i rapporti tra la giunta e le Circoscrizioni, creando momenti di confronto nei quali si prendono insieme le decisioni riguardanti i singoli territori; in sostanza si tratta di passare da un concetto di partecipazione, oggi molto spesso espresso in maniera inutile e burocratica, esclusivamente attraverso l’espressione dei parei post delibera, che nessuno vede e di cui nessuno tiene conto, ad una effettivaed utile partecipazione delle Circoscrizioni nella fase di elaborazione delle scelte.
Riteniamo inoltre che nel campo della gestione dei servizi e delle deleghe assegnate le Circoscrizioni devono operare in totale autonomia.
Manutenzioni, cura dei quartieri ed altri servizi similari possono essere gestiti in completa autonomia alleggerendo così la macchina comunale e rendendo più rapidi e diretti gli interventi.
La gestione di questi servizi non comporta necessariamente, per ogni materia, il decentramento di risorse umane ed economiche.
La gestione autonoma si può esprimere anche nell’ambito di utilizzo di strutture tecniche centralizzate o nell’ambito di accordi quadro convenzionati con i prestatori di servizi, siano essi azienda private, associazioni o azienda pubbliche speciali.
Tornando alla questione del numero delle Circoscrizioni, secondo noi ha un senso farle se si cercherà di realizzare quanto detto in premessa, anche se tre è un numero troppo ristretto per garantire un’adeguata necessità di partecipazione e di decentramento della città, ed in particolar modo delle antiche municipalità, dove scarsa sarebbe la rappresentanza istituzionale.
Per ovviare a questi inconvenienti occorrerebbe aggiungere al sistema elettorale proporzionale l’introduzione dei collegi, in modo da poter garantire la rappresentanza di quei territori, periferie o antichi borghi che rischierebbero di non poter eleggere consiglieri.
Per quanto concerne invece la divisione della città nelle future tre Circoscrizioni, riteniamo che sia utile partire dalle deleghe assegnate, dalla omogeneità nella gestione delle stesse e ragionando sull’integrazione di territori con vocazioni omogenee possiamo arrivare ad una definizione della futura ripartizione della città.
Non si tratta quindi di un semplice ragionamento numerico a cui piegare tutto il resto, e non si tratta nemmeno di una semplice opera di accorpamento delle attuali Circoscrizioni; è invece un lavoro più serio e complesso che se fatto bene porterà sicuramente dei vantaggi.
Terni, 30 Ottobre 2008
Strasburgo capitale europea del lavoro
Orari coreani con salari cinesi? Anche il Parlamento europeo dice No grazie.
Manifestare serve e capita anche che si vinca. Una bella lezione di democrazia e di partecipazione é arrivata nelle ultime 24 ore da Strasburgo. La capitale europea del Natale si è trasformata in capitale europea del lavoro. Merito dei trentamila chiamati martedì in piazza dalla Ces, l'organizzazione europea dei sindacati, e del Parlamento europeo, che nella sua seduta plenaria di mercoledì ha accolto a stragrande maggioranza la richiesta alla Commissione e al consiglio europeo di rivedere la direttiva che permetteva di allungare l'orario di lavoro fino a 6o o 65 ore settimanali.
Un voto più largo della maggioranza qualificata richiesta in questa seconda lettura - 421 i voti a favore rispetto ai 393 necessari - che riafferma il limite settimanali a 48 ore, e obbliga le altre istituzioni europee a sedersi al tavolo della conciliazione per rivedere i contenuti della direttiva, riconoscendo agli stati membri il diritto ad una specifica legislazione nazionale ma all'interno dei paletti fissati dal Parlamento.
Ed é stato lo stesso relatore, l'eurodeputato socialista Cercas, a richiamare il valore della mobilitazione del sindacato per raggiungere questo risultato. In un momento di recessione, con tanti disoccupati e cassintegrati, stonava non poco la richiesta dei governi di consentire alle aziende di prolungare il tempo di lavoro dei loro dipendenti. Un via libera agli straordinari, un ulteriore impoverimento del mercato del lavoro, una richiesta peraltro in contrasto con le pratiche tese ad assicurare maggiori livelli di sicurezza sui luoghi di lavoro. Lavoratori, sindacati e parlamento si sono così ritrovati uniti a difesa dei diritti fondamentali che si chiamano orario e salario, contrattazione collettiva, giusto equilibrio tra tempo di lavoro, vita sociale e familiare.
lunedì 15 dicembre 2008
giovedi' 18 assemblea pubblica
ASSEMBLEA PUBBLICA
L’Impegno e le Proposte della Sinistra per il territorio della VII° Circoscrizione “Velino”
Marmore - Sala Montesi
Giovedì 18 Dicembre ore 21
Interverranno:
- Simone Guerra Capogruppo Sinistra Comune Terni
- Gianfranco Salvati Assessore Mobilità e Traffico Comune Terni
- Carlo Rozzi Assessore Verde Pubblico Comune Terni
- Damiano Stufara Assessore Politiche Sociali Regione Umbria
Introduce: Tommaso Sabatini Capogruppo PRC/SD “Velino”
.
L’Impegno e le Proposte della Sinistra per il territorio della VII° Circoscrizione “Velino”
Marmore - Sala Montesi
Giovedì 18 Dicembre ore 21
Interverranno:
- Simone Guerra Capogruppo Sinistra Comune Terni
- Gianfranco Salvati Assessore Mobilità e Traffico Comune Terni
- Carlo Rozzi Assessore Verde Pubblico Comune Terni
- Damiano Stufara Assessore Politiche Sociali Regione Umbria
Introduce: Tommaso Sabatini Capogruppo PRC/SD “Velino”
.
Il Popolo ha parlato. Adesso lo si ascolti
L'Ambra Jovinelli s'è dimostrato troppo, troppo, troppo piccolo. La cosa era in qualche modo prevista, ma non in queste dimensioni. Fuori, nell'ingresso o nella piazzetta antistante, c'era almeno altrettanta gente di quanta ce n'era in sala.
Dal palco, un intervento dopo l'altro, tutti della Base, del "Popolo della Sinistra", dei semplici Compagni. Un messaggio che praticamente tutti li
accomunava: Fate il Partito. E fate presto.
Ancor più netta la platea, che ha urlato più volte "Partito! Partito!".
Se era la volontà della Base, del Popolo della Sinistra, che si aspettava, beh, eccola. Adesso la rispetti e la si segua, e bando ai tatticismi.
Abbiamo bisogno di un soggetto politico che torni a scaldare i cuori della gente. Non ci servono il rimanere divisi o dei cartelli elettorali senz'anima (che tra l'altro tutti i Segretari dei 4 Partiti rifiutano). E non ci serve appoggiarci ad altri Partiti che di Sinistra non sono. Non è questo, che la gente vuole.
Peraltro, anche a livello "strettamente politico" il progetto suscita interesse. Tra i Verdi (In platea, oltre a Cento ed altri che hanno lanciato l'appello del 7 Novembre, c'era anche Grazia Francescato, che ha poi dichiarato, riporta il sito di Repubblica, che ad un progetto politico direbbe di si), ed anche tra una parte degli aderenti al PS (anche se non a Nencini).
Ma sempre in presenza di un progetto vero, che vada avanti in maniera concreta.
Non di cartelli confusi senza progetto reale, riproposizione del soggetto confuso travolto (e ne porto personalmente ancora i segni nell'animo) il 14 Aprile.
Il nuovo soggetto deve esserci, ed esserci in maniera concreta. E deve essere rappresentato nelle prossime scadenze. Come nuovo soggetto, l'unico che decide (ed è legittimato a farlo) di rappresentare "La Sinistra" in quanto tale (non sue parti o cose diverse), non come altro. Un Partito della Sinistra.
Questo ha chiesto, a gran voce, la nostra gente.
Il Popolo ha parlato. Adesso lo si ascolti.
domenica 7 dicembre 2008
le primarie delle idee
Per partecipare all'Assemblea Nazionale del 13 dicembre a Roma stiamo organizzando pullman gratuiti che partiranno da Terni, alle ore 12.00 da Piazzale Bosco (Terminal Bus)
Per inviare le vostre adesioni:
perlasinistratr@gmail.com
Roberta 3929708632
Sabato 13 dicembre, con inizio alle ore 13.30 e conclusione entro le ore 18, si terrà a Roma presso il teatro Ambra Jovinelli in via Guglielmo Pepe 41 (nei pressi della stazione Termini) l'Assemblea Nazionale di presentazione dell'associazione "Per la Sinistra", uno strumento leggero per tutti coloro che sono interessati a ridare voce, ruolo e progetto alla sinistra, avviando adesioni larghe e plurali, con l'obiettivo di lavorare a un nuovo soggetto politico della sinistra italiana attraverso un processo che deve avere concreti elementi di novità.
Costruire insieme una sinistra che...
..raccolga l'urgenza presente nel nostro Paese e crei e lo spazio
vero, reale, possibile, crescente per suscitare speranza e chiamare
all'impegno politico
...riesca finalmente a mescolare i segni e i semi di più culture
politiche per farne un linguaggio diverso, un diverso sguardo sulle
cose di questo tempo e di questo mondo
...rifiuti il rifugio identitario fine a sé stesso, la fuga dalla
politica, l'affannosa ricerca dei segni del passato come nuovi feticci
da agitare verso il presente
..non sia la sommatoria di ceti politici ma un percorso democratico,
partecipativo, inclusivo in cui ciascuno si assuma una propria
responsabilità
L'assemblea sarà l'occasione per dare avvio ad una ampia consultazione popolare sui tratti distintivi che vogliamo assuma il nuovo soggetto della sinistra. Protagonisti dell'incontro dovranno essere le donne e gli uomini, le associazioni e i movimenti che nel corso di questi mesi si sono misurati in ogni realtà del territorio nazionale con la necessità, dopo la sconfitta dello scorso aprile, di dare una speranza al popolo della sinistra.
Per questo chiediamo alle diverse realtà del paese di sentirsi partecipi dell'assemblea, di portare all'incontro esperienze, percorsi, testimonianze e di prendere la parola per rappresentarle.
IMPEGNAMOCI TUTTI OGGI IN QUESTO CAMMINO. A COSTRUIRLO NEL TEMPO CHE SARA' RICHIESTO. A COMINCIARE DA ORA.
Costruiremo insieme, nel corso dell'assemblea, l'agenda del lavoro nazionale che l'associazione si propone di svolgere già nei giorni successivi e il raccordo necessario con il radicamento da costruire nei territori.
venerdì 5 dicembre 2008
mercoledì 3 dicembre 2008
Il Socialismo europeo è da sempre la casa di Sd
di Pasqualina Napoletano*
Mentre il Partito Democratico si dibatte con i problemi della sua collocazione europea, per Sinistra Democratica da questo punto di vista i problemi sono molto più semplici.
Non siamo un partito e, come i nostri iscritti e simpatizzanti sanno, questa è stata una scelta consapevolmente rivendicata.
"Non c'è il bisogno in Italia di un ennesimo partitino della sinistra" rispendevamo a chi ci rimproverava la vocazione scissionista della sinistra.
Il nostro obiettivo, rivelatosi molto più difficile del previsto, è quello di ricostruire in Italia una sinistra credibile nei suoi riferimenti ideologici, morali e culturali; efficace nella sua capacità di incidere sulla realtà; utile a tante e a tanti a cominciare da chi lavora, ma non solo.
Questa nostra caratteristica fa sì che non dobbiamo firmare il "Manifesto socialista europeo" come hanno fatto altri leader di partito, ed un po' improvvidamente Piero Fassino.
Anche perché, purtroppo, i partiti europei, compreso quello socialista, altro non sono che la sommatoria di partiti nazionali, cosa che vorremmo cambiare in favore di soggetti veramente federalisti con legittimazione propria.
Detto questo, gli eletti al Parlamento Europeo di Sinistra Democratica sono e resteranno nel gruppo socialista, e su questo non vi è alcun dubbio.
Non solo siamo nel gruppo europeo, ma abbiamo contribuito a dirigerlo, io come vicepresidente responsabile per la politica estera, Claudio Fava come coordinatore della commissione "Libertà pubbliche", per non parlare del prestigio personale e politico di cui gode Giovanni Berlinguer in seno al Gruppo.
Per questa via abbiamo contribuito all'elaborazione del Manifesto, anche perché il Gruppo è l'unico soggetto oltre ai partiti nazionali che ha voce in capitolo, nel senso di poter presentare emendamenti.
Io stessa ne ho presentati e molti sono stati accolti.
Non mi appassiona la polemica attorno all'appartenenza europea del PD, è come maramaldeggiare su una questione che avevamo vista irrisolta fin dalla sua nascita e foriera di problemi e tensioni che puntualmente sono esplosi, insieme a tanti altri elementi che fanno parlare i commentatori di vera e propria crisi del Partito Democratico.
Tornando al Manifesto, esso sarà un punto di riferimento per la nostra campagna elettorale europea, anche se in alcuni punti lo avremmo preferito più netto, questo perché, purtroppo, lo statuto del partito europeo prevede quella unanimità che tanto abbiamo rimproverato ai governi e che quindi costringe alla pratica defatigante della ricerca del minimo comune denominatore.
La storia però non finisce qui, spero che l'impegno europeista della sinistra italiana possa contribuire a migliorare e qualificare anche la vita politica europea.
Un piccolo successo però lo abbiamo ottenuto, e voglio segnalarlo perché, avere sostenuto che una quota di iscritti potesse direttamente riferirsi al Partito Socialista Europeo ha portato alla presenza di delegati a Madrid, tra cui i nostri, che non sono stati inviati dai partiti nazionali. Essi costituiscono un primo nucleo di un vero partito a dimensione europea. Buon lavoro!
*Vice-Presidente del Gruppo Socialista al Parlamento Europeo
martedì 2 dicembre 2008
Il 13 dicembre
Il 13 dicembre non sarà solo una festa. Ne abbiamo fatte tante, di feste: servono a star bene insieme, a contare le facce conosciute, a mettere in fila un po’ di bei discorsi, a mostrare i muscoli. E a ritrovarsi confusi e svuotati il giorno successivo.
Il 13 dicembre sarà una scelta. Convinta e impegnativa. La scelta di aprire questo processo costituente al paese, di sottrarlo alle prudenze dei gruppi dirigenti, di incarnarlo nelle passioni e nella generosità di chi sente tutta l’urgenza di una nuova sinistra in Italia.
Non staremo qui a dirci ancora una volta quanto “nuova” debba essere questa sinistra: abbiamo impegnato quattro mesi, dall’assemblea di Cianciano in poi, a ragionare sull’eredità che le culture politiche del secolo scorso ci hanno lasciato. Ci siamo detti cento volte che quell’eredità non va congelata né rifiutata ma rielaborata, impastata con una lingua diversa, arricchita con pratiche finalmente democratiche, finalmente inclusive. Abbiamo parlato delle troppe liturgie e dell’urgenza di abbandonarle. Abbiamo compreso che questo progetto non riuscirà a sommare tutta l’attuale sinistra (difficile tenere insieme chi si sente comunista dentro, e chi invece festeggia ogni giorno l’orgoglio comunista…), ma che oggi la virtù politica essenziale, più che l’unità ad ogni costo, è la coerenza: ovvero la capacità di utilizzare lo stesso alfabeto, di condividere la stessa ricerca, di affrontare lo stesso mare.
La sinistra italiana che nascerà il 13 dicembre sarà il racconto di questo tempo e di questo paese. Ma ne sarà anche il rimedio. Una sinistra del fare, più che dell’affermare. Questo ci siamo detti: e ce lo siamo detti a lungo. Adesso dobbiamo cedere ad altri la parola, lasciare che essa venga raccolta da chi questa nuova sinistra la sta già fabbricando nella pratica politica quotidiana, nel lavoro sui territori, dentro le amministrazioni, nei tempi serrati delle cento assemblee che abbiamo già svolto.
Cosa sarà e “quando” sarà questa nuova sinistra italiana? E’ ciò che cominceremo a decidere insieme tra due settimane. Posso solo dirvi cosa non dovrà essere: né un circolo di cultura, né un repertorio di tatticismi o di parole reticenti. Perché questo progetto decolli, perché diventi subito pane quotidiano e sfida elettorale in Italia e in Europa, occorre molta generosità. E poco politicismo. Esattamente l’opposto di ciò che è accaduto ad aprile.
Claudio Fava
.
martedì 25 novembre 2008
martedì 18 novembre 2008
Sinistra è bellissimo!
Il parlamento tedesco, negli scorsi giorni, a seguito di reiterati episodi di aggressioni antisemite verificatesi in Germania, su proposta della cancelliera Angela Merkel, ha votato una risoluzione di condanna dell’antisemitismo e di solidarietà nei confronti dello Stato di Israele e del suo popolo. A questa risoluzione ha chiesto di aderire anche la “Linke”, partito di sinistra di recente formazione nato dalla fusione delle forze politiche raccolte intorno a Oskar Lafontaine, ex presidente della Spd con gli ex comunisti della DDR guidati da Gregor Gysi. Fondata sulla base di una piattaforma politica di nuova concezione e con una forte impronta pragmatica, la “Linke” è accreditata dai sondaggi per essere la terza forza politica tedesca. Quando i partiti promotori della risoluzione contro l’antisemitismo hanno respinto l’adesione della “Linke”, i suoi rappresentanti ne hanno presentata una propria, identica a quella degli altri partiti. La scelta è stata genialmente provocatoria. È stato un modo intelligente per opporsi ad una sistematica demonizzazione di tutto ciò che è in odore di sinistra messa in atto dalle forze conservatrici e reazionarie in molte parti Europa. Portabandiera della crociata, sono stati i gemelli Kaczynsky, leader del governo polacco ultrareazionario e di orientamento antisemita e, naturalmente, il governo Berlusconi con la sua corte dei miracoli intrisa di fascistume e di autoritarismo piduista.
Non stanchiamoci mai di ricordare che uomini della sinistra sono stati protagonisti delle più grandi battaglie per la democrazia, per la libertà e l’uguaglianza. Omologarli tout cout ai crimini staliniani o a quelli di Pol Pot è da buffoni e da vigliacchi.
Per troppo tempo si è tollerato remissivamente questo ignobile stillicidio. È ora di alzare la voce e la testa per gridare forte: “sinistra è bellissimo”.
Moni Ovadia
domenica 16 novembre 2008
Università: Fava, grave errore di Pd e Idv non essere ai cortei
Una grande mobilitazione all'altezza della cocciutaggine del ministro Gelmini e del governo. Se il Ministro Gelmini non cede, come ha affermato stamani parlando con un quotidiano, Piazza Navona riempita dai sindacati con tanti docenti, ricercatori e il corteo degli studenti sono la risposta chiara e precisa che anche chi ha a cuore il futuro della cultura, della scuola e della scienza non ha assolutamente intenzione di cedere alla logica dei tagli e della svendita di un patrimonio prezioso per il futuro del Paese". Cosi' il segretario nazionale di Sinistra Democratica, Claudio Fava, in piazza a Roma, definisce le manifestazioni degli studenti e della Cgil-Uil che si stanno svolgendo a Roma.
"E' un grave errore- prosegue il leader Sd- quello compiuto da Pd e Idv che non hanno mandato alcun loro esponente nazionale alle manifestazioni. La giudico un'occasione perduta da Veltroni e Di Pietro, che, oltre tutto, hanno molto da imparare da questi ragazzi".
giovedì 13 novembre 2008
Sciopero generale. Stiamo al merito
di Roberta Lisi
La Cgil, il maggior sindacato italiano per numero di iscritti ed eletti Rsu, indice lo sciopero generale. Lo fa su proposta del suo segretario generale con un voto del Direttivo che arriva dopo una grande assemblea di quadri e delegati che ha approvato il “Piano anti crisi della Cgil”.
E sì perché l’organizzazione sociale che rappresenta e quindi deve “tutelare” lavoratori, lavoratrici e pensionati è da settimane che continua a ripetere che i provvedimenti del Governo Berlusconi per aggredire la più imponete e grave crisi economica e finanziaria che la modernità abbia dovuto affrontare sono totalmente inadeguati, soprattutto non sono dalla parte – appunto - dei lavoratori, delle famiglie, dei pensionati.
Non solo, la Confederazione di Corso d’Italia si misura con i problemi reali e presenta, appunto, le proprie proposte per affrontare lo sconquasso all’economia reale del paese e delle famiglie già provate da anni di inadeguatezza salariale. Ma le sue proposte non vengono neanche prese in considerazione, governo e maggioranza, con il sostegno di Confindustria, invece di misurarsi con esse provano ad escludere la Cgil dal confronto con le parti sociali scegliendo interlocutori ritenuti “più in linea”.
Cosa altro avrebbe dovuto fare un sindacato degno di questo nome se non convocare lo sciopero generale? Perché leader sindacali e politici dei diversi partiti, anche del Pd, non si misurano con il merito delle proposte del governo e con il merito delle proposte della Cgil?
Eppure l’unico metro di misura corretto per valutare i provvedimenti proposti per affrontare la crisi sarebbe proprio quello di partire dalle necessità delle persone che lavorano e quindi del paese. Il merito dunque,il merito.
Perché non proviamo a porci e a rispondere a qualche semplice domanda? La politica del governo è quella giusta per contrastare la recessione? La caduta della produzione è dovuta anche al ristagno dei consumi? L’interesse generale del paese coincide con l’interesse di una sua sola parte? E la dignità del lavoro ha relazione con l’interesse generale del paese? L’Italia può competere con altre economie continuando a tagliare sugli investimenti nella scuola,nell’università,nella ricerca?
Se si risponde onestamente a questi interrogativi non possiamo non dire che Epifani e la sua organizzazione hanno fatto bene ad indire lo sciopero generale e noi il 12 dicembre saremo in piazza con i lavoratori, lavoratrici e i pensionati
Per saperne di più: il documento della Cgil
mercoledì 12 novembre 2008
Per Epifani gravissimo incontro Cisl, Uil, Confindustria con Berlusconi
ROMA, 12 NOV - 'Quello che e' accaduto ieri sera, se confermato, e' gravissimo, una cosa senza precedenti'. Il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani ha commentato cosi', parlando al direttivo dell'organizzazione, la notizia dell'incontro di ieri sera a palazzo Grazioli, fra il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, alcuni ministri, la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia e i segretari di Cisl e Uil Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti.
Epifani chiede 'un immediato incontro con il governo| ' e annuncia una lettera ai leader di Cisl e Uil e al presidente di Confindustria con la quale chiedera' conferma dell'incontro di ieri sera, che, se confermato, 'apre un problema formale nei rapporti con le altre organizzazioni sindacali e con la Confindustria'.
Il presidente Berlusconi dimostra cosi' - si legge in una nota - di non avere alcun rispetto nei confronti dei suoi interlocutori, quando esprimono opinioni diverse dalle sue'.
Sul tema della crisi 'il governo non prevede momenti formali di confronto con tutte le parti sociali, mentre quelli 'riservati' li tiene solo con alcuni soggetti, escludendo la Cgil, l'Ugl e tutte le altre rappresentanze di impresa', prosegue il leader Cgil.
'Nei confronti della Cgil e' un comportamento particolarmente grave perche' abbiamo inviato al governo e alle altre parti sociali una piattaforma con le proprie proposte per affrontare la crisi - ha aggiunto Epifani - Con questo atteggiamento il governo esprime, cosi', la volonta' di non aprire un confronto con la Cgil'.
Epifani chiede 'un immediato incontro con il governo| ' e annuncia una lettera ai leader di Cisl e Uil e al presidente di Confindustria con la quale chiedera' conferma dell'incontro di ieri sera, che, se confermato, 'apre un problema formale nei rapporti con le altre organizzazioni sindacali e con la Confindustria'.
Il presidente Berlusconi dimostra cosi' - si legge in una nota - di non avere alcun rispetto nei confronti dei suoi interlocutori, quando esprimono opinioni diverse dalle sue'.
Sul tema della crisi 'il governo non prevede momenti formali di confronto con tutte le parti sociali, mentre quelli 'riservati' li tiene solo con alcuni soggetti, escludendo la Cgil, l'Ugl e tutte le altre rappresentanze di impresa', prosegue il leader Cgil.
'Nei confronti della Cgil e' un comportamento particolarmente grave perche' abbiamo inviato al governo e alle altre parti sociali una piattaforma con le proprie proposte per affrontare la crisi - ha aggiunto Epifani - Con questo atteggiamento il governo esprime, cosi', la volonta' di non aprire un confronto con la Cgil'.
Facebook. Pse chiede espulsione di 7 gruppi italiani anti-rom
Bruxelles, 11 nov. (Apcom) - Il capogruppo del Pse al Parlamento europeo, Martin Schulz, ha lanciato una campagna per l'espulsione dal sito di 'networking sociale' Facebook di sette gruppi neo-fascisti italiani, sostenendo che contengono messaggi "ripugnanti" contro i rom. "Mi appello a Facebook affinché li rimuova immediatamente", dichiara in un comunicato Schulz, appoggiato dal capodelegazione italiano al Pse Gianni Pittella.
"E' vergognoso che nel giorno in cui l'Europa ricorda i caduti in guerra Facebook aiuti coloro che vogliono riportarci indietro a quell'epoca oscura", continua Schulz, ricordando che la Giornata dell'Armistizio oggi celebra il 90esimo anniversario della fine della Prima guerra mondiale.
"E' una giornata vergognosa per Facebook. Spero che tutti si uniscano a me e Martin su Facebook per esprimere la loro rabbia per quanto sta succedendo", aggiunge Pittella.
Nel comunicato del Pse vengono citati in particolare i gruppi "Bruciamoli tutti" (15 membri), "Rendiamo utili gli zingari: trasformiamoli in benzina verde" (279 membri) e "Diamo un lavoro gli zingari: collaudatori di camere a gas" (649 membri), tutti gestiti da italiani.
"E' vergognoso che nel giorno in cui l'Europa ricorda i caduti in guerra Facebook aiuti coloro che vogliono riportarci indietro a quell'epoca oscura", continua Schulz, ricordando che la Giornata dell'Armistizio oggi celebra il 90esimo anniversario della fine della Prima guerra mondiale.
"E' una giornata vergognosa per Facebook. Spero che tutti si uniscano a me e Martin su Facebook per esprimere la loro rabbia per quanto sta succedendo", aggiunge Pittella.
Nel comunicato del Pse vengono citati in particolare i gruppi "Bruciamoli tutti" (15 membri), "Rendiamo utili gli zingari: trasformiamoli in benzina verde" (279 membri) e "Diamo un lavoro gli zingari: collaudatori di camere a gas" (649 membri), tutti gestiti da italiani.
venerdì 7 novembre 2008
Costruire la Sinistra: il tempo è adesso
Le ragazze e i ragazzi che in questi giorni portano la loro protesta in tutte le piazze del paese per una scuola che li aiuti a crearsi un futuro ci dicono che la speranza di un’altra Italia è possibile. Che è possibile reagire alla destra che toglie diritti e aumenta privilegi. Che è possibile rispondere all’insulto criminale che insanguina il Mezzogiorno e vuole ridurre al silenzio le coscienze più libere. Che è possibile dare dignità al lavoro, spezzando la logica dominante che oggi lo relega sempre più a profitto e mercificazione. Che è possibile affermare la libertà delle donne e vivere in un paese ove la laicità sia un principio inviolabile. Che è possibile lavorare per un mondo di pace. Che è possibile, di fronte all’offensiva razzista nei confronti dei migranti, rispondere - come fece Einstein - che l’unica razza che conosciamo è quella umana. Che è possibile attraverso una riconversione ecologica dell’economia contrastare i cambiamenti climatici, riducendone gli effetti ambientali e sociali. Che è possibile, dunque, reagire ad una politica miserabile la quale, di fronte alla drammatica questione del surriscaldamento del pianeta, cerca di bloccare le scelte dell’Europa in nome di una cieca salvaguardia di ristretti interessi.
Cambiare questo paese è possibile. A patto di praticare questa speranza che oggi cresce d’intensità, di farla incontrare con una politica che sappia anche cambiare se stessa per tradurre la speranza di oggi in realtà. E’ questo il compito primario di ciò che chiamiamo sinistra.
Viviamo in un paese e in un tempo che hanno bisogno di un ritrovato impegno e di una nuova sinistra, ecologista, solidale e pacifista. La cronaca quotidiana dei fatti è ormai una narrazione impietosa dell’Italia e della crisi delle politiche neoliberiste su scala mondiale. Quando la condizione sociale e materiale di tanta parte della popolazione precipita verso il rischio di togliere ogni significato alla parola futuro; quando cittadinanza, convivenza, riconoscimento dell’altro diventano valori sempre più marginali; quando le donne e gli uomini di questo paese vedono crescere la propria solitudine di fronte alle istituzioni, nei luoghi di lavoro – spesso precario, talvolta assente – come in quelli del sapere; quando tutto questo accade nessuna coscienza civile può star ferma ad aspettare. Siamo di fronte ad una crisi che segna un vero spartiacque. Crollano i dogmi del pensiero unico che hanno alimentato le forme del capitalismo di questi ultimi 20 anni. Questa crisi rende più che mai attuale il bisogno di sinistra, se essa sarà in grado di farsi portatrice di una vera alternativa di società a livello globale.
E’ alla politica che tocca il compito, qui ed ora, di produrre un’idea, un progetto di società, un nuovo senso da attribuire alle nostre parole. Ed è la politica che ha il compito di dire che un’alternativa allo stato presente delle cose è necessaria ed è possibile. La destra orienta la sua pesante azione di governo – tutto è già ben chiaro in soli pochi mesi – sulla base di un’agenda che ha nell’esaltazione persino esasperata del mercato e nello smantellamento della nostra Costituzione repubblicana i capisaldi che la ispirano. Cosa saranno scuola e formazione, ambiente, sanità e welfare, livelli di reddito e qualità del lavoro, diritti di cittadinanza e autodeterminazione di donne e uomini nell’Italia di domani, quel domani che è già dietro l’angolo, quando gli effetti di questa destra ora al governo risulteranno dirompenti e colpiranno dritto al cuore le condizioni di vita, già ora così difficili, di tante donne e uomini?
E’ da qui che nasce l’urgenza e lo spazio – vero, reale, possibile, crescente – di una nuova sinistra che susciti speranza e chiami all’impegno politico, che lavori ad un progetto per il paese e sappia mobilitare anche chi è deluso, distratto, distante. Una sinistra che rifiuti il rifugio identitario fine a sé stesso, la fuga dalla politica, l’affannosa ricerca dei segni del passato come nuovi feticci da agitare verso il presente. Una sinistra che assuma la sconfitta di aprile come un momento di verità, non solo di debolezza. E che dalle ragioni profonde di quella sconfitta vuole ripartire, senza ripercorrerne gli errori, le presunzioni, i limiti. Una sinistra che guardi all’Europa come luogo fondamentale del proprio agire e di costruzione di un’alternativa a questa globalizzazione. Una sinistra del lavoro capace di mostrare come la sua sistematica svalorizzazione sia parte decisiva della crisi economica e sociale che viviamo.
Per far ciò pensiamo a una sinistra che riesca finalmente a mescolare i segni e i semi di più culture politiche per farne un linguaggio diverso, un diverso sguardo sulle cose di questo tempo e di questo mondo. Una politica della pace, non solo come ripudio della guerra, anche come quotidiana costruzione della cultura della non violenza e della cooperazione come alternativa alla competizione. Una sinistra dei diritti civili, delle libertà, dell’uguaglianza e delle differenze. Una sinistra che non sia più ceto politico ma luogo di partecipazione, di ricerca, di responsabilità condivise. Che sappia raccogliere la militanza civile, intellettuale e politica superando i naturali recinti dei soggetti politici tradizionali. E che si faccia carico di un'opposizione rigorosa , con l’impegno di costruire un nuovo, positivo campo di forze e di idee per il paese. La difesa del contratto nazionale di lavoro, che imprese e governo vogliono abolire per rendere più diseguali e soli i lavoratori e le lavoratrici è per noi l’immediata priorità, insieme all’affermazione del valore pubblico e universale della scuola e dell’università e alla difesa del clima che richiede una vera e propria rivoluzione ecologica nel modo di produrre e consumare.
Lavorare da subito ad una fase costituente della sinistra italiana significa anche spezzare una condizione di marginalità – politica e persino democratica – e scongiurare la deriva bipartitista , avviando una riforma delle pratiche politiche novecentesche.
L’obiettivo è quello di lavorare a un nuovo soggetto politico della sinistra italiana attraverso un processo che deve avere concreti elementi di novità: non la sommatoria di ceti politici ma un percorso democratico, partecipativo, inclusivo. Per operare da subito promuoviamo l’associazione politica “Per la Sinistra”, uno strumento leggero per tutti coloro che sono interessati a ridare voce, ruolo e progetto alla sinistra italiana, avviando adesioni larghe e plurali.
Fin da ora si formino nei territori comitati promotori provvisori, aperti a tutti coloro che sono interessati al processo costituente , con il compito di partecipare alla realizzazione, sabato 13 dicembre, di una assemblea nazionale. Punto di partenza di un processo da sottoporre a gennaio a una consultazione di massa attorno a una carta d’intenti, un nome, un simbolo, regole condivise. Proponiamo di arrivare all'assemblea del 13 dicembre attraverso un calendario di iniziative che ci veda impegnati, già da novembre, a costruire un appuntamento nazionale sulla scuola e campagne sui temi del lavoro e dei diritti negati, dell’ambiente e contro il nucleare civile e militare e per lo sviluppo delle energie rinnovabili.
Sappiamo bene che non sarà un percorso semplice né breve, che richiederà tempo, quel tempo che è il luogo vero dove si sviluppa la ricerca di altri linguaggi, la produzione di nuova cultura politica, la formazione di nuove classi dirigenti. Una sinistra che sia forza autonoma – sul piano culturale, politico, organizzativo – non può prescindere da ciò. Ma il tempo di domani è già qui ed è oggi che dobbiamo cominciare a misurarlo. Ecco perché diciamo che questo nostro incontro segna, per noi che vi abbiamo preso parte, la comune volontà di un’assunzione individuale e collettiva di responsabilità. La responsabilità di partecipare a un percorso che finalmente prende avvio e di voler contribuire ad estenderlo nelle diverse realtà del territorio, di sottoporlo ad una verifica larga, di svilupparlo lavorando sui temi più sensibili che riguardano tanta parte della popolazione e ai quali legare un progetto politico della sinistra italiana, a cominciare dalla pace, dall’equità sociale e dal lavoro, dai diritti e dall’ambiente alla laicità.
Noi ci impegniamo oggi in questo cammino. A costruirlo nel tempo che sarà richiesto. A cominciare ora.
Roma, 7 novembre 2008
Primi firmatari:
Mario Agostinelli, Vincenzo Aita, Ritanna Armeni, Alberto Asor Rosa, Angela Azzaro, Fulvia Bandoli, Katia Belillo, Giovanni Berlinguer, Piero Bevilacqua, Jean Bilongo, Maria Luisa Boccia, Luca Bonaccorsi, Sergio Brenna, Luisa Calimani, Antonio Cantaro, Luciana Castellina, Giusto Catania, Paolo Cento, Giuseppe Chiarante, Raffaella Chiodo, Marcello Cini, Lisa Clark, Maria Rosa Cutrufelli, Pippo Delbono, Vezio De Lucia, Paolo De Nardis, Loredana De Petris, Elettra Deiana, Arturo Di Corinto, Titti Di Salvo, Daniele Farina, Claudio Fava, Carlo Flamigni, Pietro Folena, Enrico Fontana, Marco Fumagalli, Luciano Gallino, Franco Giordano, Giuliano Giuliani, Umberto Guidoni, Leo Gullotta, Margherita Hack, Paolo Hutter, Francesco Indovina, Rosa Jijon, Francesca Koch, Wilma Labate, Simonetta Lombardo, Francesco Martone, Graziella Mascia, Gianni Mattioli, Danielle Mazzonis, Gennaro Migliore, Adalberto Minucci, Filippo Miraglia, Marco Montemagni, Serafino Murri, Roberto Musacchio, Pasqualina Napoletano, Paolo Naso, Diego Novelli, Alberto Olivetti, Moni Ovadia, Italo Palumbo, Giorgio Parisi, Luca Pettini, Elisabetta Piccolotti, Paolo Pietrangeli, Bianca Pomeranzi, Alessandro Portelli, Alì Rashid, Luca Robotti, Massimo Roccella, Stefano Ruffo, Mario Sai, Simonetta Salacone, Massimo L. Salvadori, Edoardo Salzano, Bia Sarasini, Scipione Semeraro, Patrizia Sentinelli, Massimo Serafini, Giuliana Sgrena, Aldo Tortorella, Gabriele Trama, Mario Tronti, Nichi Vendola
giovedì 6 novembre 2008
con gli USA che cambiano!
“Se vince Obama vado a vivere in America – dice semiserio mio figlio aspettando i dati – perché abolirà la pena di morte e ritirerà subito i soldati dall’Iraq”. Ha fatto anche lui notte fonda, come i suoi compagni di scuola, come le ragazze e i ragazzi ancora assonnati per le occupazioni contro il decreto della Gelmini. Davanti alla televisione fino a quasi il mattino, questa volta non per una partita di calcio, ma per aspettare una notizia, la buona notizia di una buona politica che finalmente può arrivare. Rifletto su quello che mi dice. Da quanto tempo la politica mondiale, planetaria, non ci innondava con una buona notizia? Ne abbiamo perso la memoria. E quando la notizia di una politica nuova, che può essere anche buona, viene dall’America vale di più. Vale di più perché sembrava in questi anni un gigante impazzito, un paese fallito, produttore di crisi. Finanziaria, economica, sociale, morale. I peggiori anni dell’America, quelli di Bush, e per quel che l’America ancora conta, i peggiori del pianeta. Gli anni della politica come menzogna, prima di tutto, fondati su quella ideologia performativa, la prima ideologia del post-moderno, che ha finito per abolire progressivamente il principio di realtà, confondere il vero con il falso, ponendosi al di là del bene e del male. E’ l’ideologia che, a partire dalla fine della guerra fredda e dunque dal crollo dell’altra ideologia, ha tentato di governare l’occidentalizzazione del mondo e ci ha portati dentro una bolla cosmica. La politica come menzogna. Delle armi di distruzione nucleare in Iraq, del titolo rischioso e dell’assicurazione per coprirsi dal rischio, dei mutui sbprime, dei bilanci militari e della spesa interna per armamenti, della deregolamentazione selvaggia dei mercati. L’America che stanotte volta pagina chiude forse il capitolo che ha sì come stolto e maldestro epigono George W. Bush ma che comincia all’inizio degli anni Ottanta con le ricette di Milton Friedman, frutto di quella teoria monetarista che Ronald Reagan inciderà nella carne viva della società statunitense, facendone pagare le spese ai poveri che sono cresciuti come mai prima e al ceto medio che si è impoverito come in nessun altro paese al mondo. La sua prima frase di capo di Stato è nota: “Lo Stato non è la soluzione dei nostri problemi, lo Stato è la causa dei nostri problemi”. In Europa l’aveva preceduto Margaret Thatcher con l’altra frase celebre: “La società non esiste, esistono gli individui”. George W. Bush le avrà rimosse entrambe nel momento preciso in cui per arginare il ritmo di due fallimenti bancari al giorno sottoscriveva il famoso piano finanziario da 700 miliardi di dollari, definito un piano “socialista” dal suo stesso entourage repubblicano. Obama, vincendo le elezioni, può chiudere questo capitolo della storia americana diventata storia del mondo negli ultimi decenni. Eredita una crisi finanziaria che ha come risvolto crudo della medaglia recessione e disoccupazione, casse dell’Unione quasi vuote, welfare ridotto all’osso, difficoltà a garantire pensioni e sanità, debolezza strutturale e quasi mancanza di strumenti d’intervento. Più di dieci milioni di senza lavoro, mezzo milione solo nel mese di settembre. Dovrà partire dal punto in cui i repubblicani, da Reagan a Bush, non sono mai giunti. Da quell’economia reale lasciata a lungo a sé stessa, quell’economia che non guarda solo alla necessaria trasparenza di Wall Street e alla ristrutturazione dei mutui, ma mette al centro la creazione di lavoro, l’assistenza sanitaria, la spesa sociale, il bene pubblico. Se è vero il paragone con la crisi del ’29, dovrà succedere, nel metodo di governo, qualcosa di simile. Dopo il crollo ci fu il welfare roosveltiano. Dopo Friedman, Reagan, Bush il Barak Obama che volta definitivamente pagina sarà quello che ci aspettiamo che sia se saprà riscrivere per l’America un nuovo contratto sociale. E da paese, gli Stati Uniti, direbbe Oscar Wilde, che stava morendo al di sopra delle proprie possibilità, tornare a rinascere.
Gianni Zagato
giovedì 30 ottobre 2008
per la Scuola: pubblica e laica
lunedì 27 ottobre 2008
"KARL MARX AVEVA RAGIONE"
GERMANIA: ARCIVESCOVO MONACO, KARL MARX AVEVA RAGIONE
Nella sua analisi del capitalismo Karl Marx aveva visto giusto. A sostenerlo in un'intervista al settimanale 'Der Spiegel' e' un suo omonimo, l'arcivescovo di Monaco di Baviera e Freising, Reinhard Marx, 55 anni, elevato alla porpora lo scorso anno da Benedetto XVI. Il porporato manda a giorni in libreria un suo libro dal titolo "Il capitale - Una difesa dell'uomo", che contiene all'inizio una lettera indirizzata al fondatore del comunismo. Nell'intervista Reinhard Marx spiega che "bisogna prendere sul serio" il filosofo di Treviri, ed aggiunge che "e' un errore considerarlo morto, come pensano in molti. Il movimento marxista ha cause reali e pone questioni giustificate". L'arcivescovo di Monaco dichiara che "poggiamo tutti sulle spalle di Marx, perche' aveva ragione. Nella sua analisi della situazione del XIX secolo ci sono punti inconfutabili". Alla domanda se bisogna chiedere scusa a Marx per averlo spedito nel dimenticatoio, il porporato risponde: "Gia' fatto, noi con l'etica sociale della Chiesa non abbiamo mai confuso l'opera filosofica di Marx con Stalin ed i Gulag. Non si puo' attribuire a Marx cio' che hanno fatto i suoi epigoni. Lui ha bene analizzato il carattere di merce del lavoro e previsto la mercificazione di tutti i settori della vita". Quando gli viene chiesto se il comunismo sia definitivamente sparito dalla faccia della terra con il crollo dell'Urss, Reinhard Marx risponde: "Niente affatto, poiche' vediamo che Marx sta rivivendo adesso una rinascita (come conferma la triplicazione delle vendite in Germania del primo volume del 'Capitale', ndr). Una cosa e' chiara, con il tipo di capitalismo ereditato dalla Seconda Guerra Mondiale non andiamo lontano". Per sgombrare comunque il campo da possibili equivoci, Reinhard Marx precisa di non essere marxista, ma auspica una societa' con un'economia "basata su principi etici. Da questo punto di vista la dottrina sociale della Chiesa costituisce una critica del capitalismo. Un capitalismo senza un quadro etico e' nemico del genere umano".
da Repubblica.it
lunedì 20 ottobre 2008
Mantenere sveglie le coscienze è il miglior omaggio che possiamo fare a Foa
il ricordo di Claudio Fava
Oggi gli uomini e le donne della sinistra italiana piangono la scomparsa di un protagonista della storia del movimento operaio e delle battaglie civili di questo Paese.
Con Foa non scompare sono un Padre della Repubblica, ma uno degli intellettuali più lucidi ed autorevoli del nostro Paese.
Era il luglio di quest’anno quando in un’intervista a L’Unità proprio Foa, con parole semplici ma efficaci (come era uso fare) lanciava l’allarme sul futuro dell’Italia: “Sono preoccupato, molto preoccupato…. nel nostro Paese c’è una destra profonda, che viene da lontano”…. e spiegava poi che “l’importante è che la sinistra non si divida e tenga duro sull’uguaglianza e la parità dei diritti. Decisivo è mantenere sveglie le coscienze….”
Mantenere sveglie – conclude l’on. Fava - le coscienze, allora, è il compito che tutti gli uomini di sinistra possono e debbono in questi tempi assumersi.
E’ il miglior omaggio che possiamo fare a Vittorio Foa e alla sua vita.
martedì 14 ottobre 2008
A settembre frena l'inflazione
L'Istat conferma le stime preliminari. Per i beni ad alta frequenza di acquisto
rialzo del 5,4% contro il 5,7% del mese precedente; congiunturale +0,1%
ROMA - L'inflazione a settembre è al 3,8%, dal 4,1% di agosto. Lo comunica l'Istat confermando la stima preliminare. I prezzi su base mensile sono scesi dello 0,3%. Anche per i beni ad alta frequenza d'acquisto i prezzi sono saliti, a settembre, solo dello 0,1% congiunturale e su base annua del 5,4% (5,7% ad agosto). L'inflazione acquisita per il 2008 relativamente a questa tipologia di prodotti è al 5%. Si tratta di alimentari, bevande, tabacchi, affitto, spese per la casa, carburanti, trasporti urbani, giornali, ristorazione e assistenza.
Mentre il tasso di inflazione per l'intera collettività (l'indice 'generale') acquisito per il 2008, cioè quello che si registrerebbe se l'indice dei prezzi al consumo rimanesse nella restante parte dell'anno allo stesso livello misurato a settembre, è pari al 3,4%.
Il rallentamento dell'inflazione a settembre riflette in primo luogo la decelerazione della crescita tendenziale dei prezzi dei beni, dovuta al venir meno delle tensioni congiunturali sui prezzi nel comparto energetico. Si attenuano, inoltre, le spinte al rialzo nel comparto dei beni alimentari, che sul piano tendenziale evidenziano un significativo rallentamento rispetto ad agosto.
Un effetto di contenimento dell'inflazione si deve, infine, alla flessione del ritmo di crescita su base annua dei prezzi dei servizi.
In dettaglio, gli aumenti congiunturali più significativi sono stati rilevati per istruzione (+1,2%), abbigliamento e scarpe (+0,4%) e alimentari e bevande analcoliche (+0,3%); variazioni congiunturali negative per trasporti (-1,7%), ricreazione, spettacoli e cultura (-1,4%), comunicazioni (-0,6%), abitazione, acqua, elettricità e combustibili (-0,3%) e servizi ricettivi e di ristorazione (-0,1%).
Gli incrementi tendenziali più elevati si sono registrati ancora per abitazione, acqua, elettricità e combustibili (+7,7%), trasporti (+6,7%) e alimentari e bevande analcoliche (+5,8%); calo per comunicazioni (-4,4%). Nonostante la frenata, gli alimentari mantengono ancora tassi di crescita piuttosto elevati. Il prezzo del pane sale infatti su base annua dell'8,6%, quello della pasta del 24,9%, la carne del 3,8%.
rialzo del 5,4% contro il 5,7% del mese precedente; congiunturale +0,1%
ROMA - L'inflazione a settembre è al 3,8%, dal 4,1% di agosto. Lo comunica l'Istat confermando la stima preliminare. I prezzi su base mensile sono scesi dello 0,3%. Anche per i beni ad alta frequenza d'acquisto i prezzi sono saliti, a settembre, solo dello 0,1% congiunturale e su base annua del 5,4% (5,7% ad agosto). L'inflazione acquisita per il 2008 relativamente a questa tipologia di prodotti è al 5%. Si tratta di alimentari, bevande, tabacchi, affitto, spese per la casa, carburanti, trasporti urbani, giornali, ristorazione e assistenza.
Mentre il tasso di inflazione per l'intera collettività (l'indice 'generale') acquisito per il 2008, cioè quello che si registrerebbe se l'indice dei prezzi al consumo rimanesse nella restante parte dell'anno allo stesso livello misurato a settembre, è pari al 3,4%.
Il rallentamento dell'inflazione a settembre riflette in primo luogo la decelerazione della crescita tendenziale dei prezzi dei beni, dovuta al venir meno delle tensioni congiunturali sui prezzi nel comparto energetico. Si attenuano, inoltre, le spinte al rialzo nel comparto dei beni alimentari, che sul piano tendenziale evidenziano un significativo rallentamento rispetto ad agosto.
Un effetto di contenimento dell'inflazione si deve, infine, alla flessione del ritmo di crescita su base annua dei prezzi dei servizi.
In dettaglio, gli aumenti congiunturali più significativi sono stati rilevati per istruzione (+1,2%), abbigliamento e scarpe (+0,4%) e alimentari e bevande analcoliche (+0,3%); variazioni congiunturali negative per trasporti (-1,7%), ricreazione, spettacoli e cultura (-1,4%), comunicazioni (-0,6%), abitazione, acqua, elettricità e combustibili (-0,3%) e servizi ricettivi e di ristorazione (-0,1%).
Gli incrementi tendenziali più elevati si sono registrati ancora per abitazione, acqua, elettricità e combustibili (+7,7%), trasporti (+6,7%) e alimentari e bevande analcoliche (+5,8%); calo per comunicazioni (-4,4%). Nonostante la frenata, gli alimentari mantengono ancora tassi di crescita piuttosto elevati. Il prezzo del pane sale infatti su base annua dell'8,6%, quello della pasta del 24,9%, la carne del 3,8%.
domenica 12 ottobre 2008
in difesa della Scuola pubblica
Ai genitori
Agli studenti
Alle associazioni
Alle forze sindacali
Alle forze politiche
Ai cittadini tutti
Appello in difesa della scuola italiana
Senza una discussione in Parlamento, senza un confronto con la scuola, la ministra Gelmini impone un ritorno al passato per decreto legge. Reintroduce il voto di condotta ovunque, i numeri dove da tempo si usavano i giudizi, il maestro unico nella scuola elementare.
Sì, la restaurazione inizia proprio nella scuola che meglio funziona in Italia. Tornare al maestro unico, ridurre l’orario scolastico significa cancellare esperienze importanti e qualificate; significa limitare il diritto di bambine e bambini a imparare meglio e a consolidare dai sei ai dieci anni quelle competenze di base che possono permettere di affrontare meglio ogni successivo apprendimento. Significa eliminare il tempo pieno e tornare al doposcuola degli anni cinquanta. Qualcuno lo spieghi alla ministra: col maestro unico non si fa il tempo pieno.
Ridurre il numero degli insegnanti è l’ossessione di questo governo. Classi più affollate, riduzione degli istituti scolastici sono davvero la ricetta per migliorare e qualificare la scuola? Il commissario europeo Figel ha dichiarato che è necessario aumentare gli investimenti nella scuola italiana. E invece il governo taglia brutalmente le risorse finanziarie e umane. Per fare cassa avremo meno insegnanti di sostegno, meno mediatori culturali che possano permettere una reale integrazione dei bambini stranieri. Tutto questo peserà sulle famiglie, costrette a pagarsi servizi (i trasporti quando saranno soppresse le scuole dei piccoli comuni, addirittura l’assistenza ai bambini con disabilità, le attività pomeridiane, ecc.), sulle donne che dovranno conciliare la riduzione di orario scolastico con il loro lavoro.
Grazie ai tagli dei Ministri Tremonti e Gelmini due Istituti Superiori e 11 scuole della provincia, sono destinate a chiudere anche a Terni, con borghi che non avranno più le loro scuole elementari e che verranno amputati della parte decisiva, quella che riguarda l’infanzia, del sistema formativo nelle frazioni e nei piccoli centri.
Sinistra democratica ha avviato da una settimana una serie di volantinaggi di fronte agli istituti scolastici cittadini. Abbiamo incontrato molti genitori disinformati o preoccupati che ci hanno chiesto di “fare qualcosa”.
Proposta per un comitato
Per questo vogliamo proporre di costituire a Terni un comitato in difesa della scuola pubblica. Un comitato aperto a tutti per costruire iniziativa di protesta, per impedire la controriforma Gelmini e per riaprire un dibattito, che manca ormai da tempo, sul ruolo dell’istruzione in Italia come cardine per lo sviluppo civile e democratico del nostro paese e come leva dello sviluppo sociale ed economico.
Per adesioni:
sinistrademocraticatr@gmail.com
tel. 3356836605 federica porfidi
Agli studenti
Alle associazioni
Alle forze sindacali
Alle forze politiche
Ai cittadini tutti
Appello in difesa della scuola italiana
Senza una discussione in Parlamento, senza un confronto con la scuola, la ministra Gelmini impone un ritorno al passato per decreto legge. Reintroduce il voto di condotta ovunque, i numeri dove da tempo si usavano i giudizi, il maestro unico nella scuola elementare.
Sì, la restaurazione inizia proprio nella scuola che meglio funziona in Italia. Tornare al maestro unico, ridurre l’orario scolastico significa cancellare esperienze importanti e qualificate; significa limitare il diritto di bambine e bambini a imparare meglio e a consolidare dai sei ai dieci anni quelle competenze di base che possono permettere di affrontare meglio ogni successivo apprendimento. Significa eliminare il tempo pieno e tornare al doposcuola degli anni cinquanta. Qualcuno lo spieghi alla ministra: col maestro unico non si fa il tempo pieno.
Ridurre il numero degli insegnanti è l’ossessione di questo governo. Classi più affollate, riduzione degli istituti scolastici sono davvero la ricetta per migliorare e qualificare la scuola? Il commissario europeo Figel ha dichiarato che è necessario aumentare gli investimenti nella scuola italiana. E invece il governo taglia brutalmente le risorse finanziarie e umane. Per fare cassa avremo meno insegnanti di sostegno, meno mediatori culturali che possano permettere una reale integrazione dei bambini stranieri. Tutto questo peserà sulle famiglie, costrette a pagarsi servizi (i trasporti quando saranno soppresse le scuole dei piccoli comuni, addirittura l’assistenza ai bambini con disabilità, le attività pomeridiane, ecc.), sulle donne che dovranno conciliare la riduzione di orario scolastico con il loro lavoro.
Grazie ai tagli dei Ministri Tremonti e Gelmini due Istituti Superiori e 11 scuole della provincia, sono destinate a chiudere anche a Terni, con borghi che non avranno più le loro scuole elementari e che verranno amputati della parte decisiva, quella che riguarda l’infanzia, del sistema formativo nelle frazioni e nei piccoli centri.
Sinistra democratica ha avviato da una settimana una serie di volantinaggi di fronte agli istituti scolastici cittadini. Abbiamo incontrato molti genitori disinformati o preoccupati che ci hanno chiesto di “fare qualcosa”.
Proposta per un comitato
Per questo vogliamo proporre di costituire a Terni un comitato in difesa della scuola pubblica. Un comitato aperto a tutti per costruire iniziativa di protesta, per impedire la controriforma Gelmini e per riaprire un dibattito, che manca ormai da tempo, sul ruolo dell’istruzione in Italia come cardine per lo sviluppo civile e democratico del nostro paese e come leva dello sviluppo sociale ed economico.
Per adesioni:
sinistrademocraticatr@gmail.com
tel. 3356836605 federica porfidi
bentornata Sinistra!
venerdì 3 ottobre 2008
qualche domanduccia ad "A Sinistra"
di Alessandro Cerminara
Cari componenti di "A Sinistra", perdonatemi, anche per l'irriverenza che forse mostro, ma avrei qualche domanda da farvi.
E' un anno e mezzo, ormai, che promettete di spostare il PD a Sinistra. Avete cambiato più volte nome ("Di Sinistra", "Democratici, Laici e Socialisti", "Sinistra per Veltroni", "Una Sinistra per il Paese", "A Sinistra"...il prossimo qual'è?), ed avete anche convinto un po’ di gente, se è vero com'è vero che alle Primarie del PD, quando eravate ancora in pochi, avete portato qualche centinaio di migliaio di persone a votare la vostra lista.Gente tolta alla Sinistra, quella autonoma che non si riduce ad una corrente di minoranza di un Partito "riformista ma non di Sinistra" (Veltroni dixit)...
Beh, la prima domanda è: ci spiegate bene come pensate di farlo, e cosa, pur avendo un bel po’ di gente dalla vostra (e da quando, con la scissione di "Una Sinistra per il Paese" da SD, vi siete allargati, avete anche un po’ di "adesioni pesanti"), avete ottenuto?
Vi presentaste alle Primarie con grandi proclami, dalla "redistribuzione dalle rendite al lavoro" alla riduzione della flessibilità, dall'adesione al PSE all'intoccabilità dell'alleanza con la Sinistra (cito dal programma di "Sinistra per il PD"). C'è uno solo, di questi punti, su cui abbiate ottenuto qualcosa? Andiamo a controllare:
Sulle questioni economiche e del Lavoro, il PD ha sostenuto posizioni diametralmente opposte, l'alleanza con la Sinistra fu rotta proprio da Veltroni. Ed anche dopo l'arrivo del gruppo proveniente da SD, le cose non sono cambiate di molto. Anzi, siete sempre stati trattati come l'ultima ruota del carro. Le candidature di spicco sono andate tutte ad esponenti delle correnti di pensiero opposte alle vostre (da Calearo ad Ichino), mentre ai vs. esponenti sono stati dati solo posti di secondo piano. Il Programma del PD ha continuato a rispecchiare tutte le contraddizioni di quel Partito, che pure avevamo (si, AVEVAMO, tutti assieme) sempre denunciato. Lo stesso Veltroni ha rivendicato l'essere "non di Sinistra" del PD. E l'inizio di legislatura è stato deprimente, con la gara a "dialogare" (con un sordo). Mentre tutto lo stato maggiore del PD sembra più interessato alle varie PeR (???) che alle vs. iniziative, chiaro segnale che non vi considerano per niente, figurarsi se modificate la linea. Quindi, pare proprio che non abbiate ottenuto granchè.
E allora, cosa vi fa pensare di ottenere di più, in futuro, semplicemente facendo l'ennesima associazione (chè le precedenti non andavano bene?) e cambiando ancora nome?
Non ve ne siete proprio accorti che il PD ha un suo proprio DNA (che poi è quello che ha delineato il suo attuale Segretario), che non si può modificare? Che non può diventare quello che non è? Che non è penetrabile dall'interno? E può sbilanciarsi su alcuni temi solo se c'è qualche altro soggetto, abbastanza forte, pronto a fargli concorrenza (vedi Di Pietro sulla Giustizia e simili), e quindi, senza un forte soggetto alla sua Sinistra, dalla cui costruzione vi siete sfilati ed al cui progetto lavorate a togliere risorse, non si sbilancerà mai sui temi Sociali e del Lavoro?
Altra questione, qui mi rivolgo ai vari Crucianelli&c, che hanno lasciato Sinistra Democratica in febbraio/marzo: lasciaste SD accusandola di schiacciamento sulla Sinistra estrema, di rottura col Sindacato e di fine dell'ambizione di essere una Sinistra di Governo (cito dal documento di "Una Sinistra per il Paese"), e, cito ancora da lì, con l'ambizione di "essere parte attiva nel terremoto che continua a scuotere il sistema politico, e dei suoi esiti". Non ritenete che, con la collocazione che vi siete scelti, finite per essere più che altro proprio quegli "spettatori imparziali" che non volevate essere, dato che le posizioni del vostro interlocutore non le avete cambiate di una virgola? E lo vedete che le cose di cui accusavate SD, se mai sono esistite (ci sarebbe da discutere), ora di certo non ci sono più? Le prese di distanza dalle posizioni maggiormente estremiste sono all'ordine del giorno, così come il sottolineare il ruolo di "Sinistra di governo". Ed SD, come tutta la Costituente di Sinistra, è pienamente al fianco della CGIL, ne ha condiviso e sostenuto la mobilitazione contro il Governo e le posizioni sulle ultime vertenze (lo stesso non si può dire per il PD, che l'ha spesso anche attaccata tramite molti suoi esponenti, a cominciare da Letta, per finire a molti "veltroniani doc" dell'ala "liberal"...Per tacere delle posizioni del PD sul contratto nazionale, che dal loft vorrebbero indebolire, mentre la CGIL ne sta giustamente facendo un punto fondamentale). Non sono venute meno, quindi, tutte le ragioni che vi avevano spinto a scindervi da SD e fondare "Una Sinistra per il Paese"?
E infine, mi sia consentita un'ultima domanda: so che non tutti voi aderiscono al PD, ma se fate la corrente interna, ve lo dice uno che assieme a molti di voi l'ha fatto nei DS, volete farlo in maniera un tantino migliore? Incalzare un po di più? Non è stato un bello spettacolo vedere la cosiddetta "Sinistra PD" silente (se non, in taluni casi, addirittura plaudente), di fronte alla rottura dell'alleanza con la Sinistra, che ai tempi delle Primarie PD veniva giudicata intoccabile. E come su questo, su tanti altri temi (anche "di contenuto") fare la stessa cosa...
Nell'attesa che rispondiate a queste domande, vi comunico che, come non ho aderito al richiamo del "voto utile", che utile non era, alla stessa maniera non aderirò all'invito alla "adesione utile", e rimarrò, pur tra le mille difficoltà che questo comporta, "a Sinistra", ma sul serio, cioè con la Sinistra, quella vera, che (come anche gran parte di voi riteneva giusto, un tempo) decide di rimanere se stessa, e non una corrente di un partito di centro, e che ad un vero progetto di costruzione di una Sinistra autonoma, unitaria e di governo vi sta lavorando, col progetto della Costituente di Sinistra. E mi auguro che tutti gli uomini e le donne di Sinistra decidano di fare altrettanto.
giovedì 2 ottobre 2008
Sinistra democratica in campo contro la riforma della scuola
Volantinaggio in tutta la città
Sinistra Democratica di Terni avvia una serie di mobilitazioni in città per opporsi al disegno del governo di tagli sulla scuola pubblica. Riceviamo e pubblichiamo l'intervento di Federica Porfidi e Fabio Barbini.
"Da oggi inizieremo un volantinaggio davanti a tutte le scuole ternane per incontrare ed informare i genitori e gli insegnanti e i cittadini tutti sulle prossime decisioni devastanti che stanno per essere assunte nei confronti della scuola italiana. Berlusconi, la ministra Gelmini ed il centro destra stanno mettendo in atto l'attacco decisivo alla loro grande nemica:la scuola pubblica.
Nei prossimi 4 anni si taglieranno 7 miliardi ed 800 milioni alla Pubblica Istruzioni. Intanto si tagliano 150.000 posti nella scuola, si ritorna al maestro unico,si riducono le ore di lezione da 30 a 24 mettendo a rischio il tempo pieno, che garantisce la qualità degli studi e la possibilità di lavoro per le donne. Si torna al passato senza tener conto che la scuola elementare in Italia oggi funziona,piace alle famiglie è ,insomma, una scuola di qualità. Sinistra democratica di Terni si sta attivando nella città e nel mondo della scuola per aprire una forte discussione in merito ai provvedimenti che il gorverno sta prendendo, coinvolgendo i genitori gli insegnanti e gli studenti.
Saremo nelle scuole del centro e nella prossima settimana raggiungeremo tutte le scuole di Terni e del circondario. Apriremo una fase di ascolto alla città per proporre poi la formazione di un comitato permanente a difesa della scola pubblica e per la qualità della formazione in Italia aperta a tutti i cittadini, agli insegnati, al sindacato e alle forze politiche che sono preoccupati per queste proposte di "riforma" e per l'impoverimento del sistema scolastico Italiano".
Sinistra Democratica Terni
Federica Porfidi Fabio Barbini
Sinistra Democratica di Terni avvia una serie di mobilitazioni in città per opporsi al disegno del governo di tagli sulla scuola pubblica. Riceviamo e pubblichiamo l'intervento di Federica Porfidi e Fabio Barbini.
"Da oggi inizieremo un volantinaggio davanti a tutte le scuole ternane per incontrare ed informare i genitori e gli insegnanti e i cittadini tutti sulle prossime decisioni devastanti che stanno per essere assunte nei confronti della scuola italiana. Berlusconi, la ministra Gelmini ed il centro destra stanno mettendo in atto l'attacco decisivo alla loro grande nemica:la scuola pubblica.
Nei prossimi 4 anni si taglieranno 7 miliardi ed 800 milioni alla Pubblica Istruzioni. Intanto si tagliano 150.000 posti nella scuola, si ritorna al maestro unico,si riducono le ore di lezione da 30 a 24 mettendo a rischio il tempo pieno, che garantisce la qualità degli studi e la possibilità di lavoro per le donne. Si torna al passato senza tener conto che la scuola elementare in Italia oggi funziona,piace alle famiglie è ,insomma, una scuola di qualità. Sinistra democratica di Terni si sta attivando nella città e nel mondo della scuola per aprire una forte discussione in merito ai provvedimenti che il gorverno sta prendendo, coinvolgendo i genitori gli insegnanti e gli studenti.
Saremo nelle scuole del centro e nella prossima settimana raggiungeremo tutte le scuole di Terni e del circondario. Apriremo una fase di ascolto alla città per proporre poi la formazione di un comitato permanente a difesa della scola pubblica e per la qualità della formazione in Italia aperta a tutti i cittadini, agli insegnati, al sindacato e alle forze politiche che sono preoccupati per queste proposte di "riforma" e per l'impoverimento del sistema scolastico Italiano".
Sinistra Democratica Terni
Federica Porfidi Fabio Barbini
mercoledì 1 ottobre 2008
lunedì 29 settembre 2008
Una Sinistra nuova e unita
di Fulvia Bandoli
Tra qualche giorno esce un libro di autori vari dal titolo drammatico “ Sinistra Senza Sinistra”, come a dire che la sinistra italiana ( che non è la parte sinistra dell’emiciclo di Montecitorio) ma è la storia di diritti, di principi e di conquiste, l’inveramento di un’ idea di giustizia sociale e di umana convivenza, e che è costituita da quelle tante donne e uomini che si dicono e che si sentono di sinistra…questa sinistra non trova alcuna sinistra politica che organizzi un agire collettivo, che dia corpo ad una efficace opposizione e ad un progetto alternativo per l’Italia, che sappia trasformarsi in un nuovo soggetto politico unitario.Una congiuntura inedita e drammatica, mai accaduta fino ad ora.
Siamo senza una forte sinistra politica perché il Pd andando oltre la sinistra si colloca in un generico centro democratico, affollato e senza profilo, e perché noi non abbiamo avuto il coraggio di accettare con generosità e senza egoismi la sfida che la nascita del Pd (e la dissoluzione dei Ds) ci metteva davanti.
Qualcuno dice che ci volevano e ci vogliono tempi lunghi: io so che è passato un anno e mezzo e che nessuna risposta a quella sfida è stata messa in campo. Questa
situazione non regge più, così non possiamo continuare.
Io parlo qui come parlerei ad una qualsiasi altra assemblea di una forza della sinistra, credo sia tempo di dirci che è venuto il momento di mescolarci e di farci in ogni sede le stesse domande che ci faremmo all’interno dell’organizzazione alla quale momentaneamente (e io spero transitoriamente) apparteniamo. Le nostre rispettive tessere sono scolorite, anche quelle più nuove e recenti.
Ma non c’è solo la nascita del Pd a tirarci per la giacca. C’è la crisi del capitalismo globalizzato, tutto moneta di carta e speculazione, c’è la crescita delle ingiustizie nel mondo e anche nel nostro paese. C’è un pianeta che tira le cuoia. C’è una destra al governo che procede come un rullo compressore e fa danni alla coesione sociale, al mezzogiorno, ai diritti universalistici, ai diritti umani, all’informazione. E che tenta in queste ore un attacco al cuore del sindacato mettendo in discussione i principi della contrattazione collettiva. Perché allora fatichiamo tanto a trovare risposte convincenti? Io penso che la sinistra nel secolo che si è aperto debba rinnovare parole e riferimenti e non si tratta di cambiamenti di poco conto se pensiamo alla storia passata. Provo a dirne solo alcuni.
La sinistra dovrà ripensare il ruolo sociale del lavoro , il suo peso e i suoi diritti, senza avere al suo fianco il movimento operaio tradizionalmente inteso (perché non v’è dubbio che nella versione classica questo movimento non esiste più) ma avendo come interlocutori lavoratori e lavoratrici italiani e di molte altre nazionalità.
La sinistra dovrà ripensare lo sviluppo tenendo conto dei cambiamenti climatici che mutano le nostre abitudini di vita, quelle degli animali, e sconvolgono l’agricoltura mondiale e tenendo conto della sempre minore quantità di risorse naturali disponibili (petrolio, acqua, uranio, terra). Dovrà avere il coraggio di dire ciò che può crescere e ciò che invece non può più crescere, senza assumere il parametro della crescita indiscriminata come purtroppo stanno facendo sia la destra ma anche il Pd.
Incrociando concretamente la vita delle persone e i loro desideri. Quando il movimento dei contadini in India lotta per le sementi autoctone o contro le grandi dighe che costringono all’esodo milioni di persone credo che faccia proprio questo.
La sinistra dovrà ripensare la politica e imparare a farla con due sessi ormai liberi
entrambi, dicendo con chiarezza che una buona parte della crisi della politica va attribuita al mancato confronto degli uomini con l’altro sesso, e alla loro pervicace incoscienza rispetto alla crisi del patriarcato e delle sue forme.
La sinistra dovrà ripensarsi con la democrazia e la libertà che troppo spesso le sono mancate e ancora le mancano. Perché senza democrazia e libertà non c’è sinistra che tenga.
La sinistra dovrà aumentare la sua capacità di vedere il mondo, di tenere insieme povertà,disarmo e sicurezza ( che sono legate indissolubilmente), combattere tutte le dittature e tutte le violazioni dei diritti umani ovunque si manifestino, costruire un pacifismo non strabico e incarnare senza alcuna ambiguità i principi della nonviolenza.
Oltre a ciò dovremo sciogliere un nodo che spesso ci stringiamo al collo da soli, e che tante volte ci ha quasi strangolati. Mi riferisco al tema del governo. Una sinistra con una cultura di governo non significa che sta obbligatoriamente al governo o che lavora solo per andare al governo. Avere una cultura di governo significa avere una idea di paese, avere proposte per risolvere i conflitti che essa stessa provoca e agisce, saper governare i processi sociali perché li capisce. La sinistra con la più grande cultura di governo che io abbia mai conosciuto era il PCI, che stava all’opposizione ma faceva società, cultura, egemonia e coesione sociale attraverso le alleanze che sapeva costruirsi per spingere avanti le sue proposte di riforma. Nessun altro partito di sinistra è mai riuscito a fare tante riforme significative pur stando all’opposizione. Mi pare invece drammatica la crisi verticale che coinvolge la capacità di governo di tutte le forze del centro sinistra ( e del Pd da ultimo) sia a livello nazionale (penso al primo Governo Prodi, D’Alema etc… e anche al secondo governo Prodi) sia a livello locale (Campania, Calabria, Abruzzo e potrei continuare con un elenco interminabile…). Dunque si può stare al governo decenni senza governare affatto, e si può, di contro, stare all’opposizione dimostrando una grande cultura di governo.
La sinistra politica che manca all’Italia è una sinistra popolare, radicata socialmente, che ha l’ambizione di diventare una grande sinistra.
Una sinistra che compete e dunque confligge ogni volta che serve con il Pd, con coloro che si aggrappano solo alle identità, con chi raccoglie la protesta trasformandola spesso in qualunquismo. Una sinistra che si rivolge a tutte le donne e a tutti gli uomini di sinistra, senza escludere nessuno. Se altri non condividono il suo profilo e vogliono restare legati a simboli e culture identitarie, ebbene sono essi che si escludono da soli da questo progetto.
Nel suo farsi essa compete inevitabilmente con tutte le forze di opposizione e al suo nascere essa potrebbe (o meglio dovrebbe) “scompigliare” le forze attualmente esistenti. Io credo, ad esempio, che tanti elettori di sinistra stiano nel Pd, ma credo anche che in presenza di una sinistra come andiamo qui delineando quegli stessi elettori potrebbero abbandonare quel partito e dare forza a questa sinistra.
Oggi questa scelta non c’è, perché questa sinistra non è in campo, ed è per me chiarissimo che ogni giorno che passa è un giorno perso.
Di Costituente si parla da oltre un anno, adesso non possiamo più sbagliare.
L’incontro avvenuto il 20 settembre e questa assemblea oggi sono due buoni segnali d’inizio.
Alcuni dicono che sarà un processo e io sono d’accordo. Ma la domanda che ci viene posta è un'altra ed è chiarissima: comincia o no questo processo? E per dire che un processo è cominciato si deve vedere l’inizio e si deve almeno prefigurare un percorso. Se la Costituente non è la somma di ciò che c’è rimasto nella sinistra politica, più i movimenti e le associazioni sparse cosa può essere e come può partire?
Può partire da una assunzione di responsabilità personale di tante e tanti, al centro e in periferia, che reciprocamente si autorizzano ( come diceva Luisa Boccia nella sua relazione) a promuoverla e a sperimentarla nei territori attraverso comitati promotori.
Ma se non è pura costruzione astratta essa va anche messa alla prova in alcune battaglie importanti da individuare insieme ( sul lavoro, sull’energia, sulla scuola ad esempio) perché nessuna nuova forza politica nasce e si aggrega fuori o distante dalle contraddizioni e dai movimenti sociali reali. Così come si deve misurare sulla battaglia delle idee e sulla ricerca culturale, provando a scrivere nero su bianco le nostre parole nuove, quelle su cui tanto insiste anche Vendola. E infine la Costituente deve essere capace di dar vita ad un forte processo partecipativo e di consultazione di quel popolo della sinistra, tanto evocato e a nome del quale spesso indebitamente parliamo ma che mai abbiamo chiamato in causa. Noi sappiamo che la nostra credibilità ( parlo dei dirigenti) è scossa e che la nostra capacità di direzione è stata deficitaria. Pur senza eccedere in autoflagellazioni questo dato non possiamo dimenticarlo.
Parte dall’alto o dal basso? Chiedono alcuni. Il problema mi pare largamente risolto.
In alto c’è un insieme di gruppi dirigenti poco legittimati ma anche in basso non è che la situazione delle associazioni sia così rosea…la crisi ha coinvolto inevitabilmente anche loro. E se così è direi che parte da coloro che nella sinistra politica, sociale e associativa si fanno promotori e garanti, individualmente e per la storia che hanno, di quel percorso, con umiltà e spirito di servizio, consapevoli che tutto il processo dovrà essere caratterizzato dalla partecipazione e alla fine anche da una consultazione democratica, sul profilo del nuovo soggetto, sulla sua forma, sui suoi dirigenti. Se vogliamo muovere assieme alla ragione anche la passione di tanti per questa impresa.
Ma sarà un partito oppure no? A questo non so rispondere anche se condivido abbastanza quel che ha detto Mussi nei giorni scorsi…. “ ma voi ne vedete tanti dei partiti veri in Italia in questo momento?”. So bene la crisi dei partiti tradizionali e di tutte le loro forme e pratiche, ma rinnovando le seconde e inventando nuove forme un partito resta, ad ora, pur con tutte le sue imperfezioni la forma più democratica che io conosca. Ma su questo il ragionamento resta aperto.
Infine se crediamo nel processo costituente dobbiamo lasciargli un filo lungo, non tenerlo stretto al guinzaglio….affidandogli mano a mano sovranità e autonomia.
Ecco perché definire oggi il punto di arrivo del processo sarebbe impossibile ma anche sbagliato: io mi auguro che noi saremo tra i tantissimi che concorreranno a decidere, ma non i soli a farlo; se fossimo solo noi a farlo non avremmo “costituito” nulla di nuovo. Nessuno di noi, da solo/a, può risollevare e far rinascere la sinistra.
Da soli possiamo solo deperire. Solo mettendoci in discussione potremo dare il meglio. E quel che riceveremo in cambio tutte e tutti sarà la cosa più essenziale in questo momento: una sinistra nuova e unita.
*del Coordinamento nazionale di Sd
domenica 21 settembre 2008
futura umanità
sabato 20 settembre 2008
Al via la Costituente, parleremo alla sinistra senza rappresentanza
intervista a Claudio Fava
Fava, il progetto è ambizioso, ma partite con pezzi di Sd, Rc, Verdi. Non è un po’ poco?
«È un progetto diverso da quello immaginato prima delle elezioni. Non vogliamo più costruire l’unità della sinistra perché la campagna elettorale e gli esiti dei congressi mostrano che ci sono due opzioni inconciliabili: l’opzione di chi lavora per l’unità dei comunisti con un ritorno fortemente identitario alle ragioni e ai simboli della tradizione del secolo scorso e l’opzione di chi vuole una nuova sinistra che vuol rinnovare se stessa, aggiornare il proprio sguardo nei confronti di un paese profondamente cambiato, che si pone l’obiettivo di una profonda riforma delle pratiche politiche. Dobbiamo porci il problema della trasformazione del paese e dunque anche di una cultura di governo nelle forme e nelle circostanze in cui tutto questo è possibile. C’è invece chi ritiene che la funzione della sinistra sia quella di presidiare uno spazio minoritario».
Quale è l’obiettivo che vi ponete?
«Recuperare in parte i semi positivi dell’Ulivo e seppellire per sempre lo spirito malato dell’Unione è uno degli obiettivi che un processo di aggregazione politica a sinistra deve porsi».
Quali sono gli interlocutori politici a cui guarda la Costituente?
«Intanto ci sono alcuni protagonisti naturali, coloro che hanno costruito in questi anni una esperienza di militanza civile e politica a sinistra, un tessuto connettivo di associazioni e di esperienze fuori dai partiti come i movimenti pacifisti, il movimento antimafia. Penso anche alle grandi battaglie di un’associazione come Libera, a tutti coloro cioè, che hanno mirato a trasformare la coscienza civile del Paese. Poi, ci sono Sd e una parte significativa di compagni di Rc e del Pdci che non hanno condiviso le conclusioni di quel processo, i Verdi e la cultura ambientalista che ormai è orizzontale e tutta la sinistra non connotata nella militanza politica».
Agli appuntamenti elettorali come pensate di arrivare?
«Preferisco pensare alle elezioni come la conseguenza di un processo. Il centrosinistra in sé non è un valore, lo è in quanto frutto di un processo politico. Per noi l’interlocutore naturale della sinistra è il Pd, quello innaturale, impossibile, è l’Udc non per pregiudizio ma per merito politico. Sarebbe lo stesso errore che ha portato a tenere fino all’ultimo nel centrosinistra Mastella e Dini. Al tempo stesso noi troviamo che questo processo di coalizione debba essere davvero arricchito di politica rimettendo anche in discussione esperienze fallimentari come l’Abruzzo, la Calabria e la Campania. Dove non abbiamo saputo, come centrosinistra, riaffermare l’autonomia della politica».
è morto Florestano Vancini
Florestano Vancini (Ferrara, 24 agosto 1926 – Roma, 17 settembre 2008) è stato un regista italiano.
Vancini inizia la proria attività come giornalista per testate locali dell'Emilia. L'attività di cineasta inizia nei primi anni cinquanta con una serie di cortometraggi. Il primo lungometraggio girato sarà La lunga notte del '43 (1960).
La sua opera è contraddistinta da impegno politico e testimonianza storica di alcuni importanti eventi fra cui la strage di Bronte, la resistenza partigiana, le crisi dei comunisti negli anni sessanta ed i problemi sociali dell'Italia.
Negli anni ottanta realizzò una serie di fiction per la televisione di successo fra cui La piovra II (1986) e Piazza di Spagna (miniserie del 1992).
L'unico film in cui Vancini appare come attore è Cadaveri eccellenti di Francesco Rosi.
Nella produzione di Vancini vi è anche uno spaghetti western: I lunghi giorni della vendetta, con lo pseudonimo di Stan Vance.
La notizia della morte di Vancini, avvenuta il 17 settembre 2008 a Ferrara è stata è stata resa pubblica tre giorni dopo il decesso, in ossequio alla volontà del regista.
Vancini inizia la proria attività come giornalista per testate locali dell'Emilia. L'attività di cineasta inizia nei primi anni cinquanta con una serie di cortometraggi. Il primo lungometraggio girato sarà La lunga notte del '43 (1960).
La sua opera è contraddistinta da impegno politico e testimonianza storica di alcuni importanti eventi fra cui la strage di Bronte, la resistenza partigiana, le crisi dei comunisti negli anni sessanta ed i problemi sociali dell'Italia.
Negli anni ottanta realizzò una serie di fiction per la televisione di successo fra cui La piovra II (1986) e Piazza di Spagna (miniserie del 1992).
L'unico film in cui Vancini appare come attore è Cadaveri eccellenti di Francesco Rosi.
Nella produzione di Vancini vi è anche uno spaghetti western: I lunghi giorni della vendetta, con lo pseudonimo di Stan Vance.
La notizia della morte di Vancini, avvenuta il 17 settembre 2008 a Ferrara è stata è stata resa pubblica tre giorni dopo il decesso, in ossequio alla volontà del regista.
martedì 16 settembre 2008
il cordoglio da solo non basta
Oggi tutti pronunciano parole diverse, finalmente.
Troppo grande la tragedia del giovane italiano (sì, italiano) di colore ammazzato a bastonate domenica mattina. Troppo grande per essere affrontata solo con il dolore e con il cordoglio alla famiglia. Troppo grande per non mettere in discussione parole, atteggiamenti, cultura (sì, cultura) con cui da un tempo troppo lungo si parla e si agisce a Milano e non solo.
Questo omicidio non deve essere usato per fare manifestazioni o per dire “avevo ragione”: un primo modo per cambiare è quello di non cedere alla tentazione di “usare” tragedie e problemi.
Dobbiamo guardare un po’ più a fondo nelle cose. Cosa c’è a Milano? Come è già cambiata questa metropoli, se – come pare – una violenza diffusa cova sotto la sua pelle? Cosa si muove – nell’ombra dei quartieri e nella oscurità delle coscienze – e cosa può improvvisamente emergere in uno scoppio di violenza?
Non c’è una causa sola, naturalmente: grandi organizzazioni criminali, traffico di stupefacenti, utilizzo nell’economia legale delle grandi disponibilità di denaro illegale; lavoro nero e pericoloso che si alimenta anche della povertà diffusa (tra gli immigrati ma non solo, come è sempre successo in tutti i paesi e in tutte le storie) e emarginazione sociale; caduta delle soglie della convivenza per la scomparsa di certezze sul presente e sul futuro; comportamenti violenti nella vita quotidiana minuta (nei locali, nel traffico, nelle scuole).
Non è sociologia (e che ci sarebbe di male, poi?) né giustificazionismo: sono questi i grandi blocchi di questioni cui mettere mano e rimandano alla necessità di pensare e praticare una politica alta – nella ispirazione, nella proposta, nei programmi – che possa iniziare a cambiare lo stato delle cose presenti e che, anche per questo, possa tornare ad essere uno dei punti di riferimento per una società più civile perché ha ragioni e strumenti in cui riconoscersi.
Tuttavia un problema enorme è tutto di fronte a noi. E’ passata l’idea che sia possibile fare giustizia da sé. E’ cresciuta la insofferenza perché comportamenti pubblici e poteri istituzionali hanno “fatto campagna”, perché invece di perseguire i reati si sono additate le etnie o le culture, perché la necessaria attenzione alla sicurezza delle persone – e in particolare quelle più in difficoltà perché sole o anziane – ha dato il via a tante parole e decisioni che rendono le nostre città un luogo di esasperato controllo.
Le cose sono più complicate delle ordinanze dei sindaci, soprattutto quando ci sono poi gli scoppi – nemmeno più tanto improvvisi e nemmeno isolati – di violenza privata.
Vogliamo parlare della legalità, delle condizioni indispensabili per assicurarla e garantirla. Vogliamo contribuire a ricostruire un clima di fiducia e collaborazione, tra le persone e nei luoghi della vita civile – dal quartiere allo stadio. Vogliamo che siano prevenuti e repressi i reati, rafforzando i corpi dello Stato e non con (piccole) parate di pura apparenza.
Ricostruzione del tessuto civile e ricostruzione delle città, non come aggregato di costruzioni ma come insieme delle persone che vi abitano, vi lavorano e cercano un presente ed un futuro, come luogo delle opportunità e dei diritti, come luogo dei doveri dei cittadini e dei poteri pubblici e privati: questo è quanto pensiamo e per cui vogliamo impegnarci, insieme a molti altri, partiti, associazioni, sindacati, soggetti collettivi e individuali.
Milano, 15 settembre 2008
in ricordo di Stefano Rosso
il video amatoriale "una storia disonesta",girato in occasione del Concerto di Stefano Rosso alla Festa di Liberazione del 2006 a Collerolletta
Stefano Rosso è morto a 59 anni. se ne va un altro grande interprete della musica d'autore italiana.famoso soprattutto per il ritornello "che bello, due amici una chitarra e lo spinello...", ha scritto altre bellissime canzoni, tra cui "letto 26", "Valentina" e "odio chi?"
Stefano Rosso è morto a 59 anni. se ne va un altro grande interprete della musica d'autore italiana.famoso soprattutto per il ritornello "che bello, due amici una chitarra e lo spinello...", ha scritto altre bellissime canzoni, tra cui "letto 26", "Valentina" e "odio chi?"
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