da "Arcireport"
Mentre si avvicina la scadenza elettorale, si celebra il sessantesimo della Costituzione italiana. C'è un nesso importante fra i due eventi perché, se pure il referendum del 2006 aveva bocciato la riforma della destra, la nostra Costituzione è tutt'ora in pericolo. Non solo per l'eventualità che quella stessa destra torni al governo, ma anche per le ambiguità e la sottovalutazione che riscontriamo su questo tema nel dibattito politico. È sempre in agguato l'idea che si possano piegare le regole alle esigenze contingenti e di parte, magari a colpi di maggioranza. Per questo va elevato il quorum previsto dall'articolo 138 per approvare modifiche costituzionali.
Le riforme istituzionali si devono fare senza forzare la Costituzione. È possibile razionalizzare l'attività delle Camere, ridurre il numero dei parlamentari, dare più efficienza all'azione di governo, semplificare gli schieramenti politici, pur restando nei binari dei principi costituzionali. Ma non sarebbe così se dovessero prevalere le tentazioni di premierato forte, ispirate a una concezione plebiscitaria della democrazia che ne vanifica il carattere parlamentare; oppure un sistema di voto tale da ridimensionare il ruolo e la rappresentatività delle assemblee elettive. La Carta è un corpo unico in cui ogni parte è coerente e funzionale all'altra. Sbaglia chi pensa di poterne cambiare singoli pezzi senza tradirne l'ispirazione complessiva. Se si alterano gli equilibri istituzionali previsti nella seconda parte si incide di fatto anche sull'esigibilità dei diritti sanciti nella prima, e se ne stravolge il senso.
Allora, più che cambiarla, la Costituzione bisogna attuarla, rileggerla come materia viva per cercarvi le risposte alle nuove esigenze della società italiana. Questo compito non è prerogativa esclusiva degli addetti ai lavori, ma riguarda ciascuno di noi. Promuovere la conoscenza della Costituzione, farne materia di discussione pubblica nelle scuole come nei circoli associativi è un lavoro fondamentale per ridare spessore alla cultura civile senza la quale non si esce dalla crisi della politica.
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