venerdì 9 maggio 2008

intervista a Mussi. da "il manifesto"

«Nel 2003 non abbiamo dato risposte ai movimenti. In campagna elettorale abbiamo fatto un gioco delle parti con Veltroni. Ma un tentativo ancora va fatto. Alle europee». Il 26 luglio di due anni fa Fabio Mussi, ministro della ricerca da un paio di mesi, minacciò le dimissioni di fronte al taglio delle risorse per l'università deciso dal collega Padoa Schioppa. Adesso, che sta portando via le ultime cose dallo studio all'Eur che da stasera sarà di Mariastella Gelmini, ripensa a quel passaggio, «forse avrei fatto bene a dimettermi, questi due anni sono stati terribili, la sinistra era sottorappresentata al governo e noi ministri dell'arcobaleno abbiamo dovuto combattere su troppi fronti». Il risultato del 14 aprile, che ha colto Mussi in piena convalescenza da un'operazione che lo ha tenuto via dalla campagna elettorale, dimostra che i ripensamenti sono tutti utili: «E' stato un catastrofico fallimento».

E' passato un mese dalle elezioni, nella sinistra arcobaleno sono partite le ostilità fratricide ma non la riflessione sul tracollo. Incapacità o incoscienza?
Il fatto è che quello di aprile è stato un risultato epocale, richiede un'analisi complessa. Si è chiusa una fase iniziata nel 1992-93 quando il quadro politico della Repubblica si era ricomposto con i nuovi partiti eredi della Dc e del Pci. E' iniziata allora una lunga partita a scacchi rimasta per 15 anni sostanzialmente in equilibrio. Quando aveva vinto Berlusconi era andato in crisi subito, Prodi era durato due anni, poi i governi D'Alema e Amato, poi il 2001 con Berlusconi che resta in sella cinque anni ma cambiando ministri in continuazione e con una forte opposizione sociale, offrendo comunque una senso di instabilità. E poi la nostra vittoria illusoria di due anni fa, come solo adesso riconosce Veltroni.

Dice «abbiamo fatto finta di avere vinto», perché allora non c'era il Pd.
Falso, l'ipotesi del Pd era già fortemente in campo. E se con il discredito internazionale di Berlusconi, le leggi vergogna, la crescita zero si vinse per 24mila voti era il caso di preoccuparsi. Ed ecco il risultato del 2008 che è un vero finale di partita. Il lungo tira e molla durato 15 anni si è concluso con un deciso spostamento a destra. Non c'è mai stato un parlamento così clericale in Italia. Il paradosso è che il Pd era partito alla conquista dell'America ma si ritrova come il Pci: sostanzialmente senza prospettive, chiuso. E senza il radicamento sociale, la forza intellettuale e i legami internazionali del Pci. Ha assorbito i radicali, portato via la metà degli elettori di sinistra ma ha solo 100mila voti in più della somma di Ds e Margherita. Arriva al 33% perché c'è stato un calo dei votanti.

Parliamo invece del 3% della sinistra arcobaleno.
Non sfuggo, dico anzi che il nostro tentativo è stato tardivo e pasticciato e per questo fallimentare. Vorrei però cercare le cause alla loro origine, il ritardo è di molti anni. Tra il 2001 e il 2003, da Genova al social forum di Firenze, l'Italia partecipò non poco a quella che il New York Times definì la seconda superpotenza mondiale. Il movimento pacifista e alteromondista si sommò alla crescita del movimento sindacale sui diritti dei lavoratori, i 3 milioni per l'articolo 18. Poi l'opposizione a Berlusconi, i girotondi. C'era una battaglia politica forte nei Ds. E la sinistra ha lasciato passare quella fase senza riuscire a dare a quei movimenti una rappresentanza politica minimamente adeguata. Stiamo parlando di cinque anni fa, non del secolo scorso.

Ad un'assemblea del manifesto nel gennaio 2005 tu invitasti a guardare anche oltre il 13% che era allora la somma delle forze di sinistra.
Da allora si è persa una quantità incalcolabile di battute. Ci sono state complicazioni, come Cofferati che appare come possibile leader e poi si ritira. Ma la sostanza è che c'erano le condizioni e non siamo riusciti a costruire qualcosa di diverso a sinistra. Perché? Perché ha prevalso la logica settaria delle appartenenze. La frammentazione, la competizione che in un certo momento può anche essere un elemento di forza, ma alla fine è diventato un peso mortale.

Ma il 2008 non dimostra il contrario, che l'unità improvvisata non paga?
Così certo: durante la campagna elettorale che ho seguito da un letto di ospedale capivo che ripetere sempre "non siamo un cartello elettorale" voleva dire il contrario, "siamo proprio un cartello elettorale". Da quando siamo usciti dai Ds nel 2007 sono cominciati mesi estenuanti, guardinghi. Ad ottobre il Pd ha fatto le primarie, con tutti i limiti ma ha chiamato 3 milioni di persone. La sinistra ha fatto una manifestazione, quando era il momento di fare un partito.

Due cose non in contraddizione.
E invece ci si è fermati subito. Ricordo la fatica per fare l'assemblea del 7 e 8 dicembre. Ricordo il sospetto reciproco sulla riforma della legge elettorale. Alla fine lo scioglimento delle camere ci ha colto in mezzo al guado.

Basta questo per spiegare il tracollo?
Non basta. Ricordo che a febbraio fui io a chiedere insistentemente un incontro della sinistra arcobaleno con Veltroni per non dare per morta la coalizione. E invece la decisione di rompere a sinistra era stata già presa. E' rimasta la sensazione di un gioco delle parti con il Pd, è sembrata una separazione consensuale. E invece bisognava inchiodare Veltroni su questo punto, spiegare che così consegnava il paese a Berlusconi.

E adesso ci potrà essere un rapporto con il Pd?
Sono per tenere aperta una porta per il centrosinistra. Ma adesso è il momento della lotta politica a denti sfoderati. Veltroni dice che le alleanze per le amministrative si decideranno caso per caso? Rispondiamogli che vada da solo. Sinistra arcobaleno può ancora essere determinante in molti luoghi. Ero per questa linea anche prima delle elezioni, non mi piaceva che Veltroni ci cacciasse dall'alleanza nazionale ma ci chiedesse di sostenere i sindaci del Pd. Dovevamo uscire subito dalle giunte, e poi ragionare.

E adesso come si fa politica fuori dal parlamento, come si fa l'opposizione a Berlusconi?
La prima cosa è riprendere la parola sulle questioni essenziali. La sinistra in questo momento è al mutismo. Due mesi di congressi rischiano di bloccare tutto. L'opposizione fuori dal parlamento sarà indispensabile, anche perché ho l'impressione che dentro ce ne sarà poca. E' tutto un cinguettio: dialogo, collaborazione. Sembra di stare nel mondo di Heidi. Legislatura costituente? Ma cosa. Rimettiamo in piedi il movimento che aveva promosso il referendum del 2006 per difendere la Costituzione.

E la sinistra arcobaleno intanto? Progetto bocciato, progetto archiviato?
Secondo me dobbiamo fare un altro tentativo. Uno. Non è immaginabile un parlamento con nessuno che si dice di sinistra. Il progetto va rivisto, è chiaro. Per fortuna nessuno ha particolare voglia di aderire alla costituente comunista di Diliberto. Una delle cose da rivedere è l'idea di non avere nemici a sinistra. Non tutta la sinistra può essere unita. Ma nessuno può pensare che di fronte al nuovo quadro con due, tre grandi partiti noi si possa restare sbriciolati in quattro, cinque piccole forze. Dobbiamo dare un segno di vita, e velocemente. L'anno prossimo, alle europee, va fatto il tentativo di una lista che si proponga come ponte tra le forze del socialismo europeo e le forze di sinistra alternativa.

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