sabato 28 giugno 2008

in alto a Sinistra!


la relazione di Fava e tutte le notizie sull'Assemblea di Chianciano, le trovate su www.sinistra-democratica.it

venerdì 27 giugno 2008

intervista a Mario Tronti "Il Manifesto" 26giugno

SINISTRA
Rinascita politica
Intervista a Mario Tronti: «La sconfitta di aprile può essere benefica. E spingere a un processo aggregativo»
Andrea Fabozzi

Attenzione a non confondersi dietro Berlusconi. L'avvertimento di Mario Tronti arriva alla vigilia dell'assemblea del Crs nel momento in cui torna alto l'allarme di tutta l'opposizione per le iniziative del premier e anche il Pd che si era aperto al dialogo strilla al «ritorno del caimano». Tronti obietta: «Non ci sarà un passaggio di regime. Berlusconi è sempre lo stesso, le sue iniziative fanno molto rumore però poi vengono recuperate nell'andamento lento delle cose, il problema è non confondersi, è capire bene cosa è questa nuova, antica destra che si afferma in Europa».
Non c'è un caso italiano?
In Italia abbiamo di fronte questo personaggio con i suoi interessi personali, ma quando il ceto politico si misura soltanto sulla sua persona ci fa perdere di vista l'analisi di fondo. Berlusconi è un animale politico di una certa capacità intuitiva e ha improvvisamente tagliato i ponti con Veltroni per tornare sul terreno che predilige. Se non ci fosse questo antiberlusconismo enfatizzato fino al limite del dramma italiano la sua figura verrebbe ridimensionata e probabilmente verrebbe fuori un discorso di destra più profondo che potrebbe persino emarginarlo.
Destra italiana senza Berlusconi?
La destra è un dato organico che adesso si trova a una svolta. Il ciclo neo liberista è arrivato a conclusione e torna una destra più tradizionale, neoconservatrice. E la destra italiana si sta compattando. Ha molte delle caratteristiche della destra mondiale, a prescindere da Berlusconi. Una delle spie è la personalità di Tremonti. La destra sociale che pensavamo fosse una piccola porzione post fascista diventa invece una caratteristica della destra nel suo complesso. Di fronte a questa destra profonda c'è una sinistra leggera, dunque non c'è partita.
E gli operai votano Lega?
Su questo ho sentito troppi ragionamenti semplificatori. Come se il problema fosse quello di capire e non di spostare il voto di questi operai. La politica, dicono tutti, deve ascoltare, capire. Seconde me deve soprattutto parlare, dare risposte e intervenire. Se non lo fa la società si autogoverna ed è tanto peggio per chi vuole cambiarla.
Guardare al sociale è però uno slogan molto in voga nella sinistra uscita con le ossa rotta dalle elezioni. E anche il Pd vuole «tornare al territorio».
Il Pd e le formazioni che gli sono alla sinistra hanno peccato della stessa mancanza di iniziativa, sono stati incapaci di far parlare la politica. Sono rimasti chiusi in un'idea passiva della rappresentanza che magari era possibile quando avevi già nella società le grandi classi con una loro sostanza strutturale e dunque grandi interessi. Si possono rappresentare solo i grandi interessi, i piccoli bisogna orientarli e correggerne il particolarismo. Tornare al territorio è una scappatoia nel senso che non si tratta di rispondere ai singoli territori ma di riacchiappare tutto interpretandolo creativamente.
Un partito nazionale che sappia far parlare la politica con un'idea precisa della società. Vasto programma di fronte alle macerie elettorali.
Paradossalmente è un momento favorevole. Sono cadute le due illusioni che hanno dettato l'ordine del giorno della politica di sinistra negli ultimi venti anni. E' caduta l'illusione delle terza via tra sinistra e destra, con il suo ideatore Blair ma anche con il suo epigono tedesco Schroeder. L'idea che la sinistra dovesse farsi centro per gestire il ciclo neoliberista meglio della destra mi pare esaurita anche negli Usa, Obama non è Bill Clinton. Anche lì finisce la competizione al centro e le primarie indicano una polarizzante divaricazione.
Destra e sinistra categorie «emergenti»?
Per questo il partito democratico in Italia è arrivato fuori fase. Quando la fase in cui poteva essere protagonista è già passata e questo è il motivo per cui il progetto non marcia, anzi mi pare di vederlo già al capolinea.
L'altra illusione crollata?
E' finita la fase neomovimentista. Durante la quale l'egemonia culturale nella sinistra radicale era esercitata dal movimento no global. E' finita proprio perché è finita la fase neoliberista e la contrapposizione tra movimenti e grandi organismi economico finanziari mondiali non si ripropone. Anzi, ora c'è di fronte una destra neo conservatrice che torna a fare politica, contesta lei stessa l'autorità di questi organismi internazionali, torna protezionista.
Se è così, e se davvero il Pd è al capolinea, si può ipotizzare una ricomposizione a sinistra?
Si riapre un tema grande. Perché in questo paese non c'è più una forza che si dichiara di sinistra? L'anomalia italiana del più forte partito comunista dell'occidente finisce nel suo contrario. E' un problema che devono porsi tutti, sia quelli che stanno nel Pd sia quelli che stanno alla sua sinistra. La soluzione non può essere rimettere insieme i pezzetti di una piccola sinistra, ma ricomporre una forza politica a vocazione maggioritaria.
Cioè tu dici che dalle elezioni è uscita sconfitta l'illusione del fare da soli, non solo del Pd ma anche della sinistra di alternativa?
La sinistra alternativa non può concedersi il lusso di essere minoritaria. Tra l'altro è contro la nostra tradizione vorrei dire bolscevica. E non serve a fare gli interessi della nostra parte, l'operaio è costretto a votare per la Lega.
Ma l'idea di ricomporre la sinistra con un pezzo del Pd pare fuori dall'orizzonte politico. Anche i meglio disposti tra i democratici - D'Alema è annunciato all'assemblea del Crs - non si spingono oltre l'auspicio di nuove alleanze.
Non è un processo di breve periodo e per il momento credo sia giusto passare da una fase di aggregazione della sinistra, giusto incoraggiare chi ci sta tentando come Vendola dentro Rifondazione. Ma io credo che sarebbe sbagliato considerare questo soggetto unitario della sinistra come autonomo per i prossimi decenni di fronte a un Pd centrista. Questa nuova formazione di sinistra dovrebbe invece avere un ruolo per spostare gli equilibri interni del Pd in modo tale che si riapra il processo. E' una prospettiva, lo ripeto, che non esclude affatto che intanto si componga un soggetto di sinistra. Ma non bisogna considerarlo un approdo definitivo. Sarà quello che è oggi il Pd, una tappa. APPUNTAMENTO
A ROMA
L'assembela annuale del Centro Riforma dello Stato si tiene domani, dalle 9,30 alle 14,00, a Palazzo Marini, via Poli 19.
Introdotta dalle «11 tesi dopo lo tsunami» (pubblicate dal manifesto lo scorso 11 giugno), quest'anno ha un titolo esplicito: «Fare società con la politica». Una lettura della crisi italiana chiarita dall'intervista qui a fianco di Mario Tronti, che introdurrà i lavori.
PIENO
A DESTRA
«La destra italiana si sta compattando. Ha molte delle caratteristiche della destra mondiale, a prescindere da Berlusconi. Una delle spie è la personalità di Tremonti. La destra sociale che pensavamo fosse una piccola porzione post fascista diventa invece una caratteristica della destra nel suo complesso».
VUOTO
A SINISTRA
«Perché in questo paese non c'è più una forza che si dichiara di sinistra? E' un problema che devono porsi tutti, sia quelli che stanno nel Pd sia quelli che stanno alla sua sinistra. La soluzione non può essere rimettere insieme i pezzetti di una piccola sinistra, ma ricomporre una forza politica a vocazione maggioritaria».

giovedì 26 giugno 2008

IL VALORE AGGIUNTO DELLA SINISTRA

di Giuseppe Ricci
Dal 27 al 29 Giugno prossimi si svolgerà a Chianciano l’Assemblea Nazionale di Sinistra Democratica che avrà all’ordine del giorno un tema ambizioso (soprattutto di questi tempi): ”Unire la sinistra che vuole rinnovarsi”.
Le recenti elezioni politiche hanno consegnato il Paese alla destra populista di Berlusconi per molte cause, già evidenziate in un’ampia letteratura.
Sicuramente fra le principali vi sono la presunzione di autosufficienza del PD e la inadeguatezza della proposta politica della Sinistra Arcobaleno.
Partendo da queste considerazioni Sinistra Democratica tenterà, nel prossimo fine settimana, di porsi e porre il duplice (e collegato) tema della fase costituente di un nuovo soggetto politico della Sinistra italiana, da una parte, e, dall’altra, della costruzione di un nuovo centrosinistra che ripensi radicalmente l’esperienza dell’Unione e nasca piuttosto dalla condivisione di un programma di cambiamento che tanto serve al nostro Paese.
Se condividiamo questa nostra missione non possiamo discostarci dall’impostazione che Fabio Mussi indicò ad Orvieto nel Seminario Nazionale del Settembre scorso: una Sinistra di governo, ben radicata nell’ambito del Socialismo Europeo, che interpreti da sinistra ma con la prospettiva del nuovo millennio i temi ed i valori universali affermatisi nel secolo scorso: pace, ambiente, lavoro e libertà.
Affermare la modernità di questi valori, materializzandoli in una vocazione di governo, rappresenta la sfida di una sinistra che non vuole rassegnarsi ad un ruolo di testimonianza velleitaria o, ancor peggio, rinchiudersi all’interno di sterili confini identitari.
L’appuntamento di Chianciano rappresenta, col senso della realtà e delle proporzioni ed in un quadro di difficoltà inedito, nel dopoguerra, per la sinistra italiana, il tentativo, da parte del nostro movimento, di dare un contributo a rimettere in moto il processo costituente di un nuovo soggetto politico.
In preparazione di questo appuntamento abbiamo tenuto, nei giorni scorsi, le Assemblee del movimento Sinistra democratica nei vari territori della nostra Regione.
Come è noto, l’Assemblea tenutasi a Perugia, ed introdotta da un’intervista di Paolo Brutti pubblicata dal quotidiano “La Nazione”, ha licenziato un documento sulle questioni locali articolato sostanzialmente in tre punti:
1. Viene espresso un giudizio pesantissimo sul sistema politico dell’Umbria bloccato da un accordo consociativo che impedisce qualsiasi novità politica ed un giudizio liquidatorio delle esperienze di governo del centrosinistra nella nostra Regione.
2. Si invitano i rappresentanti di Sinistra Democratica nei Comuni della Provincia di Perugia a lasciare le maggioranze di cui fanno parte.
3. Si esortano le forze migliori dell’Umbria ad unirsi per presentare un’alternativa di governo alle prossime elezioni amministrative.
Credo che queste posizioni rappresentino altrettanti errori; anzi, ne contengono uno in più, preordinato, di metodo: una riflessione di questa natura e di questa portata avrebbe meritato un diverso contesto, un più ampio confronto e, per quel che mi riguarda, diverse conclusioni.
Liquidare l’esperienza amministrativa del Centrosinistra Umbro partendo dalle recenti vicende giudiziarie perugine rappresenta una forzatura che appare tanto insufficiente quanto strumentale.
Non si deve certo sottovalutare quanto accaduto, ma ritengo che di fronte a tali gravissimi fatti ci si debba attenere a quanto farà e disporrà la magistratura, invitandola ad operare presto ed a fondo, e non si dovrebbe fare quello che viene comunemente espresso con un (inelegante) luogo comune: ”buttare via il bambino con l’acqua sporca”.
Un’analisi corretta e, soprattutto, svolta nell’interesse della nostra comunità e della Sinistra umbra dovrebbe individuare ciò che non ha funzionato nell’esperienza del centrosinistra (e ce n’è) e rilanciare, avviando anche in Umbria, la costruzione di un nuovo centrosinistra in cui la sinistra porti la propria dote che si chiama radicalità, valori, partecipazione.
Altro che invito a lasciare le maggioranze!
Qui serve il coraggio di discutere in quale modo, approfondendo il confronto sul merito delle questioni, la Sinistra porta un valore aggiunto all’azione delle Amministrazioni.
Io presiedo il Consiglio Provinciale di Terni da 4 anni, un Ente sul quale non mi sembra pesi un giudizio complessivamente negativo.
Nel bilancio di previsione 2008, su richiesta dei gruppi di sinistra presenti in Consiglio, sono state previste risorse da destinare alla sicurezza nei luoghi di lavoro e per incentivare la raccolta differenziata da parte dei piccoli Comuni.
Penso che, nel nostro piccolo, abbiamo fatto qualcosa di sinistra.
In base a quali considerazioni dovremmo ora, per analogia, secondo le indicazioni che provengono da SD di Perugia, abbandonare la nave e remare in un’altra direzione?
Per rifarci una verginità?
Per essere pronti a qualche strana evenienza fra un anno?
Per conquistare una migliore posizione in una qualche improbabile trattativa?
Siamo fuori dal percorso che, insieme, abbiamo compiuto sinora e, soprattutto, siamo fuori da quello che ci accingiamo a decidere a Chianciano nei prossimi giorni.
Imboccare la strada indicata dai compagni di Perugia può aprire due scenari:
un’ipotesi di sinistra velleitaria e di testimonianza (Sinistra Democratica + ….. ?) o il tentativo di avviare un’esperienza “che unisca le forze migliori….” che puzza tanto di trasversalismo.
Io ho partecipato alle Assemblee di Terni e di Orvieto e non ho trovato spinte o indicazioni ad andare in questa direzione. Anzi!
Ho trovato compagni ancora motivati a far prevalere le ragioni di una sinistra seria, concreta, di governo, nonostante le disillusioni e la sfiducia seguite al risultato elettorale.
Credo che sia opportuno fermarci un attimo e promuovere, dopo Chianciano, un appuntamento regionale di SD che raccolga le motivazioni di questi compagni e ne rilanci la voglia di partecipazione e di protagonismo verso la costituente di un nuovo soggetto politico della Sinistra umbra.
*coordinatore regionale Sd Umbria - pres. cons. prov Tr

sabato 21 giugno 2008

dichiarazioni di Claudio Fava su Giustizia e Base Vicenza

Fava propone che l'opposione chieda udienza a Napolitano sulla giustizia
'Basta con le accuse e l'aggressione di Berlusconi ai poteri dello Stato. Tutta l'opposizione chieda un incontro al Capo dello Stato'. E' l'appello del coordinatore di Sinistra Democratica, Claudio Fava, a tutti i segretari di opposizione dopo l'ulteriore attacco di oggi del premier Silvio Berlusconi ai magistrati.
'Oggi - attacca Fava - con le invettive, le minacce, gli insulti alla magistratura italiana, peraltro pronunciate in una sede internazionale, il presidente del Consiglio ha superato ogni limite. Se alcuni magistrati stanno sovvertendo l'ordine costituzionale, come Berlusconi afferma, e' giusto che ne rispondano. Ma se, come noi crediamo, venisse dimostrato che le accuse di Silvio Berlusconi sono infondate, e non sono altro che un modo surrettizio per colpire la magistratura, il giorno dopo il premier dovra' presentare le sue dimissioni per essere giudicato nelle sedi competenti'.
'Mi rivolgo allora - conclude - ai segretari dei partiti dell'opposizione parlamentare e non, a Veltroni, Di Pietro, Diliberto, ai Verdi, all'Udc, ai dirigenti di Rifondazione: occorre che l'opposizione chieda un incontro urgente al Presidente della Repubblica. Le accuse lanciate oggi sono troppo gravi per essere derubricate al gusto di battute di un capo di governo in trasferta'.
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FAVA: LA SENTENZA DEL TAR CONFERMA CHE IL PROGETTO SULLA BASE DI VICENZA E' ILLEGITTIMO
Per l'on. Claudio Fava, coordinatore di Sinistra Democratica, la sentenza del Tar Veneto sulla base di Vicenza 'e' una vittoria della ragione e del diritto di fronte all'arroganza di chi non ha voluto tener conto finora dell'orientamento dei cittadini'. 'C'e' voluta una sentenza del Tar - aggiunge Fava - per confermare quanto gia' denunciavamo da tempo: l'ampliamento della base Usa di Vicenza e' illegittimo, e danneggia la popolazione locale'.
Secondo Fava 'questo pronunciamento dovrebbe spazzare via anche quei tentennamenti che ci sono stati purtroppo anche nel centrosinistra'. 'Ora - conclude - si blocchino i futuri lavori e sia data la parola ai cittadini di Vicenza che hanno il sacrosanto diritto di decidere'

giovedì 19 giugno 2008

la direttiva della vergogna


FAVA: HA VINTO L'EUROPA DELLA DIFFIDENZA. IMBARAZZANTI LE ASTENSIONI DEL PARTITO DEMOCRATICO
Ha vinto l'Europa della diffidenza. Prevedere fino a diciotto mesi di carcere per gli immigrati clandestini è uno scempio giuridico di cui i governi europei da oggi portano per intero la responsabilità.
Lo afferma l'on. Claudio Fava, coordinatore nazionale di Sinistra Democratica.
Consola che una parte non residuale del Parlamento Europeo- continua il parlamentare europeo del PSE - si sia opposta fino alla fine a questa direttiva.
Consola molto meno scoprire, tra chi si è astenuto, molti autorevoli rappresentanti del Partito Democratico: è l'onda lunga dell'opposizione di sua maestà che in patria il PD continua a praticare nei confronti di Berlusconi
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E' stata definita la "direttiva della vergogna" ed è stata approvata dal Parlamento Europeo così come la volevano i 27 governi.
Una brutta pagina della storia europea, a pochi giorni dal rigetto del Trattato da parte dell'Irlanda.
I lettori del nostro sito dovrebbero conoscere la vicenda, perchè è da tempo che abbiamo segnalato la pericolosità di questo provvedimento, spiegandone ragioni e contenuti.
Purtroppo non sono valsi gli innumerevoli appelli di associazioni ed ONG, le lettere inviate alla Commissione Europea ed al Consiglio da oltre 45 capi di governo latino-americani ed africani e da ultimo un testo redatto da Jaques Delors e Michel Rocard pubblicato ieri dal quotidiano francese "Le Monde" a cambiare l'esito di questa brutta vicenda.
Da oggi in Europa un cittadino che è entrato a suo tempo regolarmente e che per un qualsiasi motivo (ad esempio perdita del lavoro) non avesse più il permesso di soggiorno può essere detenuto, senza convalida del magistrato, fino a 18 mesi, anche se i ritardi nell'acquisizione dei suoi dati personali non dipendono da sua negligenza o da comportamenti non collaborativi.
I minori, seppure separatamente, sono detenuti negli stessi centri per gli adulti senza garanzia di continuità della loro istruzione e con la prospettiva, se non viene individuato il Paese e la famiglia di origine, di essere inviati in un qualunque istituto di un paese terzo disposto a prenderlo.
Anche per gli adulti da rimpatriare forzosamente, basta che un Paese di transito con cui l'UE ha stabilito accordi di rimpatrio sia disposto a riprenderlo e il gioco è fatto.
All'Europa non interessa se nei centri di detenzione in cui finirà sono rispettati i diritti umani minimi (parliamo, in genere, di Paesi come la Libia dove sono stati già documentati trattamenti inumani, abbandoni nel deserto ed in cui è vietato l'accesso alle organizzazioni umanitarie).
Di fronte a queste misure si stenta a credere che stiamo parlando d'Europa, culla del diritto e della civiltà, eppure è proprio così, e la cosa più triste è che in questo caso la sintonia è stata perfetta tra governi di destra e di sinistra.
Proprio così: da Berlusconi a Zapatero.
Quanto al Parlamento Europeo, quest'ultimo senza colpo ferire ha accettato una doppia umiliazione da parte dei Governi.
Infatti il Consiglio, che avrebbe dovuto svolgere la sua "lettura" dopo quella del Parlamento, ha pensato di anticipare quest'ultimo attraverso un accordo politico tra i 27, accordo che non è previsto da nessuna procedura legislativa, per poi trovare nel Parlamento un relatore, il popolare tedesco Weber, ed una maggioranza disposti a fare propri i termini di quell'accordo.
E pensare che per il Parlamento si trattava del primo provvedimento in materia in cui esercitava il potere di co-decisione con il Consiglio.
Altro paradosso è che questa direttiva sui "rimpatri" è stata in assoluto la prima da cui si è cominciato ad armonizzare la materia dell'immigrazione.
La logica vorrebbe che prima di stabilire cosa è illegale con le relative conseguenze, si stabilisca prima un quadro di legalità europeo.
Invece No.
Ciò che è legale si continua a deciderlo Paese per Paese, con grandi differenze, ad esempio, sui criteri che stabiliscono il diritto ad accedere alla cittadinanza, mentre l'Europa serve per il lavoro sporco dei rimpatri forzati.
La seconda umiliazione per il Parlamento è il merito del provvedimento.
Si stenta a credere che il gruppo liberale lo abbia appoggiato in toto con la sola eccezione dei radicali italiani, di due deputati polacchi, tra cui Geremek, e di due francesi.
Il cattolicissimo gruppo popolare europeo ha fatto mancare solo due voti, nessuno italiano.
Quanto ai socialisti, che si sono visti respingere emendamenti essenziali al fine del miglioramento della direttiva, la maggior parte del gruppo, compreso il suo Presidente Martin Schulz, ha votato contro, ma non sono mancati né gli astenuti e neppure i favorevoli, questi ultimi costituiti, tranne due lodevoli eccezioni, prevalentemente dai deputati spagnoli.
Si sa che le liste elettorali in Spagna sono bloccate e se si vuole tornare in Europa è meglio compiacere il leader. Alla faccia dell'autonomia del Parlamento Europeo per la quale Altiero Spinelli si era battuto, a suo tempo, come un leone.
Ed il partito democratico?
Si è astenuto sia nella sua componente socialista che in quella liberale.
Salvaguardare l'unità anche a costo di esprimere il nulla sembra essere stata la consegna da osservare.
Eppure era nato come un partito basato su valori e su programmi che in una vicenda così dirimente avrebbero dovuto almeno fare capolino.
Pasqualina Napolitano Vice-Presidente del Gruppo Socialista al Parlamento Europeo

Addio Sergente


"Io Rigoni non lo conoscevo personalmente, ma per me era come la Pietà di Michelangelo: sapere che c'era mi faceva stare meglio..." Mauro Corona

sabato 14 giugno 2008

Dagli archivi di Londra


Sono il tenente delle SS Herbert Andorfer, austriaco di Linz , e del vicebrigadiere delle SS Karl-Franz Tausch, cecoslovacco di Olmuetz, entrambi ancora in vita, i responsabili dell'impiccagione di 31 uomini, fra partigiani e civili, avvenuta a Bassano nel 1944, una delle rappresaglie più sanguinarie della storia della Resistenza

Contattato dai ricercatori, i cacciatori di nazisti del Centro Simon Wiesenthal di Vienna hanno confermato che i due militari delle SS sono ancora in vita: hanno rispettivamente 97 e 88 anni. Pochè i crimini di guerra non hanno prescrizione, Andorfer e Tausch possono essere processati. Andorfer, nel pomeriggio del 26 settembre 1944, dopo il rastrellamento dei partigiani sul Monte grappa compiuto dalle SS e dai fascisti della Repubblica di Salò, ordinò l'esecuzione dei 31 detenuti, partigiani e civili, esecuzione messa in atto da Tausch.


I prigionieri vennero impiccati agli alberi di Bassano, dove le raghe con i loro nomi li ricordano ancora oggi, con modalità di inaudita crudeltà. Unepisodio che oggi, con le nuove prove raccolte, potrebbe trovare finalmente giustizia in un'aula di tribunale.

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La relazione sui colpevoli

Un team di collaboratori degli Istituti di Storia della Resistenza di Treviso (Istresco) e di Vicenza (Istrevi) ha individuato di recente tra i documenti conservati negli Archivi Nazionali di Londra i nomi dei responsabili dell'impiccagione di 31 uomini, fra partigiani e civili, avvenuta a Bassano durante i giorni del rastrellamento del Grappa; il Centro Simon Wiesenthal, che perpetua il ricordo dell'Olocausto e si batte per la difesa dei diritti umani, ha dichiarato che essi sono ancora in vita.
Per averne la certezza, si è ritenuto opportuno pertanto inviare un esposto circostanziato alla Procura Militare di Padova perché indaghi ed eventualmente li chiami a rispondere del loro operato.

Si tratta del tenente SS Herbert Andorfer, classe 1911, di Linz (Austria), e del vicebrigadiere SS Karl-Franz Tausch, classe 1922, di Olmuetz (Cecoslovacchia).

Andorfer, nel pomeriggio del 26 settembre 1944, ordinò di procedere all'esecuzione dei 31 detenuti, mentre Tausch ebbe il compito di vigilare perché la spietata procedura si svolgesse in modo rapido ed efficace.

Storditi con iniezioni alle braccia per ottunderne le capacità reattive, i condannati furono caricati con le mani legate dietro alla schiena su un autocarro scoperto e impiccati agli alberi in tre vie di Bassano. I cappi, formati con pezzi di cavi telefonici, furono infilati al collo delle vittime da dei volontari di neppure diciotto anni, ex "Fiamme Bianche" della Guardia Nazionale Repubblicana, mentre la morte venne data tramite un'accelerata del camion che tendendo la fune soffocava la vittima facendola cadere nel vuoto. Nei casi in cui il decesso tardava a venire, intervenivano quei solerti ragazzini tirando le gambe di chi agonizzava.

Completata l'esecuzione, i fascisti locali, uomini e donne, diedero vita ad un'indegna gazzarra, urlando invettive contro i morti, sputando loro addosso e inserendo delle sigarette accese nelle bocche contratte; i cadaveri furono lasciati esposti per circa venti ore per terrorizzare la popolazione, mentre i carnefici festeggiavano la vittoria all'Albergo al Cardellino e al Caffè Centrale.

L'orrore dell'esecuzione di Bassano è assurto a simbolo della barbarie indiscriminata dei nazisti nel Veneto, culminata in quel massacro per il quale nessuno pagò.

I tedeschi responsabili del rastrellamento del Grappa non furono mai processati; i militi della Legione "M Tagliamento", le Brigate Nere di Vicenza e di Treviso e gli altri repubblichini che li avevano affiancati, furono invece sottoposti nel dopoguerra al giudizio dei tribunali militari e civili, condannati a severe pene detentive e rimessi in libertà in breve tempo grazie alle amnistie.

Andorfer, che era giunto nel nostro Paese nel 1943 creando un reparto specializzato in antiguerriglia, denominato "Kommando "Andorfer", per combattere i partigiani dapprima sull'Appennino emiliano e successivamente nel Veneto, nel dopoguerra si rifugiò in Sud America. Tornato in Germania negli Anni Sessanta, fu processato per aver eliminato nel 1942 circa cinquemila ebrei, vecchi, donne e bambini, detenuti nel campo di sterminio di Sajmiste nei pressi di Belgrado, di cui era direttore, con dei camion attrezzati per la gassazione.

La recente scoperta fatta grazie ai documenti rinvenuti in Inghilterra riveste particolare importanza poiché, sinora, per Andorfer e Tausch mancavano le prove della partecipazione al rastrellamento del Grappa e del coinvolgimento personale nell'esecuzione di Bassano.

Alla luce dei fatti, e in considerazione della non prescrizione dei crimini di guerra, si avverte l'esigenza che entrambi siano sottoposti all'esame della magistratura onde addivenire a un giudizio circa una chiara attribuzione di colpevolezza e a una conseguente assunzione delle responsabilità.

Tale bisogno non nasce da una volontà persecutoria né dall'aspettativa di vedere due persone ormai avanti nell'età (rispettivamente 97 e 88 anni) scontare in qualche modo una pena detentiva, ma dall'urgenza di un risarcimento, benché tardivo, nei confronti di quei martiri della libertà e dei loro famigliari tuttora viventi: restituire alla verità ciò che accadde oltre 60 anni or sono conferirebbe un po' di giustizia a chi ha tanto dovuto soffrire per mancanza di giustizia.

Ricostruire la memoria riconoscendo la responsabilità di ognuno e accettare coraggiosamente il passato, qualunque esso sia, è inoltre l'unica via per abbattere i muri tra gli uomini e gettare i ponti per una mutua comprensione.

Lorenzo Capovilla e Federico Maistrello

(Istituto per la Storia della Resistenza e della Società

Contemporanea della Marca Trevigiana - ISTRESCO)


Sonia Residori

(Istituto Storico della Resistenza e della Società

Contemporanea della Provincia di Vicenza - ISTREVI)

martedì 10 giugno 2008

I nostri recinti

di Claudio Fava
Dunque, di cosa abbiamo paura, compagni miei? Di metterci in viaggio? Di immaginare per questo paese una sinistra che non sia solo una somma di recinti? Abbiamo paura di impegnarci nella costruzione di una sinistra che sappia finalmente elaborare le culture del comunismo e del socialismo per proporne una sintesi originale? Qualcuno di noi è così miope da vivere questa sfida culturale e politica, che forse prenderà il tempo e lo spazio di una generazione, come un tradimento ai sacri luoghi delle nostre identità? O pensiamo davvero che tra dieci o vent’anni ci saranno ancora, in questo paese, una sinistra cosiddetta “socialdemocratica” e una sinistra cosiddetta “comunista”, ciascuna gelosa custode delle proprie liturgie e della propria storia? Un nuovo soggetto politico di sinistra non soffocato dall’ornamento dei propri aggettivi è solo una favola ce ci raccontiamo o è realmente una sfida che ci mette tutti (tutti!) in discussione?

Provo a riepilogare per titoli ciò che ho spiegato nell’intervista di domenica sull’Unità. Punto numero uno: Sinistra Democratica è e resta con profonda convinzione nella famiglia del socialismo europeo. Punto secondo, non è per caso né per liturgia ma per convinzione politica che ho chiesto a Martin Schultz di venire ad aprire la nostra assemblea il 27 giugno a Cianciano; e non per cortesia ma per condivisione profonda del nostro percorso che Schultz ha accettato. Punto terzo: vale la pena ragionare sulla riflessione proposta nei giorni scorsi dal Centro per la Riforma dello Stato: forse, scrive il CRS, le socialdemocrazia e comunismo hanno chiuso il loro ciclo ma gli elementi di civiltà profonda che hanno seminato nella nostra storia sono fondamentali e vanno rielaborati e riorganizzati. Sarebbe bello che una nuova sinistra si assumesse questo compito.

Che è compito della storia, non della cronaca. Con i tempi lunghi della storia, non delle prossime elezioni europee (se questa è l’angoscia di qualcuno). Ma è un compito inevitabile: se non ce ne assumeremo noi il rischio e la paternità, toccherà ad altri. Altrimenti, che senso avrebbe avuto in questi mesi parlare di cantiere? Cantiere per costruire cosa? Solo una foto malinconica del presente? La costruzione di una nuova sinistra che sappia elaborare in avanti le culture di provenienza è il tema dei prossimi anni, non solo in Italia: la SPD tedesca è precipitata, dopo 145 anni di storia, ai suoi minimi storici e si pone concretamente per sopravvivere il problema di un diverso rapporto con la Linke di Lafontaine; il Labour nel Regno Unito, se si votasse oggi, perderebbe quindici punti rispetto alle ultime politiche; nemmeno in Francia i socialisti riescono a uscire dall’angolo, nonostante la caduta verticale di Sarkozy nei consensi. Se poi allarghiamo il nostro sguardo, scopriamo che in una decina di paesi dell’America Latina, dal Paraguay all’Argentina, è al governo una sinistra che è impossibile includere nella tradizione della socialdemocrazia o del comunismo: ma che comunque propone da sinistra un nuovo modello di società. E noi che in Italia, tutti insieme, comunisti, verdi e socialisti, valiamo il 4 per cento vorremmo rifiutare la sfida per la costruzione di una nuova sinistra che non sia la mera somma delle nostre appartenenze?

Questo è il tempo della nostra generosità, compagni. E’ proprio questa generosità, la ricerca di un nuovo senso da attribuire alla nostra identità che ci distingue irrimediabilmente dal Partito Democratico. Siamo incompatibili con il loro progetto non perché al Parlamento europeo forse siederemo su banchi diversi - noi tra i socialisti, loro non so – ma perché diverso è il nostro patrimonio di sensibilità e di pensiero critico, diversa è l’idea di equità sociale che la sinistra vuole riaffermare, diversa è la proposta di opposizione che intendiamo praticare oggi nel paese.

E’ questo che ho spiegato nell’intervista ed è ciò in cui credo profondamente: abbiamo iniziato un percorso che non mette in discussione cosa siamo oggi ma che s’interroga su come riorganizzeremo il vasto campo della sinistra domani. Credo che sia un nostro preciso dovere spingerci in questo viaggio: senza negare, senza abbandonare, senza celebrare frettolosi funerali. Ma senza aver nemmeno paura di costruire per la sinistra che verrà un’anima capace di fondere insieme il semi più fecondi della tradizione socialista e di quella comunista per rielaborarli in forme nuove. Stare oggi, con tutta la convinzione di cui siamo capaci, nella famiglia del socialismo europeo ne è premessa fondamentale. Ma non può diventare la nostra unica consolazione.

martedì 3 giugno 2008

Cento passi a Sinistra


“Sinistra Democratica sta bene. Ha scelto di non ripiegarsi su se stessa alla ricerca di una identità perduta per tentare di capire cosa è successo a sinistra e nel Paese. Perché non si possono addossare le colpe della sconfitta solo a fattori esterni o al voto utile”. Inizia così la nostra conversazione con Claudio Fava, giornalista, europarlamentare, ora erede di Mussi alla guida della minoranza DS che lasciò il partito l’anno scorso. “C’è un problema di cultura politica del progetto unitario di sinistra. Nella nostra scelta vedi un segnale di salute, di uno stare nelle cose. L’altro elemento positivo è la coesione del gruppo dirigente di SD che ha scelto coralmente di ripensare forme e contenuti della politica e di dare vita a una costituente di sinistra. Andremo alla prima assemblea nazionale senza conte interne. In un contesto di infinita debolezza è un punto di forza”.


Come si spiega lo spostamento a destra del Paese?
Il Paese, e il senso comune, sono cambiati profondamente si è avvitato nella ricerca di nuovi nemici in una cultura della paura diffusa: dalla precarietà all’infelicità, alla paura dell’altro. Questo senso comune malato, e a tratti perverso, è stato gestito e amministrato dalla destra. La vittoria di Berlusconi non è una fase di un bipolarismo imperfetto, è un evento che sancisce l’affermazione di una egemonia culturale. Dobbiamo rileggere ciò che è accaduto nel Paese, capire come modificarne il senso comune, offrendo prospettive e valori di riferimento. La sinistra non può limitarsi a recitare a memoria il copione della propria esistenza, il repertorio delle proprie qualità. Anche sul piano della comunicazione, del linguaggio, dell’alfabeto originario, noi dobbiamo rimetterci in discussione. Abbiamo considerato la nostra forza storica come un conto in banco infinito da cui attingere. E siamo invecchiati rapidamente dando l’impressione di grande staticità, mentre il Paese si muoveva. E’ un Paese che non ti parla di lavoro solo in termini salariali ma anche in termini di precarietà esistenziale. Forse la sinistra doveva misurarsi con il tema più ampio della qualità della vita, e non solo sui temi se pur fondamentali del contratto di lavoro.

E’ una difficoltà a separarsi dal passato?
Ancora oggi c’è chi sostiene che abbiamo perso perché non abbiamo esposto falce e martello. Le nostre identità devono prescindere dal gioco dei simboli e incontrare il Paese reale, i suoi destini veri. In questo noi siamo stati ceto politico, partiti degli eletti, nomenclatura.


Socialismo e comunismo: che ruolo hanno nel dibattito teorico attuale? Sono uno scoglio o una risorsa?
Sono una grande risorsa dell’identità interiore di ognuno di noi, per il repertorio di valori, per lo sguardo che rivolgi verso la società. Stare dentro una cultura di sinistra vuol dire, per esempio, non poter dire sui fatti del Pigneto “sì, bisogna condannarli ma ci sono troppi immigrati”. Avere dentro di sé la cultura dell’altro ti permette di affrontare il tema della sicurezza nella sua complessità senza assecondare il senso comune. Tutto questo non ha bisogno di coniugarsi con l’appartenenza alle sacre famiglie politiche. E’ sintomo di vecchiaia e incapacità non capire che il senso di una identità comunista o socialista prescinde dal fatto che andrai a sedere tra i banchi socialisti o alla GUE nel Parlamento europeo.


La sinistra storicamente ha rappresentato le ragioni del lavoro. Perché oggi il lavoratori non la votano più?
Perché abbiamo continuato a parlare di “lavoro” e non di lavori: dell’operaio metalmeccanico delle fabbriche del nord, del precario a vita delle università del sud, dell’articolista che ha iniziato da precario nel giornale e ora ha moglie e figli e a passato venti anni ad aspettare un posto fisso. I “lavori” mettono insieme una somma di precarietà. Oggi non dobbiamo solo restituirgli potere di acquisto ma potere sui tempi della vita, spesso sottratti e con questi il senso del futuro. Oggi noi perdiamo i lavoratori perché non riusciamo a farli una proposta complessiva. Dobbiamo affrontare il tema del tempo, della qualità della vita, del rapporto con una dimensione umana che è molto più complessa di quella di trenta anni fa.

Le battaglie contro la precarietà la sinistra le ha fatte, tuttavia sembra che la gente pensi: sì hai ragione ma non sarai in grado di fare quello che dici?
Vero, una sinistra che accetta di essere testimoniale e rifiuta il confronto sul tema del governo, e che non attribuisce agli altri la responsabilità di impedire questo confronto, è una sinistra che appare minoritaria, desiderosa di perdere.


Non sarà stato solo un problema di alleanza?
Sul fronte interno abbiamo elaborato il concetto dell’unità ma non ci abbiamo creduto. Su ogni tema ad ogni episodio l’unità si frantumava in comunicati stampa di quattro segreterie. Il processo è apparso sotto stretta sorveglianza dove la cessione di sovranità era minima o nulla.

Nel PD sembra esaurito il sogno o il delirio dell’autosufficienza. Veltroni, forse anche grazie alla pressione di D’Alema sembra voler aprire a sinistra.
Do atto a Veltroni delle sue parole ma attendo i fatti. Mi attenderei, per esempio che il PD si mettesse in discussione. Invece mi sembra che continui a celebrare se stesso. Ha perso clamorosamente le elezioni e pure non vedo ancora nessuna riflessione in materia. Poi aspettiamo di capire che tipo di confronto ha in mente Veltroni. Se avviene su basi di reciproca autonomia bene, altrimenti è solo una forma di cortesia politico istituzionale.

Ci sono chiaramente due strategie diverse nel PD riguardo alla sinistra: una “annessionistica” e una che punta al rafforzamento del percorso unitario per poi confrontarcisi.
La linea “annessionistica” è una idiozia politica. Ammesso che possano convincere qualcuno, come hanno già fatto con Nerozzi e con Vita per esempio, è chiaro che questo non dà più forza al progetto del Pd. Che resta un progetto parziale, di un partito sostanzialmente moderato, con una forte vocazione cattolica e che non può avere la presunzione di rappresentare tutto quello che c’è nel centro sinistra. L’unica possibilità per il PD è di ricostruire un centro sinistra con chiarezza: loro sono il centro e accanto deve esserci una sinistra. Noi di SD poi proveniamo da una esperienza molto dura nei DS. Alla creazione di una sinistra nuova e autonoma abbiamo dedicato parte della nostra “vita”, non una campagna elettorale. Personalmente è dal 2001 che rifiuto il PD, che dopo 7 anni qualcuno si aspetti tardivi pentimenti mi sembra assurdo. Il PD deve archiviare la presunzione del bipartitismo, abbandonare il mito della autosufficienza e possibilmente mettere da parte la pratica antica e malinconica della telefonata al singolo per raccogliere adesione ed irretire. Un dirigente della sinistra che oggi accettasse di passare al PD porterebbe con sé solo la sua faccia e il suo voto ma non sposterebbe una sola virgola del potere di acquisto politico dei democratici.

La sconfitta di Rutelli a Roma è dovuta anche alla impossibilità del candidato per il suo “profilo clericale”, a rappresentare il centro sinistra?
A Roma abbiamo perso perché abbiamo assecondato la presunzione di Rutelli di ricandidarsi. E’ l’idea che si può essere buoni per tutte le stagioni, che il centrosinistra riproduce se stesso, che un signore si può rappresentare a fare il sindaco 10 anni dopo come Prodi con il governo del Paese. Dice alle persone che siamo fermi. Che ci guardiamo compiaciuti allo specchio sorridenti solo che, a differenza di quanto accade nel romanzo di Oscar Wilde le rughe cominciano a incrinare i nostri sorrisi e appariamo perciò che siamo: spesso la caricatura di quello che eravamo. La svolta confessionale di Rutelli era nota a tutti. Dal 1993 ad oggi aveva stretto rapporti personali con le gerarchie della curia, e compiuto una virata profonda sul piano personale e politico. Avrà anche amministrato bene nel passato, ma non si poteva riproporre a prescindere da ciò che era successo nel frattempo. Non sarà un caso che Zingaretti prende più voti.


Rifondazione è fondamentale per la creazione della nuova sinistra. I bertinottiani avevano investito molto sulla scelta di Mussi. Ora il partito va spaccato verso il congresso per scegliere essenzialmente tra due opzioni: Vendola e il rilancio del progetto unitario o Ferrero che punta su comunismo e federazione della sinistra.
Intanto esprimo il massimo rispetto per il dialogo interno di Rifondazione nel quale noi non possiamo assolutamente intervenire come mozione “corsara”. Il nostro progetto non prevede la deriva identitaria, o la costituente comunista, che magari ti permette di avere qualche deputato ma che davvero non parla al Paese. La nostra idea è quella di un cantiere della sinistra che si mette in discussione. Per questo la storia, la pratica e la cultura di Vendola sono molto più vicini al nostro progetto.

Se nessuno dei due ottenesse la maggioranza si concretizzerebbe la possibilità di una scissione in PRC? Cosa cambierebbe per voi?
Io mi auguro solo un processo di verità. Se a sinistra si declineranno due percorsi diversi io non lo considero un dramma. Io mi batterò per una cultura laica, che superi la contrapposizione manichea tra Governo e opposizione. Che si faccia carico della complessità del Paese oggi, senza far riferimento a categorie del secolo scorso. Cosa sarà? Una costituente, un movimento, un partito, un cantiere non importa. Certamente importa che sia un soggetto politico, con un’idea forte. Che è mancata alla Sinistra Arcobaleno. La discriminante non può essere il comunismo ma l’uso che si fa di questa identità: la necessità di esibirla o di tenerla fra le proprie viscere, nella memoria o nella cultura politica. La distinzione non è tra comunisti e non, questa è una semplificazione che lascio a Diliberto. La distinzione è tra chi usa questa identità come una ridotta entro la quale rinchiudersi e chi ritiene di contaminare questa identità con un tempo e un modo profondamente rinnovati. E rinnovati non vuol dire moderati. Credo che in PRC più che scelte di mozioni congressuali ci saranno scelte di percorsi personali ed esistenziali.


Parliamo di Sud, di Sicilia, di criminalità organizzata.
Nel dibattito tra i due partiti maggiori in Parlamento, non una parola è stata detta, a parte le commemorazioni di rito, sul fatto che il vero tema dell’insicurezza in questo Paese, è che in Calabria l’ndrangheta ha ammazzato 270 persone. Che la criminalità organizzata è l’azienda più grande del Paese che vale il 2,9 % del PIL prima in Italia per dipendenti e fatturato. Di fronte a tutto ciò bisogna ricuperare l’urgenza della lotta che non è priorità né del Governo né del PD. Il tema della criminalità organizzata che è divenuta vincente e che controlla l’economia e la società in un terzo del Paese, l’abbiamo celebrato con il culto degli eroi. Con immaginette da mettere sulla spalla una volta l’anno come i santi patroni, per rimetterle subito dopo nel loro sacrario. E invece dovevamo restituire alla gente i segni della “convenienza” di quella battaglia: perché la legalità, il rispetto delle regole, il controllo democratico del territorio sottratto alle cosche è conveniente e migliora la qualità della vita di tutti.

In una intervista a Left Mussi disse: “questo capitalismo è incompatibile con il pianeta Terra.” L’ambientalismo la critica al modello di sviluppo attuale, che ruolo ha per nuova sinistra?
Rimettere in discussione il nostro modello di sviluppo è il progetto più rivoluzionario che si possa immaginare. Un risultato concreto su questo fronte sarebbe immediatamente percepibile dalla gente in termini di qualità della vita. Noi abbiamo cento milioni di poveri che sono emersi da un giorno all’altro per l’aumento dei prezzi alimentari. Non per una carestia ma perché l’economia occidentale e le politiche protezionistiche di USA ed Europa hanno determinato questo processo. Noi possiamo creare 100 milioni di poveri e gettare 41 Paesi sull’orlo della guerra civile con le nostre scelte. Rimettiamo in discussione tutto questo, e con questo i pilastri stessi dell’Unione Europea e gli interessi di centinaia di migliaia di aziende. Se ce la fai determini uno scatto di qualità “umana” nella società che è rivoluzionario.