mercoledì 30 aprile 2008

1 maggio

da ArciReport


L'unità del lavoro questione centrale



Alla vigilia del 1° Maggio, si è celebrata la giornata mondiale per la sicurezza sul lavoro. È incredibile, ma ancora nel mondo due milioni di persone muoiono ogni anno di lavoro. Un bilancio che raggiunge le punte più alte nei paesi in via di sviluppo dell'Africa e dell'Asia, ma non risparmia neppure quelli industrializzati. In Italia i morti sono oltre mille l'anno, quattro al giorno: un bollettino di guerra inaccettabile per uno dei paesi più ricchi e progrediti, tanto più che queste morti non sono frutto di fatalità, ma quasi sempre dell'avidità di imprese irresponsabili che si ostinano a ignorare le norme sulla sicurezza. Eppure nel nostro Paese abbiamo leggi avanzate in materia, ma troppo spesso disattese per insufficienza o negligenza dei controlli. Giustamente Cgil Cisl e Uil hanno scelto di dedicare il 1° Maggio a questo tema, un'emergenza che chiama in causa molte responsabilità, ma anzitutto quella delle imprese.La Confindustria elegge il suo primo presidente donna, e questa è di per se una novità positiva. Meno incoraggiante è stato l'esordio della signora Marcegaglia, non certo per la sua comprensibile apertura di credito al nuovo governo, quanto per la conferma dei toni oltranzisti di un sindacato delle imprese che continua a chiedere risarcimenti e benefici in nome dei propri profitti e si mostra incapace di assumere il punto di vista dell'interesse nazionale. Continuano a raccontarci che diritti del lavoro e tutele sociali sarebbero un freno alla crescita del Paese, mentre in realtà il potere d'acquisto dei salari scende a livelli insostenibili e la precarietà del lavoro condanna milioni di persone alla marginalità e all'insicurezza. Una situazione che mette a rischio gli stessi diritti di cittadinanza e la qualità della nostra democrazia. Una grande questione sociale che non può non vedere l'impegno dell'Arci, che infatti lunedì prossimo presenta la nuova edizione del concorso cinematografico "Obbiettivi sul lavoro". Perché anche con gli strumenti della cultura si può informare, sensibilizzare, animare la battaglia per i diritti.

mercoledì 23 aprile 2008

pubblichiamo il documento approvato dal coordinamento nazionale di SD e la lettera di Fabio Mussi


1. Sinistra Democratica trae dall’esito della campagna elettorale la convinzione che, per le sorti del nostro Paese di fronte alla netta vittoria della destra, costruire la presenza ed il radicamento della sinistra sia irrinunciabile.

2. Intendiamo metterci subito al lavoro nelle diverse realtà del Paese perché sia possibile, ripartendo con un processo politico difficile ma necessario, dare fiducia e speranza a militanti, elettori ed elettrici, cittadine e cittadini, che abbiamo incontrato nel corso della campagna elettorale e che ringraziamo per l’impegno speso. A tutti questi e ai tanti che, delusi, si sono allontanati anche dal voto, chiediamo di essere con noi per costruire insieme un progetto per il Paese.

3. Ci rivolgiamo alle altre forze politiche della sinistra, impegnate come noi in una discussione approfondita che pienamente rispettiamo, sollecitandole a compiere ognuna nella propria autonomia passi decisivi nella direzione di un processo unitario che ora più che mai non può conoscere battute d’arresto.

4. Siamo stati consapevoli sin dall’inizio che questo processo di costruzione della sinistra italiana non può avvenire se insieme alle forze politiche non entrano in gioco i tanti e i diversi soggetti di una sinistra diffusa, presente nel territorio e ricca di esperienze e di partecipazione democratica.

5. Ognuna di queste realtà – e noi per primi - deve ora mettersi al lavoro affinché in un percorso costituente da aprire subito si definiscano valori, contenuti, programmi di un progetto che ha come obiettivo la costruzione di una sinistra in Italia nell’insieme delle sue fondamentali culture politiche, ispirata ad un nuovo socialismo e forte di una cultura di governo capace di interpretare e raccogliere le sfide che il Paese ha di fronte.

6. Sul piano politico sarà possibile contrastare la destra solo a partire dalla costruzione di un nuovo centrosinistra in Italia. Da soli non si è vinto, né si potrà vincere domani. Oggi è necessario alzarsi in difesa dei principi che fondano la Carta Costituzionale, opponendosi allo stravolgimento delle regole fondamentali della nostra democrazia politica rappresentativa. Il centrosinistra governa in tante città, province e regioni. Ci aspetta già nei prossimi giorni un appuntamento che riguarderà quasi tutte le province siciliane. Nei primi mesi del prossimo anno andranno al voto le più grandi città italiane e le principali province. Vogliamo dire fin d’ora che questo patrimonio politico va difeso e rafforzato, a cominciare dal ballottaggio che interesserà la provincia e la città di Roma. Rivolgiamo pertanto un appello forte alle donne e agli uomini di sinistra per recarsi alle urne, votare il centrosinistra, impedire alla destra di conquistare il governo della Capitale.

7. Rivolgiamo un saluto affettuoso a Fabio Mussi, il suo lavoro di questi anni è stato prezioso e profondo, siamo sicuri che tornerà presto, ristabilito da una degenza non breve, ad occuparsi della politica come ha sempre fatto e come abbiamo bisogno ritorni a fare.

8. Indichiamo ad ogni realtà territoriale di convocare assemblee nelle quali compiere un esame del voto e porre le condizioni per un rilancio immediato della nostra iniziativa politica. Sabato 10 maggio si terrà a Roma la Riunione del Comitato Promotore nazionale nel quale discutere delle prospettive politiche della sinistra italiana.

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Cari compagni e care compagne,
Ci sono dei numeri nelle analisi che sto svolgendo qui a Bergamo che mi obbligano ad ulteriori accertamenti ed interventi terapeutici.
Mi dispiace che il caso abbia voluto far precipitare insieme problemi privati e guai pubblici, tuttavia, ad impossibilia nemo tenetur.
Non sono manifestatamente in grado di riprendere l’attività politica, e del resto i trapiantati come me, anche quando le cose vanno bene, si prendono tutti molti mesi.
Vi prego di informare i compagni del direttivo.
A parte le questioni politiche, che richiedono persone nuove e una nuova generazione, è evidente che non posso mantenere il ruolo di coordinatore nazionale.
Naturalmente io ci sarò, nel contributo che posso dare, di elaborazione politica ed intellettuale per riprendere daccapo il discorso su una sinistra all’altezza dei tempi e che serva all’Italia.
Un abbraccio fraterno
Fabio Mussi


Bergamo, 21 aprile 2008

sabato 19 aprile 2008

Una Sinistra unitaria e plurale resta la strada

di Fulvia Bandoli

Sarà un pezzo più lungo di quelli che scrivo di solito, me ne scuso. Ma il momento è serio. Il Popolo delle libertà e la Lega stravincono le elezioni, il Pd resta inchiodato a oltre nove punti di distanza , Berlusconi torna al governo, la Sinistra Arcobaleno subisce una sconfitta storica e per la prima volta non entra in Parlamento. Siamo stati penalizzati dall’appello ossessivo al voto utile ( tanti elettori di sinistra hanno votato Pd illudendosi di poter battere Berlusconi ma il loro voto non è servito) e dall’astensione di un’altra parte
delusa dall’operato del Governo Prodi appoggiato anche dalle forze di sinistra.
Questi due elementi però non spiegano una sconfitta tanto bruciante maturata nell’ultimo anno, e che deriva dai nostri enormi e persino incredibili errori.
Non abbiamo convinto gli elettori che avevano votato a sinistra nel 2006, non abbiamo conquistato nuove forze. La Sinistra Arcobaleno in versione lista elettorale finisce qui. Quando nacque il Pd dicemmo che era un terremoto politico, che nulla sarebbe più stato come prima. Che nessuna delle forze della sinistra poteva da sola rispondere al vuoto che si creava a sinistra del Pd: che era necessaria e urgente una sinistra unitaria e plurale, un nuovo soggetto politico. Ma tra il nostro dire e il nostro fare c’è stato di mezzo il mare. Abbiamo sprecato un anno . Nonostante gli Stati Generali in dicembre , dove tutti i dirigenti della sinistra politica si erano dichiarati pronti a promuovere e a farsi “travolgere” da una costituente della Sinistra , capace di risvegliare la partecipazione alla politica, pochi giorni dopo tornavano a prevalere chiusure, piccoli egoismi e nessuna costituente è partita nei territori. Siamo così arrivati tardi all’appuntamento delle elezioni anticipate, solo con una lista elettorale ( la Sinistra Arcobaleno), senza una idea di sviluppo di questo paese, senza un progetto chiaro e credibile per il dopo elezioni, noncuranti di ristabilire un minimo di radicamento sociale. Abbiamo puntato tutto sul fatto che la sinistra rischiava di scomparire, che bisognava difenderne l’esistenza. Questo appello non poteva essere sufficiente perché per quanto un elettore di sinistra sia sensibile al mantenimento di una Sinistra nel suo Paese egli vuole capire come sarà, dove lo porta, quali politiche concrete propone per cambiare in meglio la vita delle persone, quali principi mette a base del suo progetto. E vuole anche democrazia nelle scelte programmatiche, nella elezione dei gruppi dirigenti, nella definizione delle liste, condivisione e partecipazione. Senza democrazia diventa asfittico qualsiasi organismo politico ( oppure diventa leaderistico e personalistico come sono il PDL e il PD). Senza partecipazione siamo stati percepiti come uno dei tanti ceti politici che cercano di salvare loro stessi, e questo, per una sinistra che aveva denunciato la crisi della politica e si era proposta di cambiarla nelle forme e nei modi è risultata una contraddizione enorme. Se ci guardiamo intorno siamo, paradossalmente, noi dirigenti della Sinistra Arcobaleno quelli che più di tutti gli altri risultano travolti dalla pesante critica che montava, spesso con analisi che io non ho condiviso, dalla cosiddetta antipolitica. E a questo voglio aggiungere che l’aver dato una immagine totalmente maschile è stato un limite serissimo che denuncia una cecità profonda e mai superata.
Se sono vere anche solo una parte delle cose che ho scritto fin qui è chiarissimo che siamo di fronte ad una mole enorme di problemi da capire e da risolvere se vogliamo pensare ad una ripartenza. Per ricominciare bisogna avere chiare le ragioni di una sconfitta, rimettere mano in fretta alle pratiche politiche sbagliate che hanno condotto a quegli errori, cambiare con la democrazia ( e non con sommarie rese dei conti) coloro che dirigeranno in futuro l’eventuale progetto di rilancio. Ma bisogna anche dirsi con chiarezza e senza prese in giro qual’è la proposta politica e il progetto di paese che vogliamo rimettere in campo. Ho scritto tante volte della Sinistra che vorrei e non potrei adesso scrivere cose diverse . Vedo moltiplicarsi in questi giorni convulsi appelli di ogni genere ma ciò che li accomuna è un dato chiaro: la richiesta di tornare ognuno nei propri accampamenti e nei vecchi perimetri culturali. Il solito ritornello che vuole i comunisti con i comunisti, i verdi con i verdi, i socialisti con i socialisti..ripropone solo la congenita e maledetta incapacità delle varie culture della sinistra italiana a stare insieme. E’ una resa. Credo che ognuna di queste culture politiche per quanto ben organizzata non possa, da sola, andare da nessuna parte. Temo che andrebbe solo verso il suo esaurimento. Sento anche che alcuni altri ( pochi per fortuna) propongono di trasferirci armi e bagagli nel Pd : mi pare anche questa una proposta disperata e sbagliata. Se siamo uomini e donne di sinistra come potremmo ritrovarci in un partito che , per sua stessa ammissione non è e non vuole essere un partito di Sinistra? Tutte le ipotesi che ho elencato rinunciano alla sfida che resta intatta davanti a noi e che ci è caduta addosso quando è nato il Pd : come e chi ridarà forza ad una sinistra in italia? Come ricostruirla? E su quali basi? Dobbiamo tenere i nervi saldamente ancorati alla ragione perché in un momento tanto grave i gesti istintivi e frettolosi possono apparire più semplici, ma in genere sono sostenuti da poco pensiero e rischiano di diventare altri errori che si accumulano a quelli già fatti. Io penso che resti tutto intero davanti a noi l’obiettivo di una sinistra unitaria e plurale perché ritengo maturo ( anzi oramai quasi scaduto) il tempo nel quale le culture più storiche della sinistra possano convivere insieme a quelle più recenti e nuove ( quelle nate dall’ecologia scientifica, dal pensiero della differenza di sesso e dalla libertà femminile, dalla critica alla globalizzazione). E del resto quanti di noi interrogando la loro coscienza ( e anche la loro pratica politica quotidiana) potrebbero dirsi oggi solo e soltanto comunisti, o solo socialisti o soltanto verdi? Siamo molte culture ( ognuno di noi ne raccoglie nel suo intimo molte più di quel che ci diciamo) e insieme dobbiamo cercare di radicare nel paese una sinistra unitaria e plurale. Che non può essere la somma di tanti partitini e dei suoi gruppi dirigenti, ma un soggetto politico nuovo.
Per quel che attiene al progetto riparto anche qui da cose già dette :
“Se non si cresce non c’è nulla da ridistribuire. La crescita prima di tutto e il Pil come totem” Questo è stato il tema della campagna elettorale del PDL ma purtroppo è diventato anche il motivo dominante di quella del Pd. La Sinistra parte da altri presupposti: è una forza politica che vede il mondo e le sue contraddizioni globali e ha il coraggio di dire al Paese cosa deve crescere e cosa invece deve decrescere. Devono crescere, ad esempio,i servizi immateriali, i trasporti di merci su ferro e per mare e i mezzi pubblici per le persone, il risparmio energetico e le energie rinnovabili, il salario e gli stipendi, la sicurezza e il ruolo sociale del lavoro, l’agricoltura non modificata, le reti idriche, l’edilizia di manutenzione e di recupero , l’impresa sociale, i diritti. Devono diminuire le rendite, le speculazioni edilizie e finanziarie, l’uso di cemento che ci vede tra i primi Paesi nel mondo, il trasporto di merci su gomma, la dipendenza dal petrolio, il numero di automobili, la chimica più inquinante, le spese per armamenti ( che negli ultimi dieci anni toccano il picco). La chiave di volta è una idea di sviluppo fondata sulla riconversione ecologica di settori importanti della nostra economia. Una diversa concezione dei consumi,dei cicli produttivi e delle merci. Lanciare allarmi sui cambiamenti climatici e sui limiti delle risorse naturali non vale nulla se si rinuncia ad indirizzare lo sviluppo verso altri fini, anche attraverso indirizzi chiari e forti dello Stato in economia.
Il cambiamento del modello di sviluppo liberista è il nostro obiettivo e la riconversione ecologica dell’economia è l’insieme di riforme da mettere in campo per conseguirlo. Spesso la Sinistra non ha saputo vedere quanta giustizia sociale passi attraverso la riconversione ecologica, e ha sbagliato. Proviamo a pensare all’acqua. Di quale giustizia sociale si può mai parlare in un mondo nel quale una parte enorme di persone non ha accesso all’acqua e da qualche settimana neppure al cibo minimo? Che l’acqua resti un bene comune, un diritto, e che la gestione delle reti resti pubblica è una scelta precisa, di sinistra, redistributiva, antiliberista. Il Pil misura in modo indifferenziato la produzione di un Paese, non ci parla degli squilibri. Il Pil non misura i diritti e non li garantisce, non riequilibra le risorse, non ci parla di democrazia, non si cura della sicurezza sul lavoro, non ci dice che stiamo consumando troppo territorio agricolo, che cementifichiamo le coste
( vera risorsa per un turismo di qualità), che abbiamo il 40 per cento di acqua che si disperde . Il Pil è un indicatore nudo e crudo.
Lo consideriamo, ma non è la bussola della Sinistra. A noi interessa il benessere economico netto . Il disco rotto della crescita indifferenziata gira sul piatto da molti anni. E da molti anni nulla di buono cresce. Noi lavoriamo invece per l’aumento della qualità sociale e ambientale dello sviluppo. Se queste ( e molte altre ancora) sono alcune delle nostre idee, dalle quali derivano progetti di cambiamento che migliorano la vita delle persone, un altro nodo va sciolto al nostro interno.
Si tratta del fatto se la Sinistra alla quale pensiamo debba avere oppure no una cultura di governo. Che non vuole dire stare al governo. Io provengo da una forza politica, il Pci, che aveva una solida cultura di governo. Che sapeva misurarsi con tutti i problemi che i lavoratori, i cittadini, gli insegnanti, i tecnici, le città come organismi complessi presentavano. Si può stare all’opposizione con una solida cultura di governo e ottenere risultati importanti, si sta spesso al governo per anni senza ottenere alcun risultato e senza governare ( la Campania insegna). Ebbene io penso che una sinistra unitaria e plurale per diventare una forza popolare, radicata socialmente, presente sui problemi del territorio debba avere una cultura di governo su tutti i temi che si aprono davanti a noi in questo secolo così difficile. Nessuno escluso, anche quelli che ci imbarazzano di più o che vedono una nostra elaborazione assai scarsa. Parlerei di egemonia, una parola fondante per la sinistra, ma non vorrei aprire un confronto filosofico.
Da ultimo le forme, i modi, le relazioni, le nostre parole. L’unica forma per organizzare una forza politica di qualsiasi genere è la democrazia. Nessuno accetta più, a sinistra di vivere senza democrazia. Se la Pdl e il Pd hanno scelto il modello leaderistico e personale di tanti uomini soli al comando io ritengo che la Sinistra non possa farlo perché negherebbe in radice la sua natura. I modi sono quelli della trasparenza delle scelte, della partecipazione e dell’ascolto, del ritorno ad organizzazioni territoriali e a rete.
Le relazioni sono quelle tra le persone nelle quali si riconosce ad ogni livello e si rispettano le differenze e la presenza e la libertà di tutti e due i sessi. Le parole nuove ce le dobbiamo inventare tutti e tutte insieme, e non sarà facile perché spesso, parlando quasi sempre tra noi abbiamo assunto un linguaggio autoreferenziale e incomprensibile a chi ci ascolta, ai giovani in particolare. Vedo in questi giorni tentativi sommari di trovare capri espiatori, di consumare rese dei conti. Inutili pratiche, vecchie come il mondo.
Chiarito il percorso che vorranno fare tutti coloro che non sono disponibili a tornare dentro i recinti di prima allora democraticamente e con un forte collegamento con i territori dovremo trovare tutta la democrazia che serve per eleggere in modo trasparente chi dovrà portare più responsabilità di altri. Vendola nella sua intervista di ieri ha detto un nuovo gruppo dirigente che comprenda al suo interno anche una nuova generazione, e io concordo. Dice anche che si potrebbe pensare ad una direzione duale ( un uomo e una donna), può essere e sarebbe un fatto nuovo. Ma la condizione è che percorsi, programmi, persone vengano scelte con la democrazia e con il voto. Abbiamo fretta da una parte ma abbiamo anche un po’ di tempo. Rifondazione è alle prese con un dibattito congressuale difficile che io rispetto e che credo vada svolto. Ma pur seguendo con attenzione quella riflessione non è detto che nel frattempo si debba restare fermi. Ripartiamo dal territorio, dai gruppi unitari che si sono formati in tante realtà, dalle case della sinistra, dalle associazioni che sono disponibili, dagli eletti nei comuni, nelle province e nelle regioni. Costruendo attorno a loro partecipazione , legame con i territori e discussione politica. Riuniamoci, compagne e compagni, diciamoci tutto quello che pensiamo…e poi, finite le critiche e le invettive, rimettiamoci in cammino.

venerdì 11 aprile 2008


si vota domenica dalle 8 alle 22 e lunedi dalle 7 alle 15.fai una croca sul simbolo di SINISTRA ARCOBALENO, non si esprimono preferenze.presentarsi al seggio con un documento di riconoscimento e la tessera elettorale

Per la Sinistra Arcobaleno, quella di oggi e quella di domani


di Fulvia Bandoli

Se non si cresce non c’è nulla da ridistribuire. La crescita prima di tutto e il Pil come totem. Questo è il tema della campagna elettorale del PDL ma purtroppo è diventato anche il motivo dominante di quella del PD. Dopo aver rotto con la Sinistra Arcobaleno il Pd si definisce un partito di centro democratico, o semplicemente di centro, come dice Marco Follini che riconosce il Pd come la nuova Dc.
La Sinistra Arcobaleno parte da altri presupposti: una forza politica che vede il mondo e le sue contraddizioni globali ha il coraggio di dire al Paese cosa deve crescere e cosa invece deve decrescere. Devono crescere, ad esempio,i servizi immateriali, i trasporti di merci su ferro e per mare e i mezzi pubblici per le persone, il risparmio energetico e le energie rinnovabili, il salario e gli stipendi, la sicurezza e il ruolo sociale del lavoro, l’agricoltura non modificata, le reti idriche, l’edilizia di manutenzione e di recupero , l’impresa sociale, i diritti. Devono diminuire le rendite, le speculazioni edilizie e finanziarie, l’uso di cemento che ci vede tra i primi Paesi nel mondo, il trasporto di merci su gomma, la dipendenza dal petrolio, il numero di automobili, la chimica più inquinante, le spese per armamenti ( che negli ultimi dieci anni toccano il picco). La chiave di volta è una idea di sviluppo fondata sulla riconversione ecologica di settori importanti della nostra economia. Una diversa concezione dei consumi,dei cicli produttivi e delle merci. Lanciare allarmi sui cambiamenti climatici e sui limiti delle risorse naturali non vale nulla se si rinuncia ad indirizzare lo sviluppo verso altri fini, anche attraverso indirizzi chiari e forti dello Stato in economia. Il cambiamento del modello di sviluppo liberista è il nostro obiettivo e la riconversione ecologica dell’economia è l’insieme di riforme da mettere in campo per conseguirlo. Spesso la Sinistra non ha saputo vedere quanta giustizia sociale passi attraverso la riconversione ecologica, e ha sbagliato. Proviamo a pensare all’acqua. Di quale giustizia sociale si può mai parlare in un mondo nel quale una parte enorme di persone non ha accesso all’acqua? Che l’acqua resti un bene comune, un diritto, e che la gestione delle reti resti pubblica è una scelta precisa, di sinistra, redistributiva, antiliberista. Il Pil misura in modo indifferenziato la produzione di un Paese, non ci parla degli squilibri. Il Pil non misura i diritti e non li garantisce, non riequilibra le risorse, non ci parla di democrazia, non si cura della sicurezza sul lavoro, non ci dice che stiamo consumando troppo territorio agricolo, che cementifichiamo le coste ( vera risorsa per un turismo di qualità), che abbiamo il 40 per cento di acqua che si disperde . Il Pil è un indicatore nudo e crudo.
Lo consideriamo, ma non è la bussola della Sinistra. A noi interessa il benessere economico netto . Il disco rotto della crescita indifferenziata gira sulla piastra da molti anni. E da molti anni nulla di buono cresce. Noi lavoriamo invece per l’aumento della qualità sociale e ambientale dello sviluppo. Questo è un pezzo del nostro programma, un tratto della cultura politica della Sinistra che vorrei.
Quella di oggi è una sinistra unita in una lista elettorale, un passo avanti non scontato, un primo segnale. Quella di domani dovrà essere una nuova forza politica. Oggi non stiamo insieme perché ci sono le elezioni. Stiamo insieme perché è nato il Pd. La nostra proposta politica, culturale, programmatica non si ferma al 13 Aprile. Dopo il voto non possiamo riporre il simbolo in un armadio e tornare ognuno nei propri perimetri precedenti. Ci è toccato un compito: ricostruire una Sinistra in questo paese. E’ una sfida enorme e di frequente misuro la mia inadeguatezza. Confido però in quell’ agire politico collettivo che altre volte ha superato le nostre singole e umane debolezze. Ma dopo il voto non basterà neppure restare insieme….dobbiamo traformarci in una Sinistra popolare, radicata socialmente, plurale nelle sue culture, aperta alla partecipazione e democratica nelle decisioni, capace di una cultura che si misuri con le contraddizioni dello sviluppo e che sappia proporre soluzioni alternative e credibili. Coloro che guardano alla Sinistra Arcobaleno, e che la votano , vogliono partecipare ad un progetto, contribuire alla costruzione, mettersi in gioco. Trovo dunque molto azzeccata l’idea di ritrovarci a Firenze il 19 Aprile e ringrazio Ginsborg e tutti coloro che l’hanno proposta.

giovedì 10 aprile 2008

Lettera a Berlusconi e Veltroni: l’Italia non è cosa vostra!



Il candidato premier del Partito democratico, Valter Veltroni, ha mandato al candidato premier del Popolo delle libertà, Silvio Berlusconi, una lettera in cui gli propone una sorta di “patto a due” per il rispetto delle istituzioni democratiche e repubblicane.

Il fatto che il Pd, dopo aver scelto di rompere con la Sinistra, cerchi un’interlocuzione a destra è già di per sé preoccupante, ma il vero campanello d’allarme è che Veltroni tratti questioni pubbliche come un affare privato: finora questa deriva culturale e politica era stata patrimonio della sola destra. E non è cosa da poco: Veltroni (che non ha nessun incarico) chiede a Berlusconi (che non ha nessun incarico) di sottoscrivere un patto (privato) a salvaguardia di istituzioni pubbliche.

Assistiamo probabilmente ad un assaggio di quell’idea di politica italiana che Veltroni e Berlusconi vorrebbero imporre a tutti, con un intervento pesante e lesivo delle libertà. È l’americanizzazione della politica italiana, con due soggetti politici che discutono dei “dettagli” ma che hanno sullo sfondo la stessa idea di società.

La Sinistra l’Arcobaleno è l’unica forza che si candida a resistere a questa pericolosa deriva, a questo tentativo di ingabbiare la realtà politica, di legarla in una camicia di forza:



per far vivere la sinistra in Italia,



per lasciare aperto lo spiraglio verso un altro modello di società,



il 13 e il 14 aprile c’è bisogno, oggi più di prima,



di un voto di parte…

martedì 8 aprile 2008

INGRAO: "Votate Sinistra Arcobaleno"

8 Aprile 2008
INGRAO: VELTRONI TROPPO MODERATO PER BATTERE BERLUSCONI
autore: redazione

Veltroni è “troppo moderato per battere Berlusconi”. Lo dice Pietro Ingrao, padre nobile della sinistra italiana, che a 93 anni mantiene tutta la sua combattività: “Non mi convince per nulla il modo in cui cerca di sconfiggere Berlusconi. Ha fatto un grande errore politico, quello di rompere con la sinistra. Non ha realizzato l’unità degli antiberlusconiani, avrebbe dovuto costruire un’alleanza tra i moderati come lui e la sinistra e, invece, non l’ha fatto”.
Ingrao su "Liberazione", indica 3 ragioni per votare la Sinistra Arcobaleno: innanzitutto “la lotta in difesa del lavoro e dei lavoratori”; subito dopo viene la pace, “una parola oggi cancellata”; infine la necessita’ di “sconfiggere il berlusconismo. Berlusconi è il simbolo di una reazione padronale di carattere repressivo e selvaggio. Sapra’ pure parlare bene, porta belle cravatte, ha il cerone sul volto, ma - conclude Ingrao - non dimentichiamo che e’ un reazionario. Se vince lui la situazione in questo Paese diventa drammatica”

lunedì 7 aprile 2008

intervista a Mussi

Dal Pd un ricatto elettorale, al Senato leveremo seggi alla destra'

«Un´intervista inaudita. Franceschini prova forse a prenderci per i fondelli?».

Ha lanciato un appello agli elettori della sinistra.
«No, è un vero e proprio ricatto elettorale. Prima il Pd ci scarica e ora, in extremis, di fronte ad una possibile, probabile sconfitta ecco che mette le mani avanti e si prepara ad addossarci la responsabilità del flop. Se Berlusconi vince, è colpa della sinistra che non vota Veltroni. Ma per favore. Io allora l´accusa la rovescio per intero».

In che modo, ministro?
«Mon ami, Ralph Nader c´est vous, siete voi del Pd. Mica Bertinotti».


Tesi piuttosto ardita. Va spiegata.
«La competizione si sta giocando esattamente con le regole che il Pd ha voluto, le squadre si affrontano con lo schema perseguito ostinatamente da Veltroni: la competizione con Berlusconi senza la sinistra. Non l´abbiamo certo voluta noi la fine del centrosinistra».

Ma anche per Rifondazione e la sinistra, dopo il governo Prodi, la fase dell´Unione era chiusa.
«Con i miei amici della Sinistra arcobaleno ho insistito molto, all´indomani della crisi di governo, per un incontro con Veltroni, per capire che margini c´erano. Noi la mossa l´abbiamo fatta ma dall´altra parte abbiamo trovato un muro. Il leader del Pd, alla fine, fece filtrare l´idea di una separazione consensuale. Ma quando mai: la scelta fu loro. Al diavolo la sinistra. Però stranamente in certi casi i voti della sinistra non olent, non puzzano».

Quando?
«Al comune di Roma, alle regionali in Sicilia, in centinaia di comuni in tutta Italia, dove il Pd si presenta insieme a noi».

La partita fra Veltroni e Berlusconi non si gioca sul filo dei voti?
«Non credo, ma ammesso e non concesso l´uscita di Franceschini è anche tecnicamente sbagliata: al Senato la Sinistra toglierà più seggi al Pdl che al Pd. Conti alla mano. Una ragione in più per impegnarsi al massimo, ovunque, a superare lo sbarramento dell´otto per cento. Scaricare su di noi è troppo facile e comodo, sia in chiave pre-elettorale ma anche post-elettorale...».


Allude ad una resa dei conti all´interno del Pd, in caso di sconfitta?
«Non metto bocca, le dinamiche interne del Pd sono cose che non mi riguardano più. Certo che a rovesciare su di noi i problemi loro, sono piuttosto abituati. Come per i 20 mesi di governo. Avevano 20 ministri su 25, il presidente del Consiglio, due vicepremier. Molti onori e molti oneri. Invece, se a Palazzo Chigi le cose non hanno funzionato, di chi è la colpa? Ma è ovvio: del ministro Mussi, di Ferrero, di Pecoraro. Ma ci sarà in quel partito qualcuno che si assume una responsabilità, 'adsum qui feci', come citava spesso Alessandro Natta? Comunque, nelle parole di Franceschini c´è qualcosa di ancora più inquietante, che mi fa rizzare i capelli».


Addirittura?
«Il presidenzialismo di fatto, che si realizzerebbe nel nostro paese con la vittoria di Veltroni o di Berlusconi, al tempo stesso premier, segretario di partito e capo della maggioranza parlamentare. Vorrei ricordare a Franceschini che l´Italia è un regime parlamentare. E che meno di due anni fa abbiamo chiamato il popolo italiano ad un referendum per bocciare la riforma costituzionale della destra, a forte impalcatura presidenzialista. Adesso il vicesegretario pd ci propina l´elogio di tutti i poteri al leader. Ce lo dica: si preparano a ripresentare insieme a Berlusconi quella stessa controriforma bocciata dagli italiani?».


Appello al voto pro-Veltroni rispedito al mittente.
«Di più. Lo faccio io un appello, al vecchio elettorato dei Ds. Date un voto che garantisca le persone che si sentono di sinistra, fate in modo che siano rappresentate, e perché in futuro si possa tenere aperta una prospettiva di governo di centrosinistra. Influendo sulla politica del Pd».

contro la precarietà


7 Aprile 2008
Contro la precarietà, perchè un mondo migliore è possibile
autore: redazione

Lo ripetiamo ormai da così tanto tempo che ci sembra quasi banale continuare a farlo: siamo contro la precarietà. Suona banale anche perché apparentemente anche le altre forze politiche (specialmente in campagna elettorale) si dicono contro la precarietà.
Noi siamo contro alla precarietà sia come incertezza contrattuale, sia come precarietà di vita, come deprivazione del futuro. Per questo dedichiamo a “Diritti del lavoro e lotta alla precarietà” la nostra quarta e ultima giornata tematica.

***

La precarietà è lo strumento attraverso il quale si è riusciti ad annullare le conquiste della sinistra italiana, pur senza cancellarle direttamente: lo Statuto dei lavoratori, massima architettura legislativa in difesa dei diritti di chi lavora, è ancora in piedi eppure oggi i padroni, attraverso leggi liberiste, possono aggirarlo.
Ma non è solo questo. La precarietà è iniziata come un problema contrattuale (il pacchetto Treu che ha introdotto figure come il cococo, e poi la legge 30 del governo Berlusconi, che ha trasformato i contratti di lavoro in merce da supermarket), ma oggi investe in pieno da un lato l’intero sistema produttivo (ivi compresi i dipendenti con contratto a tempo indeterminato) e dall’altro le vite stesse dei lavoratori.
Il sistema produttivo italiano infatti, travolto dalla globalizzazione neoliberista, ha messo in mostra tutte le sue anomalie, dall’assetto “familiare” del capitale all’incapacità di una classe politica di dare risposte convincenti, fino ad arrivare alla situazione attuale. Persino oggi in cui è evidente che il sistema neoliberista sta entrando in forte crisi (vedi negli Usa la situazione drammatica dei mutui e delle banche), la classe politica italiana (questa volta sì in maniera bipartisan) sembra non avere ricette alternative e allinearsi con le posizioni più di destra. Forse ancora troppo piena dell’idea del “dio-mercato” (il mercato come il migliore strumento possibile per dividere le risorse tra la gente) ancora oggi ripropone le stesse ricette: liberalizzazioni, riduzione delle tasse, privatizzazioni, abbassamento del costo del lavoro.

domenica 6 aprile 2008

L’Arcobaleno vive anche nell’arte di Ceroli


Mario Ceroli ha donato una statua alla Sinistra l’Arcobaleno.
Ceroli, tra i più riconosciuti scultori italiani ha anche firmato, assieme ad altre 424 personalità del mondo dell’arte, della cultura, della politica e del sindacato, l’appello per il voto a La Sinistra l’Arcobaleno.

INFO:
- chi è Mario Ceroli: visita il suo sito (www.ceroli.com) per la sua biografia e le immagini delle sue opere

sabato 5 aprile 2008

Ciro, dalla strage al parlamento

da il manifesto del 4 aprile
Il voto operaio a Torino dopo la tragedia ThyssenKrupp. Confronto a distanza tra Argentino, comunista e «mod», candidato della Sinistra, e Antonio Boccuzzi, candidato a reti unificate da Veltroni. Fiom il primo, Uilm il secondo «In fabbrica c'è delusione per quel che il governo non ha fatto e per quel che ha fatto. Io riesco a parlare con gli operai perché mi riconoscono. Unità a sinistra. Senza forzature»
Loris Campetti
Torino


«Se vado davanti a una fabbrica con i volantini a parlare agli operai non mi fischiano. Perché sono della ThyssenKrupp, mi riconoscono». E' per un sentimento di rispetto e di solidarietà, più che per lo schieramento che l'ha candidato - Sinistra Arcobaleno - che Ciro riesce a fare con successo campagna elettorale nelle fabbriche. Nella sua, quel che ne resta, dopo l'incendio in cui sono morti 7 suoi compagni, al petrolchimico di Gela, alla Fiat di Cassino, a Mirafiori. «Cosa mi resta di quella maledetta notte? Il volto di Antonio, Antonio Schiavone, l'unico amico vero che avessi in fabbrica. Era uno skin ma non di destra, ci capivamo. Aveva due bambini piccoli e una bambina di due mesi. Pensa che anche suo padre era morto sul lavoro». Durante la tragedia, un compagno dopo l'altro che se ne andava, Ciro Argentino ha appreso la notizia che sua moglie aspetta un bambino, il primo: «Pensa come posso essermi sentito, un impasto di gioia e disperazione.
La bandiera rossa sul Cremlino
37 anni, il delegato Fiom più votato dai lavoratori e oggi capolista della Sinistra Arcobaleno alla Camera, Piemonte 1, Ciro non è nuovo alla politica. Non si sente il coniglio (brutta parola per un operaio torinese) tolto dal cilindro per strumentalizzare a fini elettorali i sette operai bruciati, anche se c'è voluto il gesto clamoroso di Diliberto per farlo risalire dalla sesta posizione («che rispettosamente avevo rifiutato») al primo posto. «Forse strumentalizzato all'1%, altri lo sono al 99%», non dice di chi parla ma non ci vuole molto a capirlo. Lui si è fatto la trafila classica, dalla Lega studenti medi della Fgci («all'Ipsa Galileo Galilei, un professionale anche se la mia passione è la storia, avrei voluto fare il liceo») al terremoto dell'89, lo scioglimento del Pci e infine «la bandiera rossa ammainata dal Cremlino. «Leggevo l'Unità e il manifesto per capire che fine avrebbe fatto quella bandiera». Scelta conseguente, Rifondazione, fino al '98, con la rottura si schiera con il Pdci. Un'esperienza alle spalle da consigliere provinciale. «Speriamo che adesso si apra una fase costituente vera per fare un soggetto unico di sinistra. Ma senza semplificazioni, condivido la posizione di Paolo Ferrero; avremo molto tempo per costruire, senza l'assillo del governo. Non è più stagione del partito di lotta e di governo. Se il Prc tenterà forzature non impiegheremo molto tempo a riprenderci simbolo e libertà e confluire nel gruppo misto. Ma non è questo che spero. Anzi, lavoro per convincere i miei compagni di partito a fare campagna elettorale, magari con due bandiere e il doppio simbolo». E, soprattutto, «falce e martello, che non sono un orpello».
Non bisogna pensare a Ciro come a un comunista vecchia maniera. Nel suo cuore c'è posto per tante cose, per la musica ad esempio. E' un Mod orgoglioso d'esserlo, che vuol dire avere «una concezione diversa della vita, contro la sua mercificazione e contro i valori piccoli borghesi». Musica, raduni, fanzine, divisa classica, Sting più working class, il giaccone parka («un po' come il vecchio eskimo, ma molto meglio») che ogni Mod vorrebbe indossare quando arriverà la sua ora.
Del suo compagno di lavoro Antonio Boccuzzi, candidato a reti unificate da Veltroni, preferisce non parlare, «con Tony abbiamo stretto un patto di non aggressione per tutta la campagna elettorale». Avremmo voluto parlarci noi con Antonio e l'abbiamo inseguito per giorni senza riuscirci, vuoi per motivi di salute vuoi per ragioni che non conosciamo. Sappiamo di lui quel che i suoi compagni di lavoro ci hanno raccontato. Che è il coordinatore della Uilm alla ThyssenKrupp, che negli anni Novanta si era impegnato per aprire un club di Forza Italia pur non essendo organico a Berlusconi ma poi, quando i Ds arruolarono decine e decine di iscritti alla Uilm nelle fabbriche per impedire che la sinistra interna avesse il sopravvento, Antonio fu della partita e «arrivò con i santini Ds in fabbrica», mi racconta un operaio. Quando nel 2006 la Fiom chiese un'assemblea, la direzione della Thyssen negò il permesso, «in aperta violazione sulla legge 300, con la scusa che in seguito a un'incendio nello stabilimento tedesco avevano bisogno di aumentare la produzione qui da noi», raccontano in Fiom. «E sai chi testimoniò a favore dell'azienda e contro di noi? Antonio Boccuzzi». La Fiom fece causa all'azienda che alla fine scelse di patteggiare «e ci ridettero le ore d'assemblea. Per noi fu un successo, molti operai cambiarono tessera e vennero in Fiom». Ma di queste cose Ciro non vuol parlare, della serie «sono un comunista e non ho altro da dichiarare». Anzi, ci tiene a precisare che «quando la Thyssen aprì la crisi a marzo, per dirci a giugno che avrebbe chiuso Torino come noi della Fiom avevamo denunciato dal primo momento, io chiamai i coordinatori di Fim e Uilm e dissi: adesso basta con le storie del passato, dobbiamo lottare uniti, andare avanti insieme. Andò così, e anche con Antonio recuperai un rapporto».
E' uno tosto, Ciro. E' delegato da un solo anno perché la destra Fiom in fabbrica non lo vedeva di buon occhio. Invece Antonio è un vecchio delegato, Rsu e Rsl. Adesso tutti e due, separatamente, girano le fabbriche e i mercati per chiedere voti per due schieramenti diversi. Ma torniamo a Ciro, che non non fa il prezioso e racconta, racconta, non lo fermi più. «C'è una grossa incazzatura operaia, e ai cancelli, per esempio al petrolchimico di Gela, incontri qualche problema. Se riesco a parlare dappertutto è perché mi riconoscono come uno della ThyssenKrupp. Pesano le cose non fatte e quelle fatte in due anni di governo. Ieri ero alla Alstom di Savigliano, sai la vecchia Fiat Ferroviaria venduta ai francesi? Bene, lì ho trovato un clima migliore, forse perché c'è una lotta in piedi contro 150 tagli, gli operai si fermano a parlare». La solita storia: dove c'è un conflitto, la rabbia non si trasforma in chiusura e rifiuto della politica come capita a Mirafiori. «Alla Michelin, invece, è stata più dura. C'è un clima brutto nelle fabbriche e noi abbiamo grosse responsabilità su welfare, precarietà e pensioni. Sulla distribuzione della ricchezza sempre più a vantaggio dei padroni. Pure come sindacati abbiamo le nostre colpe: quel referendum sul welfare era finto. Anche la nuova legge sulla sicurezza del lavoro di Damiano, pur essendo una delle cose meno peggio fatte dal nostro governo, non va bene fino in fondo, sulle sanzioni non ci siamo».
E' figlio d'arte, Ciro. I suoi genitori arrivano a Torino dal Napoletano («sai, la zona dove stanno i 99 posse»), il papà entra in Fiat nell'autunno caldo, Mirafiori meccaniche, sala prova motori, poi Ferriere, quindi ThyssenKrupp: «E' uscito in pensione dodici anni fa, due mesi dopo che sono entrato io. Giusto il tempo per passarmi il testimone. Mia madre invece è entrata in Fiat nel '78 con l'ultima tornata di assunzioni prima dei 35 giorni dell'80 e la cassa integrazione per 24 mila. Ha resistito a tutte le offerte di danaro perché si togliesse dai piedi. Invece nell'86 è rientrata al lavoro, ora è in pensione. Lei è una che ha studiato con i corsi delle 150 ore, una delle conquiste più importanti del Pci e della Cgil».
«Legami d'acciaio»
Dopo un po' di lavoretti, dunque, Ciro entra alla Thyssen. Fa un po' di tutto perché essendo «un rompiballe» viene spesso spostato. Alla fine la sua mansione è da collaudatore «come mio padre». Addetto al reparto dov'è esplosa la tragedia ai trattamenti termici e dacablaggi chimici, addetto macchina. Un buono stipendio, 1.700 euro al mese. Lo incontriamo di ritorno dall'azienda dove è andato a firmare per l'integrazione della cassa integrazione (che non raggiunge i 1000 euro). «Quella mattina alle 5,30 ero davanti alla fabbrica per iniziare il primo turno. Ai cancelli ho scoperto quel che era successo. Alle 6 l'incendio era stato domato e dal quel momento è iniziata la conta dei morti. Dolore e rabbia, perché sai che quella strage è figlia della chiusura, dei disinvestimenti, dell'abbandono dei criteri minimi di sicurezza. Mi è rimasta negli occhi quella tragedia, insieme allo sguardo del mio amico Antonio Schiavone. Vado spesso a trovare la sua compagna, e i suoi tre bambini». Adesso Ciro è preso dalla campagna elettorale. Crede molto nella politica, si impegna a fondo per battere le resistenze dei suoi compagni di partito a cui la lista unitaria con Rifondazione, Verdi e Sinistra democratica va un po' stretta. Non è strumentalizzato, al massimo utilizza la sua riconoscibilità, il suo essere ThyssenKrupp, per parlare con altri operai, con quelli che si sentono abbandonati, lasciati soli da una politica che degli operai si ricorda solo in campagna elettorale, che si accorge che esistono quando muoiono in massa, come i topi nella nave che affonda. «Il mondo del lavoro c'è ancora, magari è diverso ma la classe operaia esiste, mica balle. Persino i contadini esistono ancora, come quelli che muoiono schiacciati dal trattore». Gira come una trottola, Ciro, tra fabbriche, mostre fotografiche e spettacoli teatrali sulla tragedia che gli ha sconvolto la vita, «adesso facciamo il sito Legami d'acciaio». Ma è forte, è allegro, è un Mod. E poi la sua compagna aspetta un bambino. La vita continua. (2/fine. l'altra puntata è uscita ieri 3 aprile)

Titti Di Salvo: La vera protesta contro Binetti, Ferrara e Del Vecchio è votare per la Sinistra l’Arcobaleno

"In democrazia è sempre legittimo esprimere le proprie opinioni e il proprio dissenso.
Per questo è deprecabile ogni forma di protesta che si esprima attraverso atti violenti e aggressioni.
Se vogliamo veramente dare un segnale di protesta democratica nei confronti delle idee intolleranti di personaggi come la Binetti, Ferrara, il generale Del Vecchio e tutti quelli che vogliono chiudere la bocca alle donne, la risposta migliore non sono i lanci di uova, ma è votare per la Sinistra Arcobaleno."

Titti Di Salvo, candidata SA

venerdì 4 aprile 2008


Quello che i media non dicono sulla legge elettorale...facciamo chiarezza:

per non far vincere Berlusconi
bisogna votare La Sinistra-L'Arcobaleno!

Nelle regioni tradizionalmente "rosse" come la nostra, dove è quasi scontata la vittoria del PD, votare la Sinistra L'Arcobaleno vuol dire TOGLIERE SEGGI AL PDL. Non a caso, la simulazione in cui la Sinistra-L'Arcobaleno raggiunge il 9,3% (21 senatori) è anche quella in cui Berlusconi prende meno seggi (154).
Vi speghiamo il perche':

Al SENATO:
Vediamo il caso dell'Umbria. La legge assegna all'Umbria 7 seggi al Senato. Quattro andranno al partito di maggioranza (presumibilmente il PD) gli altri tre verranno divisi tra le forze che raggiungeranno almeno l'8%, ma non è detto che questa percentuale basti. E' facile capire che se La Sinistra-L'Arcobaleno non dovesse ottenere un successo, tutti e tre i seggi andranno a Berlusconi, mentre, se gli elettori premieranno la Sinistra Unita, un seggio andrà alla Sinistra-L'Arcobaleno.

“Il Messaggero”, in uno studio pubblicato pubblicato recentemente, rovescia tutti i luoghi comuni costruiti ad arte sul «voto utile» grazie ad un'operazione di chiarezza che ribalta l'analisi del bipartitismo artificiale Veltroni-Berlusconi prendendo in considerazione le forze principali in campo. L'analisi del Messaggero tracciando quattro scenari constata che «il controllo del Senato non dipende solo dallo scontro diretto Berlusconi e Veltroni», ma soprattutto dal risultato delle altre forze politiche.

Per come è fatta la legge elettorale e per la serie storica di dati tra regioni «bianche» e «rosse» una maggioranza chiara (di destra) con un successo della Sinistra-L'Arcobaleno è quasi impossibile!

I dati provano che chi non vuole far vincere Berlusconi
e non vuole accordi tra PDL e PD deve
votare LA SINISTRA-L'ARCOBALENO.

Mattioli lascia il PD

3 Aprile 2008
Mattioli lascia il PD. ecco i perchè
autore: Sinistraarcobaleno.org

“Lascio il Pd”

Gianni Mattioli lascia il partito di Veltroni: “Incompatibili con l’ambientalismo del fare. I sì devono essere sostenibili”

“Sono un uomo di movimento che non nasconde simpatia per le posizioni di Sinistra Arcobaleno”. Lo dice in un’intervista al Manifesto Gianni Mattioli, fisico, tra i fondatori del movimento ambientalista italiano e tra i sette ecologisti firmatari tempo fa dell’appello pro Pd.

Una scelta, quella dell’allontanamento dal Partito democratico e dell’avvicinamento alla Sinistra Arcobaleno, che Mattioli motiva così: “Vedevo nel Pd la capacità di giocare una vera partita riformista nel paese, ma ho sbagliato”.

I rapporti, spiega ancora Mattioli, “si sono incrinati quando si è iniziato a parlare dell’ambientalismo dei sì. Poi con la stesura del programma la rottura si è consumata definitivamente. Lì si è avuta la conferma: il Pd punta in modo ossessivo sulla crescita e dice sì anche al nucleare. Neanche una parola sulle questioni dello sconvolgimento climatico e sul suo impatto nell’economia e sulle abitudini della gente”.

L’alternativa, per Mattioli, è “disegnare uno sviluppo basato su altri principi. I no al cemento, al Mose di Venezia, agli inceneritori e alle inutili infrastrutture come la Tirrenica, sono accompagnati da molti sì: come il restauro dei centri storici, il recupero dell’abbandonato, il ferro, il treno, l’eolico. Un principio che si basa sul limite delle risorse”.

Su Sinistra Arcobaleno Mattioli rileva come “le questioni dell’ambientalismo e della non violenza” siano al centro della nuova forza di sinistra. L’ex parlamentare verde su Legambiente, di cui è stato tra i fondatori, afferma di stimare l’attuale presidente Vittorio Cogliati Dezza: “Sono convinto che toglierà dall’angolo l’associazione”.

giovedì 3 aprile 2008

non dimentichiamo la Costituzione

da "Arcireport"

Mentre si avvicina la scadenza elettorale, si celebra il sessantesimo della Costituzione italiana. C'è un nesso importante fra i due eventi perché, se pure il referendum del 2006 aveva bocciato la riforma della destra, la nostra Costituzione è tutt'ora in pericolo. Non solo per l'eventualità che quella stessa destra torni al governo, ma anche per le ambiguità e la sottovalutazione che riscontriamo su questo tema nel dibattito politico. È sempre in agguato l'idea che si possano piegare le regole alle esigenze contingenti e di parte, magari a colpi di maggioranza. Per questo va elevato il quorum previsto dall'articolo 138 per approvare modifiche costituzionali.
Le riforme istituzionali si devono fare senza forzare la Costituzione. È possibile razionalizzare l'attività delle Camere, ridurre il numero dei parlamentari, dare più efficienza all'azione di governo, semplificare gli schieramenti politici, pur restando nei binari dei principi costituzionali. Ma non sarebbe così se dovessero prevalere le tentazioni di premierato forte, ispirate a una concezione plebiscitaria della democrazia che ne vanifica il carattere parlamentare; oppure un sistema di voto tale da ridimensionare il ruolo e la rappresentatività delle assemblee elettive. La Carta è un corpo unico in cui ogni parte è coerente e funzionale all'altra. Sbaglia chi pensa di poterne cambiare singoli pezzi senza tradirne l'ispirazione complessiva. Se si alterano gli equilibri istituzionali previsti nella seconda parte si incide di fatto anche sull'esigibilità dei diritti sanciti nella prima, e se ne stravolge il senso.
Allora, più che cambiarla, la Costituzione bisogna attuarla, rileggerla come materia viva per cercarvi le risposte alle nuove esigenze della società italiana. Questo compito non è prerogativa esclusiva degli addetti ai lavori, ma riguarda ciascuno di noi. Promuovere la conoscenza della Costituzione, farne materia di discussione pubblica nelle scuole come nei circoli associativi è un lavoro fondamentale per ridare spessore alla cultura civile senza la quale non si esce dalla crisi della politica.