domenica 16 marzo 2008

"al primo punto la legalità"

da aprileonline.info

La criminalità organizzata è un fenomeno che riguarda l'intero Paese. Eppure, di mafia in campagna elettorale si parla pochissimo. Come mai? Lo abbiamo chiesto ad Arturo Scotto, candidato di Sinistra l'Arcobaleno come capolista alla Camera, circoscrizione Campania 1


Cosa Nostra, Camorra, ‘ndrangheta. Sono alcuni dei tanti volti della criminalità organizzata italiana. Un fenomeno che non è confinato solo a livello regionale, ma riguarda l'intero Paese. Eppure, di mafia in campagna elettorale si parla pochissimo, e le voci che si levano a riguardo - come quella dell'autore di Gomorra Roberto Saviano, intervistato giovedì dal Corriere della Sera - finiscono per restare isolate. Come mai? Lo abbiamo chiesto ad Arturo Scotto, candidato della Sinistra l'Arcobaleno come capolista per la Camera nella circoscrizione Campania 1

Saviano, nell'intervista al Corriere, denuncia l'assenza del tema della lotta alla mafia in questa campagna elettorale. E' effettivamente così?
La nostra apertura di campagna elettorale è avvenuta, il primo Marzo, in un terreno confiscato alla camorra: il castello di Raffaele Cutolo a Ottaviano [in provincia di Napoli, ndr.]. Questo proprio per testimoniare il fatto che, in politica, esiste ancora qualcuno interessato a occuparsi di questi temi.

Una scenografia eccellente per dare il via alla campagna elettorale. Ma in seguito?
La criminalità organizzata si combatte attraverso una forte azione repressiva da parte dello Stato e di intelligence per colpire i grandi patrimoni riciclati. Attraverso una viva attenzione nei confronti del territorio e delle scelte produttive e di sviluppo che lo interessano: scelte molto spesso determinate dalla mafia stessa, presente magari con una faccia pulita e un colletto bianco. Ma si combatte anche e soprattutto nella società, con la scolarizzazione delle periferie, dove in molti casi la mafia è cultura, modello di vita e di consumo, fonte di reddito. Su questo terreno "l'antimafia sociale" è fondamentale, perché diventa un argine di costume, di esempio, di modo di concepire le relazioni sociali. Ed è su questo aspetto in particolare che ho l'impressione si sia registrato un calo di attenzione.

Anche a sinistra, dunque.
Tutto si può dire, nei confronti della sinistra, tranne il fatto che abbia messo la testa sotto la sabbia di fronte al fenomeno mafioso. Aggiungo anche che ultimamente si è avviata una vera riflessione critica su quello che è stato il centrosinistra nel Mezzogiorno, su quello che ha rappresentato nel territorio, e su quanto esso sia stato permeabile alle infiltrazioni mafiose e camorristiche. E' importante ora che questa riflessione continui, e sia messa al centro della campagna politica.

Un po' di autocritica non fa mai male.
E' ciò che la politica dovrebbe sempre fare: imparare dai propri errori per non ripeterli in futuro. Se è necessario, chiedere scusa, in altri casi, però, e nel nostro caso penso siano la maggioranza, camminare a testa alta: perché noi affari con i mafiosi non li abbiamo mai fatti.

Il centrosinistra ha la tendenza a dare per scontato che la mafia stia esclusivamente dall'altra parte, ritenendosi in una certa misura immune da infiltrazioni. E' effettivamente così?
Sì, ma è un errore. Guardiamo al numero dei consigli comunali sciolti per infiltrazioni camorristiche in Campania: buona parte erano di centrosinistra.

Quanto sono "trasversali", politicamente parlando, i valori della lotta alla mafia?
Non credo che la destra abbia mai fatto propri i valori dell'"antimafia sociale". Non perché questa sia caratterizzata da un colore politico, ma perché dietro la "cultura" della lotta alla mafia si cela un'idea ben precisa di società: inclusiva, che mette al centro il tema del reddito, della scolarizzazione, e non della centralità dell'impresa. Categorie politiche e sociali, queste, che alla destra mancano.

Si parla di camorra in Campania, di mafia in Sicilia, di ‘ndrangheta in Calabria. Non sarebbe il caso di considerare la malavita organizzata per quello che realmente è: un fenomeno che investe tutta l'Italia, e non più confinato solo a livello regionale? Perché si parla di imprese al Nord, e di lotta alla mafia al Sud?
Ho ascoltato il discorso di Walter Veltroni: con gli imprenditori del Nord non spende una parola sulla lotta all'evasione fiscale. Mentre dice che è finita la stagione del centrosinistra dal volto punitivo, che "noi vi faremo pagare meno tasse" e "vi faremo aprire un'azienda al giorno, purché portiate i certificati". Ma non specifica quali certificati: tra questi ci dovrebbe essere il certificato antimafia. Però Veltroni sembra esserselo dimenticato. Forse ritiene che la mafia finisca con il Garigliano, o forse sottovaluta le capacità mimetiche e camaleontiche della criminalità organizzata. Mafia, camorra e ‘ndrangheta sono forze intelligenti, in grado di dimostrarsi estremamente elastiche, e pronte nel cogliere le trasformazioni dell'economia e della società.

Gomorra ha fatto sì che la letteratura divenisse un problema per la mafia. Parlarne è il modo per fermarli, si è detto. Perché la politica non fa lo stesso?
Purtroppo la lotta alla criminalità organizzata non è ancora entrata a pieno titolo tra i temi da campagna elettorale. Lo deve diventare, e in questo noi stiamo cercando di fare la nostra parte. Claudio Fava, Francesco Forgione, nostri candidati rispettivamente in Sicilia e Calabria, sono forse la dimostrazione maggiore del nostro impegno. Episodi come quello che è accaduto in Sicilia con la candidatura di Lumia, per fortuna risoltasi con esito positivo, sono il segno della scarsa sensibilità di buona parte della politica di fronte a un fenomeno che ci riguarda da vicino, e ci riguarda tutti.

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