venerdì 18 luglio 2008

A Genova per non dimenticare


A Genova per non dimenticareA Genova per provare a leggere ciò che è accaduto 7 anni fa e ciò che accade oggi nel nostro Paese con le lenti della verità e della democrazia.
A Genova per continuare a chiedere verità e giustizia per Carlo e per i ragazzi e le ragazze della Diaz e di Bolzaneto. Perché venga accertata, anche processualmente, la catena di comando che ha portato a quei massacri e perché venga riconosciuto colpevole anche di ha deciso e ordinato, non solo chi ha eseguito pestaggi e violenze. E perché vengano accertate e affermate non solo le responsabilità penali di quelle violenze ma anche le responsabilità –forse assai più “gravi” – politiche che a quei fatti hanno portato.
A Genova perché in queste giornate di luglio non si commemora un morto, ma perché nel ricordo di una vita spezzata, assassinata si prova a costruire un possibile futuro diverso.
A Genova perché le ragioni per le quali Carlo si trovava a Piazza Alimonda sono vere anche oggi, sono vere per noi.
A Genova Sinistra Democratica ci sarà per ricordare, per ascoltare, per dire, per cantare, per ricostruire, per lavorare assieme.

Claudio Fava
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Le ferite di Genova non sono ancora sanate
di Nuccio Iovene*Dunque la ferita, anzi le ferite di Genova procurate in occasione di quel fatidico G8del 2001 sono destinate, dopo la sentenza su Bolzaneto dell’altro giorno, a rimanere aperte. Certo, nessuna sentenza avrebbe potuto restituire la vita a Carlo Giuliani e lenire il dolore per la sua scomparsa, ma uno Stato in grado di dimostrarsi duro ed inflessibile con se stesso prima che con gli altri, e onesto nel riconoscere pienamente i propri errori (ed orrori..), ne avrebbe guadagnato in credibilità e consentito una via d’uscita dignitosa dall’incubo delle giornate di Genova del luglio 2001.
Da cittadino ero a Genova nei giorni del Social Forum, e da parlamentare ho fatto parte del Comitato Bicamerale d’indagine che nell’estate del 2001 approfondì gli avvenimenti tragici che visse la città e, attraverso le sue strade, il mondo intero. Genova era irriconoscibile: blindata e svuotata, senza i suoi ritmi, colori, rumori naturali. Frutto di una sciagurata campagna allarmista che, come benzina sul fuoco, fece crescere di giorno in giorno, e di ora in ora, la tensione ed il rischio di provocazioni, come poi purtroppo avvenne. Berlusconi aveva da poco vinto le elezioni ed il centrodestra aveva deciso di adoperare la mano pesante nei confronti del movimento. Esponenti del centrodestra, parlamentari e Ministri, stavano dove non dovevano stare (la sala operativa di Genova da dove si dirigevano tutte le operazioni sul campo) e dicevano cose che non dovevano dire (quella presenza era stata annunciata nei giorni precedenti con queste motivazioni: "i parlamentari saranno in sala situazione in modo tale che nessuno potrà parlare di provocazioni da parte delle forze dell'ordine"). Fin dal venerdì 20 luglio si scelse senza motivo di attaccare manifestazioni pacifiche con lacrimogeni e cariche inutili seminando tensione e paura, invece di isolare e colpire i violenti, i cosiddetti “black block” che in più occasioni è sembrato avessero il campo libero in tanta parte della città. Poi le irruzioni, la notte del 21 luglio, nelle scuole Pertini – ex Diaz e Pascoli, con il carico di violenze gratuite e false prove costruite, così come emerso da numerose testimonianze, per giustificare l’operazione. Infine quel vero e proprio mostro giuridico rappresentato dalla trasformazione in carcere delle caserme di Bolzaneto e Forte S. Giuliano su cui anche un esponente del centro destra nel corso dell'indagine conoscitiva si espresse testualmente in questi termini: "sulla loro legittimità ho forti dubbi, un carcere non si può costituire occasionalmente: quelli si chiamano normalmente campi di concentramento". Il processo ha confermato racconti ed episodi raccapriccianti che le almeno 252 persone accertate lì transitate vissero in una sospensione del diritto e dei loro diritti. E si comprende l’accanimento con cui il centro destra (ed in particolare AN e Lega) hanno impedito al parlamento sia l’approvazione di una norma per introdurre nel nostro ordinamento il reato di tortura (così come prevede il diritto internazionale e ci obbliga la nostra adesione alla Corte Penale Internazionale) sia la costituzione di una Commissione Parlamentare di inchiesta sui fatti di Genova che facesse piena luce sulle responsabilità politiche di allora.
L’assenza di quella norma, non è un caso, è stata portata alla base di una sentenza che non ha reso giustizia alle vittime di quei giorni né allo stato di diritto del nostro Paese. Ecco perché le ferite di quel caldo luglio del 2001 resteranno ancora aperte.
*Componente la commissione bicamerale di indagine sui fatti di Genova

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