sabato 14 marzo 2009

www.sinistravelino.blogspot.com



da oggi trovate tutte le info su La Sinistra,Sinistra Democratica,sulle nostre iniziative nella Circoscrizione "Velino", e tanto altro,sul blog www.sinistravelino.blogspot.com

_

sabato 7 marzo 2009




Lo spirito che ci muove non vuole determinare rotture ma contaminazioni virtuose: è tempo di elaborare un pensiero forte, di fronte a un mondo attraversato dalla crisi economica e dalla crisi ambientale, per presentarci non come portatori di vecchie mitologie ma come ricercatori di futuro. il nostro cervello e il nostro cuore, insieme a quelli di tante e di tanti, avrà solo un assillo: ricostruire per l’Italia e per l’Europa una grande sinistra di popolo, una grande sinistra per il futuro.


pagina FaceBook del gruppo "La Sinistra per Terni"

8 marzo


Per una donna di sinistra della mia generazione pensare all’8 marzo è ripensare un po’ alla propria vita, o almeno alle sue tappe più significative. E’ ripensare a ciò che eravamo e interrogarsi su chi siamo diventate e su chi sono le ragazze di oggi. Di questi tempi invece,l’8 marzo è una specie di rito che ognuna vive come crede e come sa. E’ una giornata ormai consumistica e forse consumata, una festa per nostalgiche femministe come per giovani rampanti, occasione per riflettere seriamente sulla condizione femminile o ripescare nel ruolo di patrono un personaggio volgarmente “macista” come Franco Califano.
Ciò che non è più possibile fare è ignorare questa giornata. Insomma si può dire che ogni donna ha l’8 marzo che si merita e ne fa ciò che vuole. Una cosa è certa: in questo giorno è possibile fotografare una autentico spaccato della ricchezza delle differenze e delle disparità che attraversano le donne. L’8 marzo, insomma, si è trasformato in tanti 8 marzo, sentiti e vissuti in modi anche molto distanti. Per la mia generazione l’8 marzo era soprattutto caro alle donne di sinistra. Anzi apparteneva simbolicamente alla sinistra. quanti volantini davanti alle fabbriche femminile, quanti cortei –per il divorzio, per l’aborto, contro la violenza sul corpo femminile. Quanti dibattiti sulle pari opportunità nel lavoro come nella politica, quante feste nelle sedi sindacali, soprattutto della Cgil, insieme a gioiose pensionate e a cesti pieni di mimose. quante feste in sezioni, per un giorno occupate dalle donne, ma in partiti ancora fortemente maschilisti. quanti mazzetti di mimose: dal compagno di partito o dal compagno nella vita, da un collego di lavoro o da un ammiratore, da una persona cara come da uno sconosciuto.. Ma l’8 marzo restava sempre una festa nostra, delle donne “consapevoli, impegnate, di sinistra”. Oggi no. L’8 marzo appartiene a tutte e a tutti e dunque un po’ si imbastardisce; come tutte le cose che sfuggono di mano e diventano “popolari”. E l’8 marzo è semplicemente oggi una festa popolare, con chi va a ballare e a divertirsi, e chi organizza convegni. Con chi spende e chi ci guadagna. Ma non è un male che almeno per un giorno il mondo appaia popolato da donne e che ognuna sia costretta a vestire i panni del proprio “genere”. Ciò che non va è che prima e dopo l’8 marzo ognuna torni a casa sua e se la brighi da sola. Come sa e come può. Eppure le cose non vanno come vorremo, come molte di noi avevano sognato che andassero. Eppure dopo tante battaglie per i diritti civili e le libertà che hanno caratterizzato il 900 è ancora possibile che nel Parlamento Italiano si discuta una legge sul testamento biologico che nega proprio ogni possibilità al testamento biologico, che troppe donne tornino a fare carriera grazie alla “protezione maschile” anziché ai loro meriti, che la precarietà del lavoro sia soprattutto femminile, che gli asili siano ormai servizi di lusso, che le donne “così cambiate” non possano vivere in un paese che cambia. Non disperdiamo allora la nostra riflessione sul valore o sul destino di una giornata, l’8 marzo, che tutto sommato –data l’età- dimostra di difendersi ancora abbastanza bene. Pensiamo piuttosto a riprenderci la parola perché il femminismo non sia stato inutile e perché la sinistra torni ad essere additata da una nuova generazione di ragazze. quelle che magari l’8 marzo vanno a ballare o festeggiano anche con i maschi ma che si aspettano il resto dell’anno di non essere lasciate sole.

Lalla Trupia (SD Nazionale)

venerdì 27 febbraio 2009

Per le europee, evitiamo la rissa


di Pasqualina Napoletano*

Sarebbe veramente grave se nel nuovo Parlamento Europeo che andremo ad eleggere a giugno non vi fosse nessun parlamentare italiano che facesse riferimento alla sinistra, così come è già avvenuto nel Parlamento Italiano.
L'appello pubblicato dal vostro giornale sabato scorso e sostenuto già da numerosissime persone testimonia la preoccupazione di tanti e la volontà di reagire ad una situazione che in Italia si fa sempre più cupa e difficilmente reversibile nel breve e medio periodo.
Non è tempo di recriminazioni, per questo apprezzo la volontà di chi, anche a rischio di riproporre un cartello elettorale, invita tutte le forze democratiche, laiche, progressiste e di sinistra ad unirsi dando vita ad un'unica lista europea.
Leggo nell'intervista rilasciata Repubblica dal segretario di Rifondazione Comunista Paolo Ferrero che l'unità potrebbe farsi solo a patto di far riferimento al simbolo del suo partito e con il vincolo di aderire al gruppo europeo della Sinistra Unitaria. Capisco che la sua reazione è anche dettata dall'esito del congresso, e tuttavia essa equivale ad un No, perché, per dar vita ad un percorso comune, ciascuno dovrebbe essere disposto a rinunciare almeno ad un pizzico della propria identità.
Trovo poi riduttivo rinchiudere le potenzialità della sinistra in un solo gruppo europeo anche perché questo non tiene conto di ciò che in Europa è realmente accaduto in questi anni.
Attualmente nel Parlamento Europeo esistono due maggioranze possibili con geometria variabile. Esse hanno consentito vittorie su terreni importanti ed hanno rappresentato un argine rispetto a provvedimenti legislativi pericolosi. La prima è quella che ha prevalso quando si è trattato di difendere la laicità, i diritti civili, la libertà della scienza e della ricerca e d è composta dalla Sinistra Unitaria Europea, dai Socialisti, dai Verdi e dai Liberali.
Quando essa è stata battuta sono passate norme quali la direttiva sul rimpatrio degli immigrati irregolari, che ha portato i termini della detenzione amministrativa fino a 18 mesi.
Ricordo anche che su questo provvedimento, tanto illiberale da essere definito dalle ONG europee "la direttiva della vergogna", il PD si divise. Vi è poi un'altra maggioranza possibile ed è quella che ha consentito di cambiare sostanzialmente la direttiva Bolkenstein e di bloccare quella sull'orario di lavoro che, così come proposta dai governi, riportava l'Europa a parametri ottocenteschi.
Essa è stata fermata sempre dalla Sinistra Unitaria Europea, dai Socialisti e dai Verdi, ma i Liberali sono stati sostituiti da una parte dei Popolari europei non totalmente consegnati al liberismo.
Entrambe queste maggioranze sono state talmente risicate da far temere sul futuro orientamento del Parlamento Europeo, e questo proprio quando il gioco si farà sempre più duro, poiché si tratterà di decidere come uscire da questa crisi del capitalismo e soprattutto se e come l'Europa entrerà in campo rispetto alle politiche dell'occupazione, della riconversione ecologica, di una politica industriale e della ricerca veramente europee, che vadano in controtendenza rispetto allo spettacolo miserabile e nazionalista cui stiamo assistendo ad opera dei governi.
Sull'ambiente, poi, solo uno schieramento trasversale, centrato sempre sulla sinistra e sui verdi è riuscito a portare in porto il pacchetto sulla diminuzione delle emissioni, il risparmio energetico e la produzione di energie rinnovabili, noto come 20-20-20.
Che senso ha, allora, mettere steccati quando è tutto lo schieramento laico, progressista e di sinistra che va rafforzato?
Personalmente mi auguro che sia le forze che oggi si riferiscono alla Sinistra Unitaria, sia quelle della sinistra socialista, sia i Verdi abbiano successo e non trovo limitativa una lista che faccia riferimento a più gruppi politici nelle condizioni attuali, perché l'obiettivo è il rafforzamento quantitativo di tutte queste forze, insieme ad una loro maggiore unità.
Non so se in Italia riusciremo a dar vita ad un'unica lista di sinistra, personalmente lo auspico, in ogni caso quello che dobbiamo assolutamente evitare è entrare in un clima di rissa e delegittimazione reciproca a sinistra tale da portare una parte dei nostri elettori al non voto. Di fronte a noi vi è una destra che proprio con le elezioni europee potrebbe trasferire a livello continentale la schiacciante vittoria italiana e chiudere anche in Europa spiragli di democrazia, facendosi portabandiera del capitalismo speculativo e finanziario pronto a rigenerarsi magari anche con gli aiuti di Stato e dalle deroghe alla concorrenza che sembrano possibili solo per gli speculatori ed i banchieri.
A questo proposito voglio dare atto ai Socialisti europei del fatto che il primo tentativo istituzionale andato in porto a livello europeo contro i fondi speculativi è venuto dal lavoro svolto da Pol Nyrup Rasmussen, presidente del PSE, autore del primo rapporto su questo tema approvato dal Parlamento Europeo prima della esplosione della crisi.
Ricordo anche che esiste uno spazio politico ed elettorale alla sinistra del PD che abbiamo dissipato nelle scorse elezioni politiche tra "voto utile" e "non voto", ed è quest'ultimo il vero nemico della sinistra.
Il partito del non voto è, come ci spiega Aldo Carra nel suo interessante saggio "Mi sono perso la sinistra", il primo partito degli operai e dei giovani ed è stato mortale sia per il PD, che non ha compensato neanche con il massiccio "voto utile", che per la Sinistra Arcobaleno.
L'appello pubblicato invita i dirigenti politici a fare un passo indietro in favore di liste composte unicamente da esponenti della società civile.
Mi esprimo su questo punto con la libertà di chi, avendo deciso di non ricandidarsi, non ha alcun interesse personale in ballo, per dire che auspicherei un equilibrio tra diverse esperienze senza metterne al bando alcuna. Nel Parlamento Europeo, istituzione complessa e basata su gruppi politici, servono continuità, esperienza politica e di movimento, insieme alle necessarie competenze.
Il bilancio dell'ultima legislatura ci dice, poi, che gli eletti delle sinistre e dei verdi sono stati tra i più presenti ed attivi nel Parlamento Europeo. Sarebbe veramente un autogoal non valorizzare questo lavoro. Perfino L'Espresso nel suo servizio dedicato al ruolo degli italiani in Europa paventava il rischio di veder azzerati dallo sbarramento proprio gli esponenti di quei partiti che più e meglio hanno lavorato. Molti di loro, poi, hanno scelto di abbandonare partiti di riferimento ben più rassicuranti dal punto di vista delle carriere per disporsi ad una traversata del deserto in cui ancora non si vede alcuna oasi.
Anche per questo eviterei di accomunarli nella "casta". Detto questo, ben vengano candidature autorevoli della società, soprattutto dal mondo del lavoro e ancor di più di donne, visto che come italiani anche nella rappresentanza di genere siamo stati il fanalino di coda.

*Vice-Presidente del Gruppo PSE

giovedì 19 febbraio 2009

Una sfida nuova, una sinistra nuova. Subito

Una sfida nuova, una sinistra nuova. Subito

Le dimissioni di Veltroni, l'implosione del PD e il fallimento del suo progetto politico ci chiamano in causa. La presunzione d'un grande partito moderato che da solo potesse raccogliere e rappresentare tutte le culture politiche e le esperienze civili maturate a sinistra in questi anni s´è rivelato una presunzione. Peggio: una menzogna. Adesso tocca a noi.
Che risposta diamo all'urgenza del momento? A sinistra c'è chi continua, con generosità, a proporre un grande cartello elettorale che raccolga tutte le forze politiche e che ci permetta di superare con relativa facilità lo sbarramento del 4% alle europee. E poi? Ciascuno per sé? Riduciamo tutto alla rincorsa verso quell'asticella fingendo che l'urgenza con cui ci preme e ci insegue il paese riguardi solo il piacere di qualche nostro eletto a Strasburgo? Credo di no.
Il paese ci domanda una proposta politica, non un cartello elettorale. Ci domanda il rischio di una sfida nuova, di una sinistra nuova, di una politica nuova: il contrario di una riedizione di Sinistra arcobaleno. Ma soprattutto ce lo domanda oggi, non domani. Dunque, compagni e amici, diamoci da fare. Con un po' d'entusiasmo in più, con un po' di generosità in più. So che ne siamo capaci.

Claudio Fava

_

mercoledì 18 febbraio 2009

Palestina, a che punto è la notte


È sempre bello e di buon auspicio vedere allo stesso tavolo un palestinese, Alì Rashid, ed un ebreo, Moni Ovadia, discutere di un tema importante e ormai da decenni attuale: il conflitto israelo-palestinese. Ma ieri pomeriggio, a Roma alla Casa internazionale delle donne, invitati dalla da poco nata Associazione “Per la Sinistra”, a quello stesso tavolo erano seduti anche Massimo D’Alema e Fausto Bertinotti e le sopite speranze di poter di nuovo rivedere un centrosinistra plurale ma disponibile al confronto e all’incontro si sono timidamente risvegliate.

Ma perché in un momento così delicato per il nostro paese, con la crisi economica e sociale sempre più grave, la catastrofica sconfitta dell’opposizione in Sardegna, la difficoltà profonda di una Sinistra stata spazzata via dalle sedi istituzionali alle ultime elezioni politiche e alla ricerca di un “che fare?”, l’autoritarismo di questo premier a partire dal caso di Eluana Englar, perché due esponenti di spicco del mondo politico di sinistra decidono di confrontarsi sul tema della questione mediorientale? Qual è il senso per le locali sorti? Potrebbe sembrare provincialismo, forse, ma è una domanda legittima, proprio in considerazione dell’attualità del nostro Paese.

Il chiarimento di questo dubbio ce lo dà Bertinotti quando afferma che una sinistra debole, sconfitta, quasi inesistente non serve a nessuno: è l’aiuto ad altri che serve a ricostruire la sinistra. In queste parole si legge un’inversione di tendenza chiara. Tornare a parlare di contenuti per colmare quel vuoto con cui le persone di sinistra ormai convivono da troppo tempo.

Del resto, come dice Moni Ovadia, “il governo italiano non farà mai niente per contribuire a trovare una soluzione alla questione mediorientale. Poiché, per cancellare le sue radici post fasciste, è e sarà sempre appiattito su Israele”.
Attraverso una discussione che si è snodata lungo due punti principali, cosa comporterà per le sorti dei territori occupati l’elezione di Obama e cosa può fare oggi la comunità internazionale per sbloccare la situazione di stallo, sono state molte le questioni affrontate dagli ospiti.

D’Alema ha parlato di “disinformazione paurosa” degli italiani per colpa dei giornali che molte notizie non le scrivono, di “regressione isterica” e ha auspicato di “evitare la trappola tragica di una risposta minoritaria e violenta, fascina per l’incendio antiarabo”. Ha ricordato lo storico ruolo dell’Europa nello scacchiere mediorientale parlando dei precisi ruoli che Usa ed Europa devono ricoprire: che gli Stati Uniti accompagnino pure Israele verso un progetto per la pacificazione dell’area, sostenendo per esempio la formazione di un governo di unità nazionale che lasci fuori partiti religiosi ed estremisti, ma l’Europa deve prendere per mano la Palestina, perché fino ad ora anche l’Europa si è schierata con Israele e questo rende impossibile uscire da questa “fase di pericolosa e drammatica stagnazione, con tutti i rischi che comporta”.

Secondo Bertinotti l’attesa nei confronti di Obama è inversamente proporzionale al grado di coinvolgimento diretto nella questione palestinese. Infatti, per chi è stato impegnato a manifestare solidarietà con l’ipotesi di una soluzione di pace la sfiducia da molto tempo è penetrata duramente.
“Il rifiuto sistematico del negoziato con la delegittimazione del negoziatore ne è una prova. Basti pensare agli accordi di Ginevra. Se ci fosse un tavolo, la soluzione sarebbe molto più vicina. Ma la soluzione è bloccata prima che si possa accedervi”.
“Una delegittimazione cominciata, continua Bertinotti, con la negazione dell’autorevolezza di Arafat, poi con l’occasione straordinaria ma persa di un governo di unità nazionale in Palestina, il miglior interlocutore che si potesse ottenere, e infine con la sistematica costruzione dell’impedimento alla mobilità intrapalestinese”. Secondo l’ex presidente della Camera “c’è bisogno di un lodo, di un arbitrato internazionale”. Bertinotti sottolinea la totale impotenza dell’intervento europeo causata dalla mancanza di una reale politica europea. “Grazie ad Obama ci potrà essere la possibilità che gli Usa entrino in un concerto di forze”. Conclude citando una frase dello stesso D’Alema: “per fare un accordo di pace bisogna farlo con i falchi di entrambe le parti seduti al tavolo”, ma, chiosa, “in Israele non si vedono colombe, e sul versante opposto c’è troppa divisione”. In conclusione rilancia l’idea di un movimento di opinione mondiale per la pace in Palestina, un movimento che sia di scopo.

Di fronte alle analisi di alto livello politico di due personalità come Bertinotti e D’Alema, rimangono fondamentali gli interventi dell’appelo alla base dell’incontro organizzato dall’Associazione “Per la Sinistra”. Seppur direttamente coinvolti, si sono fatti apprezzare per la schiettezza e l’obiettività con cui hanno affrontato il tema, pronunciando parole che soltanto un ebreo e un palestinese sarebbero stati legittimati a pronunciare in un’occasione del genere.

Con Alì Rashid che auspica che la guerra a Gaza non sia affrontata solo come questione umanitaria e che ricorda con amarezza la manifestazione organizzata a Roma lo scorso gennaio e Moni Ovadia che dice basta alle strumentalizzazioni dell’olocausto fatte da Israele, basta col minacciare di antisemitismo chi critica il governo israeliano, “è un atteggiamento fascistoide. Quello che serve ora è un atteggiamento laico, non ideologismi di maniera. Come disse lo stesso D’Alema, ci vuole equivicinanza”.

Contenuti, intellettuali, laicità, confronto, obiettività: il cammino appena imboccato verso una nuova sinistra sembra quello giusto.

martedì 17 febbraio 2009

Rappresentare il lavoro, la missione di SInistra Democratica


La Sinistra, per essere moderna e popolare, deve tornare a rappresentare il lavoro; ma oggi questo cosa vuol dire? E’ la chiara affermazione “da che parte e con chi si vuole stare” e al contempo “un’ammissione di ignoranza, della difficoltà di capire e interpretare realtà e bisogni profondamente cambiati delle lavoratrici e dei lavoratori”. Da qui è partita – racconta Titti Di Salvo - l’idea della ricerca nazionale di Sinistra Democratica sul rapporto tra lavoro e politica, dal titolo La Sinistra al lavoro.
Il convegno di presentazione ha luogo in una giornata politicamente significativa, quella di venerdì 30 gennaio, per Torino e il Piemonte, giocata in pochi metri quadrati del centro cittadino: il convegno di SD nella Sala Viglione di Palazzo Lascaris, l’inaugurazione della sede regionale del PD, alla presenza di Walter Veltroni, con alla porta le bandiere rosse del presidio del PdCI e di Rifondazione, il confronto tra alcuni parlamentari del PD e i portavoce dell’associazione “Per la sinistra” nella conferenza stampa contro lo sbarramento del 4% alle europee.
L’allestimento di una seconda sala in videoconferenza, per rispondere alla grande affluenza, il riconoscersi nei volti sorridenti, contenti di essere lì ed essere in tanti, hanno stemperato la tensione e hanno dato conferma all’idea che Sinistra Democratica non si tira indietro – come ha sostenuto il capogruppo Pier Giorgio Comella – perché è una forza di sinistra seria, che vuole costruire un confronto di pari dignità con il PD e il centrosinistra, che ha le competenze e le capacità per farlo, che ha idee e proposte concrete di cambiamento.
“Perché è nostro dovere avanzare proposte, favorire conoscenza e formare coscienza” – sostiene Mussi. Anche per curare la crisi economica non iniettando nel sistema gli stessi virus che l’hanno provocata, ma partendo dall’assunto che la crisi dipende dalla lotta di classe: il libero mercato non esiste, esiste invece un complesso rapporto di forze che si contrappongono attraverso il conflitto tra capitale e lavoro. Una sinistra popolare deve dare centralità alla questione del lavoro, per ricostruire una nuova sinistra e un nuovo centrosinistra.
La ricerca, coordinata da Francesco Garibaldo e Emilio Rebecchi, parte da Torino, nel cuore della crisi industriale, e sarà poi estesa a Roma e a Taranto, “dove c’è la classe operaia più giovane d’Italia e anche la più sconosciuta e la più sola”. La metodologia scelta è quella dei gruppi di discussione, a partecipazione volontaria, lo strumento più idoneo a sondare una realtà che non si conosce senza imbrigliarla in griglie preconcette, che diventa “anche un messaggio di umiltà”.
Le ultime questioni intorno al mondo del lavoro sono entrate nel dibattito, con gli interventi di Massimo Roccella, docente di diritto del lavoro, sul “fantasma dell’accordo separato”, Betty Leone, che ha ricordato come le prime leggi di Obama hanno riguardato la parità nel lavoro tra donne e uomini, e Gianni Rinaldini. Il segretario della FIOM avverte che “la crisi economica è destinata a peggiorare e si sta trasformando in emergenza sociale, che può diventare esplosiva e difficilmente governabile”. La soluzione è nella scommessa su misure che guardino al futuro, non alla contingente emergenza, e arrestino il disegno autoritario del governo: dal blocco dei licenziamenti, alla revisione degli ammortizzatori sociali e della cassa.
Nel concludere, dopo oltre tre ore di discussione e con le sale ancora piene di gente, Claudio Fava si è soffermato sulla necessità di una resistenza decisa alla pericolosa regressione democratica, al modello autoritario di democrazia che si sta imponendo nel nostro paese attraverso l’accordo sul contratto, definito “storico” da Sacconi, la riforma Gelmini, l’idea che il metodo è merito. SD non teme lo sbarramento del 4% alle europee, ma denuncia con forza il baratto tra PD e PdL, lo scambio consociativo che ha portato a questo accordo, che vuole “cambiare le regole del gioco negli ultimi cinque minuti della partita”. La questione sociale e la questione morale sono questioni politiche, che afferiscono la democrazia. “Il contributo di innovazione di Sinistra Democratica è nel convegno di oggi, è nelle 13 regole presentate oggi in 100 consigli comunali aperti, in tutta Italia, è in un progetto per fare della sinistra un luogo che torni a rappresentare il lavoro e una risorsa politica “nelle” istituzioni, un luogo “possibile” di questo paese. Non siamo qui per chiedere di sopravvivere, ma per dire ciò che la sinistra può fare per aiutare il nostro paese.”

Una lista coerente con il progetto


Una lista della sinistra coerente con il progetto di dare vita ad un nuovo soggetto politico alla cui nascita stiamo pazientemente ed intensamente lavorando. Questa, in sintesi, la decisione –presa all’unanimità- assunta dal Consiglio Nazionale di Sinistra democratica sabato scorso.
La discussione dell’organismo dirigente del Movimento è stata introdotta da Claudio Fava con una articolata relazione sulla situazione politica, grave e preoccupante per il futuro della democrazia nel nostro Paese. Dallo scippo di democrazia quasi consumatosi nelle aule parlamentari con l’approvazione al Senato dello sbarramento per le europee, al violentissimo attacco contro la Costituzione e il Capo dello Stato.
Il coordinatore di Sd ha sottolineato come non sia lo sbarramento in se ad essere truffaldino, ma il modo con il quale il Pd e il Pdl si sono accordati per tentare di espellere dalle istituzioni, anche quelle europee, la rappresentanza di una fetta importante dell’elettorato italiano: “Non si cambiano le regole del gioco quando la partita è già cominciata. Non si dovrebbe svendere la Rai, cedere sulla giustizia e ingannare il paese con un falso federalismo pur di ottenere una soglia di ingresso al parlamento europeo sperando così di arginare l’emorragia di voti che si preannuncia”.
Ma ovviamente assai più grave è l’attacco alla Costituzione scagliato dal capo del governo, che ha avuto il momento più aspro con le dichiarazioni di Berlusconi a seguito della mancata firma de decreto da parte del presidente Napolitano. In realtà, e a dirlo non è stato solo Fava ma anche Mussi, Occhetto, Bandoli ed altri compagni e compagne, sono molti i provvedimenti assunti dal governo in aperto contrasto con la nostra Carta fondamentale, da quelli contenuti nel pacchetto sicurezza contro gli immigrati, a quelli che riguardano la giustizia, l’informazione, la formazione e l’istruzione.
Infine l’appuntamento elettorale. È da giugno, dall’Assemblea di Chianciano che Sinistra democratica persegue l’obiettino della nascita di un nuovo soggetto della sinistra, un obiettivo ambizioso, ardua che non sta esclusivamente nelle nostre mani. Nel corso di questi mesi sono stati compiuti, da Sd e da altre forze e movimenti, passi importanti in questa direzione ma il percorso non è ancora compiuto. Ed allora, è questa la proposta di Fava approvata dal Consiglio Nazionale, è quella di presentare alle elezioni una lista della sinistra, che non sarà ancora la formalizzazione del nuovo partito, ma dovrà essere coerente con il progetto che si spera veda la lune nel prossimo autunno. Una lista nella quale siano i compagni di strada di questo percorso, Sd, Verdi, Mps, Unire la Sinistra e i socialisti se il confronto sulla lista e sul progetto più complessivo sarà positivo.
Il dibattito, dicevamo, è stato ricco e intenso – oltre 25 interventi- nel quale è stato sottolineata la’esigenza di “fare politica” attorno a tre questioni in particolare: la crisi economica e sociale che attraversa il nostro paese (sono state ricordate le 12 proposte di Sd per affrontare la crisi da usare come strumento di iniziativa); questione morale questione e legalità ( Buffo ha proposto di organizzare un nuovo appuntamento della campagna contro la camorra da fare a Castellamare di Stabia, proposta accolta e ora ci si sta lavorando); laicità, Bandoli ha suggerito di avviare una vera e propria campagna contro la legge sul FALSO testamento biologico; difesa e applicazione della Costituzione.
Un calendario di lavoro davvero impegnativo ma in fondo entusiasmante.

Lettera aperta al "Vertice del Pd"


Caro Vertice del Pd,

Consultando le pagine web di un quotidiano nazionale, scopro con sorpresa stamattina che ci sei anche anche tu. Non avevo mai saputo della tua esistenza nè mai ho avuto modo di trarre conforto da una tua dichiarazione o da una presa di posizione in mio favore in tutti i momenti difficili che la mia vita da precario mi ha riservato. Leggere oggi che il "Vertice del Pd" respinge le dimissioni di Veltroni mi ha aperto gli occhi; mi ha fatto capire che, in realtà, la responsabilità del disastro che oggi si abbatte sul Pd e su tutta la sinistra italiana non è soltanto di Walter ma, appunto, di tutto il "vertice del Pd". Dopo aver appreso della tua netta presa di posizione sull'eventualità - da te osteggiata- di dimissioni di Veltroni, ti confesso di essermi interrogato sulla tua natura e sulle tue finalità. Chi sei esattamente? Come hai fatto a diventare "vertice del Pd"? Sei forse tutti quei parlamentari eletti nelle liste blindate - ossia senza possibilità di esprimere preferenza da parte dei cittadini- alle ultime elezioni nazionali? O sei qualcosa di più grande: che so, l'insieme dei capibastone che compongono il mosaico della disfatta? Chi milita tra le tue fila? Forse quel trombato di Rutelli, il cui unico pregio consiste nell'essere stato ottima fonte di ispirazione per il comico Guzzanti? O forse quell'Anna Finocchiaro che alle ultime elezioni regionali in Sicilia è riuscita a ottenere 15 punti in meno rispetto alla precedente candidatura di Rita Borsellino alla presidenza della Regione? Bene lo ammetto, non so chi sei e non lo sanno nemmeno i cittadini ai quali ti rivolgi alla vigilia delle scadenze elettorali. Ma su una cosa non posso che concordare con te: fai bene a respingere le dimissioni di Walter poiché non soltanto sue sono le responsabilità del disastro ma anche tue. E allora che so, potresti presentare anche tu le dimissioni: non credo vi sia il rischio che qualcuno le respinga. A meno che ad accettarle non debba essere Berlusconi che pare sia l'unico a trarre vantaggio dalla tua esistenza.

San Precario -FaceBook- ore 15 del 17 febbraio 2009

giovedì 12 febbraio 2009