martedì 29 luglio 2008

La norma antiprecari è un ulteriore strappo


Titti Di Salvo*
Nessuno stupore per l’ennesimo sfregio del governo Berlusconi sul lavoro. Uno sfregio è anche un imbroglio e un via libera alla irresponsabilità delle imprese. Perché se una impresa usa in modo irregolare i contratti a termine in virtù delle nuove regole berlusconiane, la conseguenza non è l’assunzione né a termine né a tempo indeterminato, ma un indennizzo. La memoria corre al risarcimento che nel 2001 l’allora governo Berlusconi proponeva al posto dei diritti previsti dall’articolo 18. Oggi di fronte all’insorgere dei sindacati contro la norma antiprecari, imbarazzati ministri si nascondono dietro alla responsabilità del parlamento. Perché lì la norma è stata concepita come emendamento al testo del governo che non l’aveva direttamente generata. Ma in quel testo la norma antiprecari ci sta bene in mezzo a tante altre che minuziosamente smontano le scelte positive del governo Prodi sul lavoro, insufficienti certo ma divaricate rispetto alla cultura politica liberista dell’attuale governo e per questo obiettivo da colpire. Molti in queste ore si affannano a spiegare che la norma antiprecari si riferisce al contenzioso annoso aperto soprattutto nei confronti delle Poste, da lavoratori precari: come se la limitazione ad un settore migliorasse il senso di una lesione ai diritti delle persone che rasenta l’incostituzionalità. Ora mettendo in fila le scelte fatte fin qui dal ministro Sacconi – dalla detassazione degli straordinari alla cancellazione della legge sulle dimissioni in bianco a tutto il decreto 112 - e poi le scelte fatte dal ministro Brunetta - di accanimento nei confronti dei lavoratori del pubblico impiego e attraverso di essi nei confronti dei servizi pubblici – e aggiungendo il profilo della manovra economica tutta di tagli proprio in quei settori necessari per lo sviluppo scuola, università e ricerca – e il consenso entusiasta a tutto ciò di Confindustria, il quadro che ne viene fuori è preciso. Così come il segno recessivo dell’azione di governo per la verità coerente con il programma elettorale del centro destra.
Mentre il paese è sempre più disuguale, salari e pensioni sono mangiati dall’inflazione e la precarietà come condizione dell’esistenza aumenta.
Allora il punto è uno solo.
Mentre tutto ciò succede, i congressi della sinistra non sono un bel vedere. Non lo è stato il congresso di Rifondazione Comunista rispetto al quale la nostra delusione è tanta più che mai se il clima di quel congresso lo si confronta con i bisogni del paese.
Ci vorrebbe una sinistra, di governo, autonoma, libera per questo capace di fare una opposizione concreta ed efficace: perché anche la critica a come il PD fa opposizione diventa un ritornello logoro se ad essa non si affianca una nostra idea di paese, di futuro, di società cui ispirare una opposizione con gli strumenti che abbiamo.
Questo il compito a cui Sinistra Democratica non deve e non vuole rinunciare a partire dai diritti del lavoro.
*del Coordinamento Nazionale

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