lunedì 29 settembre 2008
Una Sinistra nuova e unita
di Fulvia Bandoli
Tra qualche giorno esce un libro di autori vari dal titolo drammatico “ Sinistra Senza Sinistra”, come a dire che la sinistra italiana ( che non è la parte sinistra dell’emiciclo di Montecitorio) ma è la storia di diritti, di principi e di conquiste, l’inveramento di un’ idea di giustizia sociale e di umana convivenza, e che è costituita da quelle tante donne e uomini che si dicono e che si sentono di sinistra…questa sinistra non trova alcuna sinistra politica che organizzi un agire collettivo, che dia corpo ad una efficace opposizione e ad un progetto alternativo per l’Italia, che sappia trasformarsi in un nuovo soggetto politico unitario.Una congiuntura inedita e drammatica, mai accaduta fino ad ora.
Siamo senza una forte sinistra politica perché il Pd andando oltre la sinistra si colloca in un generico centro democratico, affollato e senza profilo, e perché noi non abbiamo avuto il coraggio di accettare con generosità e senza egoismi la sfida che la nascita del Pd (e la dissoluzione dei Ds) ci metteva davanti.
Qualcuno dice che ci volevano e ci vogliono tempi lunghi: io so che è passato un anno e mezzo e che nessuna risposta a quella sfida è stata messa in campo. Questa
situazione non regge più, così non possiamo continuare.
Io parlo qui come parlerei ad una qualsiasi altra assemblea di una forza della sinistra, credo sia tempo di dirci che è venuto il momento di mescolarci e di farci in ogni sede le stesse domande che ci faremmo all’interno dell’organizzazione alla quale momentaneamente (e io spero transitoriamente) apparteniamo. Le nostre rispettive tessere sono scolorite, anche quelle più nuove e recenti.
Ma non c’è solo la nascita del Pd a tirarci per la giacca. C’è la crisi del capitalismo globalizzato, tutto moneta di carta e speculazione, c’è la crescita delle ingiustizie nel mondo e anche nel nostro paese. C’è un pianeta che tira le cuoia. C’è una destra al governo che procede come un rullo compressore e fa danni alla coesione sociale, al mezzogiorno, ai diritti universalistici, ai diritti umani, all’informazione. E che tenta in queste ore un attacco al cuore del sindacato mettendo in discussione i principi della contrattazione collettiva. Perché allora fatichiamo tanto a trovare risposte convincenti? Io penso che la sinistra nel secolo che si è aperto debba rinnovare parole e riferimenti e non si tratta di cambiamenti di poco conto se pensiamo alla storia passata. Provo a dirne solo alcuni.
La sinistra dovrà ripensare il ruolo sociale del lavoro , il suo peso e i suoi diritti, senza avere al suo fianco il movimento operaio tradizionalmente inteso (perché non v’è dubbio che nella versione classica questo movimento non esiste più) ma avendo come interlocutori lavoratori e lavoratrici italiani e di molte altre nazionalità.
La sinistra dovrà ripensare lo sviluppo tenendo conto dei cambiamenti climatici che mutano le nostre abitudini di vita, quelle degli animali, e sconvolgono l’agricoltura mondiale e tenendo conto della sempre minore quantità di risorse naturali disponibili (petrolio, acqua, uranio, terra). Dovrà avere il coraggio di dire ciò che può crescere e ciò che invece non può più crescere, senza assumere il parametro della crescita indiscriminata come purtroppo stanno facendo sia la destra ma anche il Pd.
Incrociando concretamente la vita delle persone e i loro desideri. Quando il movimento dei contadini in India lotta per le sementi autoctone o contro le grandi dighe che costringono all’esodo milioni di persone credo che faccia proprio questo.
La sinistra dovrà ripensare la politica e imparare a farla con due sessi ormai liberi
entrambi, dicendo con chiarezza che una buona parte della crisi della politica va attribuita al mancato confronto degli uomini con l’altro sesso, e alla loro pervicace incoscienza rispetto alla crisi del patriarcato e delle sue forme.
La sinistra dovrà ripensarsi con la democrazia e la libertà che troppo spesso le sono mancate e ancora le mancano. Perché senza democrazia e libertà non c’è sinistra che tenga.
La sinistra dovrà aumentare la sua capacità di vedere il mondo, di tenere insieme povertà,disarmo e sicurezza ( che sono legate indissolubilmente), combattere tutte le dittature e tutte le violazioni dei diritti umani ovunque si manifestino, costruire un pacifismo non strabico e incarnare senza alcuna ambiguità i principi della nonviolenza.
Oltre a ciò dovremo sciogliere un nodo che spesso ci stringiamo al collo da soli, e che tante volte ci ha quasi strangolati. Mi riferisco al tema del governo. Una sinistra con una cultura di governo non significa che sta obbligatoriamente al governo o che lavora solo per andare al governo. Avere una cultura di governo significa avere una idea di paese, avere proposte per risolvere i conflitti che essa stessa provoca e agisce, saper governare i processi sociali perché li capisce. La sinistra con la più grande cultura di governo che io abbia mai conosciuto era il PCI, che stava all’opposizione ma faceva società, cultura, egemonia e coesione sociale attraverso le alleanze che sapeva costruirsi per spingere avanti le sue proposte di riforma. Nessun altro partito di sinistra è mai riuscito a fare tante riforme significative pur stando all’opposizione. Mi pare invece drammatica la crisi verticale che coinvolge la capacità di governo di tutte le forze del centro sinistra ( e del Pd da ultimo) sia a livello nazionale (penso al primo Governo Prodi, D’Alema etc… e anche al secondo governo Prodi) sia a livello locale (Campania, Calabria, Abruzzo e potrei continuare con un elenco interminabile…). Dunque si può stare al governo decenni senza governare affatto, e si può, di contro, stare all’opposizione dimostrando una grande cultura di governo.
La sinistra politica che manca all’Italia è una sinistra popolare, radicata socialmente, che ha l’ambizione di diventare una grande sinistra.
Una sinistra che compete e dunque confligge ogni volta che serve con il Pd, con coloro che si aggrappano solo alle identità, con chi raccoglie la protesta trasformandola spesso in qualunquismo. Una sinistra che si rivolge a tutte le donne e a tutti gli uomini di sinistra, senza escludere nessuno. Se altri non condividono il suo profilo e vogliono restare legati a simboli e culture identitarie, ebbene sono essi che si escludono da soli da questo progetto.
Nel suo farsi essa compete inevitabilmente con tutte le forze di opposizione e al suo nascere essa potrebbe (o meglio dovrebbe) “scompigliare” le forze attualmente esistenti. Io credo, ad esempio, che tanti elettori di sinistra stiano nel Pd, ma credo anche che in presenza di una sinistra come andiamo qui delineando quegli stessi elettori potrebbero abbandonare quel partito e dare forza a questa sinistra.
Oggi questa scelta non c’è, perché questa sinistra non è in campo, ed è per me chiarissimo che ogni giorno che passa è un giorno perso.
Di Costituente si parla da oltre un anno, adesso non possiamo più sbagliare.
L’incontro avvenuto il 20 settembre e questa assemblea oggi sono due buoni segnali d’inizio.
Alcuni dicono che sarà un processo e io sono d’accordo. Ma la domanda che ci viene posta è un'altra ed è chiarissima: comincia o no questo processo? E per dire che un processo è cominciato si deve vedere l’inizio e si deve almeno prefigurare un percorso. Se la Costituente non è la somma di ciò che c’è rimasto nella sinistra politica, più i movimenti e le associazioni sparse cosa può essere e come può partire?
Può partire da una assunzione di responsabilità personale di tante e tanti, al centro e in periferia, che reciprocamente si autorizzano ( come diceva Luisa Boccia nella sua relazione) a promuoverla e a sperimentarla nei territori attraverso comitati promotori.
Ma se non è pura costruzione astratta essa va anche messa alla prova in alcune battaglie importanti da individuare insieme ( sul lavoro, sull’energia, sulla scuola ad esempio) perché nessuna nuova forza politica nasce e si aggrega fuori o distante dalle contraddizioni e dai movimenti sociali reali. Così come si deve misurare sulla battaglia delle idee e sulla ricerca culturale, provando a scrivere nero su bianco le nostre parole nuove, quelle su cui tanto insiste anche Vendola. E infine la Costituente deve essere capace di dar vita ad un forte processo partecipativo e di consultazione di quel popolo della sinistra, tanto evocato e a nome del quale spesso indebitamente parliamo ma che mai abbiamo chiamato in causa. Noi sappiamo che la nostra credibilità ( parlo dei dirigenti) è scossa e che la nostra capacità di direzione è stata deficitaria. Pur senza eccedere in autoflagellazioni questo dato non possiamo dimenticarlo.
Parte dall’alto o dal basso? Chiedono alcuni. Il problema mi pare largamente risolto.
In alto c’è un insieme di gruppi dirigenti poco legittimati ma anche in basso non è che la situazione delle associazioni sia così rosea…la crisi ha coinvolto inevitabilmente anche loro. E se così è direi che parte da coloro che nella sinistra politica, sociale e associativa si fanno promotori e garanti, individualmente e per la storia che hanno, di quel percorso, con umiltà e spirito di servizio, consapevoli che tutto il processo dovrà essere caratterizzato dalla partecipazione e alla fine anche da una consultazione democratica, sul profilo del nuovo soggetto, sulla sua forma, sui suoi dirigenti. Se vogliamo muovere assieme alla ragione anche la passione di tanti per questa impresa.
Ma sarà un partito oppure no? A questo non so rispondere anche se condivido abbastanza quel che ha detto Mussi nei giorni scorsi…. “ ma voi ne vedete tanti dei partiti veri in Italia in questo momento?”. So bene la crisi dei partiti tradizionali e di tutte le loro forme e pratiche, ma rinnovando le seconde e inventando nuove forme un partito resta, ad ora, pur con tutte le sue imperfezioni la forma più democratica che io conosca. Ma su questo il ragionamento resta aperto.
Infine se crediamo nel processo costituente dobbiamo lasciargli un filo lungo, non tenerlo stretto al guinzaglio….affidandogli mano a mano sovranità e autonomia.
Ecco perché definire oggi il punto di arrivo del processo sarebbe impossibile ma anche sbagliato: io mi auguro che noi saremo tra i tantissimi che concorreranno a decidere, ma non i soli a farlo; se fossimo solo noi a farlo non avremmo “costituito” nulla di nuovo. Nessuno di noi, da solo/a, può risollevare e far rinascere la sinistra.
Da soli possiamo solo deperire. Solo mettendoci in discussione potremo dare il meglio. E quel che riceveremo in cambio tutte e tutti sarà la cosa più essenziale in questo momento: una sinistra nuova e unita.
*del Coordinamento nazionale di Sd
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