Con il loro articolo su l’Unità del 30 aprile scorso ( Sinistra Democratica, che fare ?), Cesare Salvi e Massimo Villone rendono finalmente pubblici i temi che stanno impegnando la discussione tra i militanti di Sinistra Democratica dopo i drammatici risultati delle elezioni politiche del 13 e 14 aprile.Concordo su diverse cose tra quelle sostenute da Salvi e Villone. Su altre vorrei discutere ed è quello che mi accingo a fare. Dico subito che tra le cose con cui concordo c’è non soltanto l’esigenza di un serio percorso di partecipazione e di decisione che impegni con procedure democratiche tutti i nostri iscritti e non solo loro, ma anche le critiche che in quell’articolo vengono avanzate sulla mancanza che abbiamo avuto fin qui di meccanismi decisionali partecipativi e di regole certe e trasparenti. Critiche che nell’insieme condivido soprattutto perché le intendo anche come autocritica visto che i due compagni che scrivono, al pari del sottoscritto e di altri, hanno avuto responsabilità politiche e parlamentari di rilievo. Tutti noi, dopo il risultato catastrofico della Sinistra Arcobaleno, dovremo dare prova di grande umiltà e disinteresse e di una piena assunzione di responsabilità per quanto accaduto.Dico questo perché un anno dopo la nascita del nostro movimento politico e quella indimenticabile assemblea del 5 maggio del 2007 a Roma, ci ritroviamo con la sinistra fuori dal Parlamento e ai compagni che ci chiedono “dove ci avete portato” e si chiedono se non abbiamo sbagliato tutto, dobbiamo dare risposte oneste e sincere assumendoci, ripeto, una piena responsabilità. Provo a dire la mia.Io penso che errori ne abbiamo commessi e indicherò più avanti quello che a me pare il fondamentale, ma non penso affatto che abbiamo sbagliato tutto.
Potevamo fare la sinistra del PD ?
Non è stata un errore,intanto, la scelta di non partecipare alla nascita e alla vita del Partito Democratico.Uscimmo dai DS perché convinti che sarebbe stato del tutto sterile e improduttivo, oltre che incoerente con ciò che avevamo detto fino a quel momento, limitare il nostro campo d’azione a quello di una corrente interna ad un partito programmaticamente non più di sinistra. Meglio, dicemmo, per il futuro del centrosinistra, lavorare a costruire una nuova sinistra alleata con il PD.I fatti ci hanno dato ragione, su questo punto, in una misura allora perfino imprevedibile.Il PD che abbiamo visto durante la campagna elettorale, per il profilo programmatico e politico che gli italiani hanno potuto percepire, era certo una forza progressista ma non di sinistra. Il suo leader lo ha perfino limpidamente rivendicato in una intervista a El Pais.Quel partito ha scelto e operato una rottura politica grave con la sinistra regalando così la vittoria a Berlusconi e scaricando incredibilmente sulla sinistra tutta la responsabilità della crisi del Governo Prodi. Accusa incredibile perché tutti sanno che ben altri sono stati i killers dell’Unione e del suo esecutivo.Il PD non ha scelto di “correre da solo”, vista l’alleanza assai problematica con Di Pietro e con i Radicali, ma ha perseguito l’obiettivo di demonizzare, isolare e schiacciare la sinistra arcobaleno.Risultato conseguito fino al punto dell’assenza dalle aule parlamentari, anche ovviamente per responsabilità soggettive della stessa sinistra.Ci si poteva aspettare in quel momento una reazione dall’interno del PD contro questa rottura a sinistra. Esiste in quel partito un insieme di forze che si è definito “sinistra del PD” e che tuttavia non ha sollevato non dico una critica, ma neanche un dubbio, una preoccupazione su quanto stava avvenendo. Perché ? Eppure tra quelle compagne e quei compagni non mancano davvero persone capaci di esporsi e di dare battaglia.Il dato è strutturale, non soggettivo. Quel partito, nascendo da un rapporto diretto tra il leader e gli elettori, non può contemplare una vera articolazione politica al suo interno e tantomeno tollerare una battaglia politica organizzata come avviene ad esempio in tutte le socialdemocrazie. Al massimo qualche convegno, un paio di interviste…I fatti dimostrano quindi che scegliere di convergere in una “sinistra del PD” sarebbe stato davvero sterile e del tutto improduttivo.
PD solitario o nuovo centrosinistra ?
A questo punto è doveroso rispondere ad un’altra domanda. Visti i risultati delle elezioni politiche e la vera e propria disfatta dell’Arcobaleno, ha ancora un senso pensare che per battere la destra serva una forza autonoma della sinistra alleata del PD ? Non è che i democratici possono farcela da soli ?La risposta dipende dall’analisi che si fa dello tzunami del 13 e 14 aprile. Se si legge l’ampio successo berlusconiano e leghista come l’esito di un momentaneo voto di protesta e l’alleanza insediata al governo del Paese come fragile e precaria, allora si può anche pensare che con una sapiente campagna elettorale, prima della fine naturale della legislatura, il PD, sostanzialmente da solo, possa ribaltare la situazione. Io non la penso così. Mi sembra un’analisi troppo consolatoria.Vedo al contrario, purtroppo, e la vittoria di Alemanno a Roma è un’amara conferma, una destra che nel Paese ( in tutto il Paese ! ) si è insediata e consolidata socialmente come non mai. Non è davvero più partiti di plastica e folclore secessionista ma una realtà radicata e dura da scalfire e il terzo Governo Berlusconi è retto da una maggioranza non solo più ampia ma più coesa di prima e più “appagata” in ciascuna delle sue componenti.Se è così, e temo che lo sia, davvero il PD può pensare di rimontare da solo il divario più ampio che ci sia mai stato tra centrodestra e centrosinistra ?Credo che presto in quella forza politica si dovrà riaprire un dibattito sulla prospettiva politica dal quale potrebbe maturare la convinzione che senza una nuova strategia di alleanze politiche, senza un nuovo centrosinistra, sarà impossibile “tornare a vincere”.Walter Veltroni ha fatto una campagna elettorale di una intensità mai vista prima. Ogni giorno una Provincia, piazze piene ed entusiaste, comizi perfino a mezzanotte. E ha beneficiato, insieme a Berlusconi, di un vantaggio mediatico enorme rispetto a quello degli altri candidati premier.Eppure nonostante questo spazio e quella performance non c’è stata l’annunciata rimonta e lo svantaggio rispetto alla destra rimane amplissimo.Basterebbe questo per capire che la strategia della corsa solitaria è stata sconfitta e non ha pagato. Ma forse al PD serve ancora un po’ di tempo per rendersene conto.Dubito peraltro che con il peso preponderane e determinante della Lega, Berlusconi si renda disponibile a forzature normative per imporre un bipartitismo che non è nella testa degli elettori.Credo quindi che la sinistra debba guardare con interesse al dibattito interno al PD e semmai lavorare per quanto possibile affinché emergano in quel partito le contraddizioni di una scelta politica sbagliata.L’elettorato del PD insieme a quello della sinistra è molto scosso da quanto è successo.Ci vuole acqua e non sangue nelle vene per assistere indifferenti, da tecnocrati della politica, al fatto che nel giro di quarantotto ore abbiamo visto l’elezione di Alemanno in Campidoglio e quella di Fini alla Presidenza della Camera.Erano stati annunciati degli “choc innovativi”, ma così forti proprio non ce li aspettavamo.
Una sinistra competitiva
Ho parlato di un “nuovo centrosinistra” perché non possiamo proprio noi dirci nostalgici della formula dell’Unione, di un’alleanza da Dini a Turigliatto, nella quale chi ha pagato il prezzo più alto è stata proprio la sinistra e le sue ragioni programmatiche.Ma affinché si possa aprire la stagione di una nuova alleanza progressista per il Governo del Paese non basta che nel PD si superi l’illusione dell’autosufficienza. La si potrebbe perfino superare guardando non già a sinistra ma verso l’Udc e altre componenti centriste. E i primi segnali ci sono già.Serve che sia in campo una sinistra che si ponga il doppio problema di un suo forte radicamento popolare e di una coraggiosa innovazione politica e culturale. E che a partire da queste scelte si proponga nei fatti, imprescindibilmente, come una forza indispensabile per il Governo del Paese.Una “sinistra di governo”, ci ricordano Salvi e Villone. Certo, ma non basta dichiarare di esserlo, se la tua consistenza e la forza delle tue idee non solo tali da mettere gli altri di fronte a qualcosa da cui sia difficile prescindere.Serve una sinistra assai diversa da quella che si è vista in campagna elettorale.Ha ripetuto spesso Niki Vendola in questi giorni,e io sono assolutamente d’accordo con lui, che siamo stati cartello elettorale e residuo di un passato, più che nuova soggettività e speranza per il futuro.Aggiungo che siamo apparsi come una forza non utile, di fronte all’ondata di destra, né per il Governo né per l’opposizione.Non è solo colpa del PD e del suo appello disperato e infondato al “voto utile”. Anche l’Udc è stata fatta oggetto di analoga campagna da parte di Berlusconi, ma Casini ha resistito e noi no.La verità è che una parte dell’Arcobaleno la pensava nei fatti come Veltroni. Riteneva cioè che anche alla sinistra convenisse uno “splendido isolamento” libero dai vincoli delle alleanza politiche.Questo ha autorizzato il PD a parlare senza tema di smentite di “separazione consensuale” e ha impedito all’Arcobaleno non solo di indicare nei democratici i responsabili di una rottura che stava spianando la strada alla destra, ma soprattutto di presentare il voto alla sinistra come utile, anzi indispensabile a riaprire una prospettiva di centrosinistra per il Governo del Paese.Questo è stato l’errore fondamentale,a mio avviso, dal quale è derivata la pesante sconfitta elettorale della sinistra.Mi si dirà che appartengo a una vecchia scuola ed è probabilmente vero, ma io rimango convinto che privi di proposta politica ci si può presentare ad un seminario non alle elezioni per il Parlamento. L’Arcobaleno si è presentato al voto sulla difensiva ( “la sinistra non può scomparire”) e del tutto privo di una proposta politica. A mio avviso ha pagato innanzitutto per questo.
Il difetto principale di Sinistra Democratica
Avevamo visto tutto questo, ma ce lo siamo tenuto per noi. Intendiamoci, nelle sedi ristrette e nelle riunioni riservate con i nostri partners Fabio Mussi e gli altri che vi partecipavano hanno denunciato questi difetti e paventato i rischi cui stavamo andando incontro.Ma avremmo dovuto innescare su questi temi un dibattito pubblico, rendere noto il nostro punto di vista, coniugare, in una parola, tensione unitaria e battaglia politica.Per passione unitaria e per ferma adesione al progetto di una nuova sinistra, ci siamo invece autocensurati e così abbiamo nuociuto non tanto a noi stessi quanto soprattutto alle capacità espansive dell’Arcobaleno. E avremmo dovuto esplicitare con maggiore forza che per noi la formula della “federazione” tra forze diverse, con la quale siamo andati al voto, era del tutto insufficiente e priva di qualunque capacità attrattiva. Oggi Ferrero rilancia proprio quella ipotesi federativa che è stata così pesantemente sconfitta dagli elettori. Spero proprio che in Rifondazione prevalgano posizioni più avanzate.
Noi, il socialismo europeo e la nuova sinistra italiana
Pensando al nuovo soggetto della sinistra, che per me rimane la missione essenziale di SD, io resto affezionato all’aggettivo “plurale” a condizione che ci intendiamo sul significato politico di questa parola. Essa non sta ad indicare la giustapposizione di partitini, miniapparati e gruppi dirigenti che restano diversi tra loro e ciascuno impermeabile agli altri, ma un vero melting pot in cui tutti si lascino attraversare dalle culture femministe, ambientaliste, altermondialiste,mantenendo come spina dorsale essenziale le culture e la storia del movimento operaio italiano.In questa ottica devo confessare che trovo troppo statica e ossificata la versione fornita da Salvi e Villone della identità socialista del nostro movimento. Mi sembra soprattutto priva di fecondità politica.Non c’è dubbio alcuno sul fatto che noi ci sentiamo, fin dal nostro atto di nascita, una forza della sinistra socialista italiana ed europea ed è assai probabile che “ se stessimo in un altro paese europeo saremmo nel partito socialista di quel paese e ne costituiremmo l’ala sinistra”. Ma la storia ha voluto che qui da noi non sia disponibile una SPD e che un partito socialista di una certa entità, come erano i DS, sia stato sciolto.La cultura socialista che ci appartiene e di cui andiamo fieri non può quindi congelarsi con la pretesa di imporsi ad altri. Si valorizza di più e dà un contributo maggiore allo stesso socialismo europeo se si arricchisce nel confronto e nella pratica politica con altre culture ed altre esperienze sociali.A meno che non si pensi che SD debba virare verso una diversa agenda politica e cioè quella della “costituente socialista”. Prospettiva che non condivido ma che considero del tutto rispettabile. Andrebbe però esplicitata.Certo che non tutto è nelle nostre mani. La possibilità di un nuovo spazio politico della sinistra, in cui viga il principio e la pratica di “una testa un voto”, passa anche per l’esito dei congressi dei Verdi e di Rifondazione che si terranno nel mese di luglio.Ma noi non dobbiamo, non possiamo stare fermi : in queste settimane, così piene di inquietudini e di amarezza, dobbiamo aprire le nostre sedi a tutti, convocare assemblee pubbliche, inaugurare dove possibile nuove “case della sinistra”, cominciare a costruire la nostra agenda di opposizione al Governo Berlusconi e alle giunte locali di destra, essere presenti il più possibile sui media altrimenti si consolida tra la gente la convinzione che noi siamo davvero estinti e che l’unica opposizione alla destra rimane quella piaccia o no del partito democratico.
Il nostro percorso nell’immediato
Almeno tra di noi dobbiamo dirci la verità. Abbiamo bisogno subito, come ho detto, di una forte iniziativa pubblica e ad essa occorre intrecciare quel processo innovativo di partecipazione e di coinvolgimento democratico descritto in modo da me condiviso da Salvi e Villone. Chi fa tutto questo ? Chi lo organizza ?Le condizioni di salute impediscono a Fabio Mussi di continuare a svolgere il ruolo di coordinatore del nostro movimento. A lui dobbiamo tutti un pieno grazie per l’intelligenza e la passione con cui ci ha guidato fin qui. Continuerà ad essere con noi ma senza il ruolo politico e operativo di prima fila per il quale si è speso senza risparmio.Ma le sue dimissioni cadono in un momento per noi davvero drammatico non solo per le ragioni politiche generali di cui stiamo discutendo ma anche per una condizione materiale di enorme difficoltà.Il nostro movimento viveva dei contributi economici di parlamentari che non abbiamo più e il rimborso pubblico delle spese elettorali è talmente basso, perché bassa è la percentuale di voti ottenuta, che servirà a malapena a coprire le effettive spese sostenute.Compagne e compagni che hanno lavorato fin qui per SD sono costretti a cercare altre collocazioni professionali.Possiamo, senza rischiare la paralisi, restare ancora a lungo senza neanche un coordinatore legittimato nella misura possibile ? Io credo proprio di no e penso soprattutto che sfioreremo il grottesco se nelle condizioni in cui siamo ci dovessimo dividere sul nome del coordinatore o se, come mi pare propongano Salvi e Villone, il suo nome dovesse scaturire come esito della vasta consultazione sulla quale, come ho detto, in sé concordo.Questa consultazione invece di essere concentrata sulla politica, rischierebbe di tradursi, anche a prescindere dalle intenzioni soggettive, magari in una conta di delegati a sostegno dell’uno o dell’altro, e in una gara paradossale.Torno a dire che ci vuole umiltà e senso della misura. Il Comitato nazionale di SD, convocato già per il 10 maggio, proceda dunque alla nomina del nuovo coordinatore con grande serenità : non dobbiamo eleggere il Presidente della Repubblica ! Nella stessa sede si decida un primo piano di iniziative, le forme del dibattito interno e le persone disponibili ad organizzare l’una e l’altra cosa.Poi, ripartiamo. Nella campagna elettorale abbiamo potuto misurare la generosità e le energie di migliaia di militanti del nostro movimento. Da qui si ricomincia. Insieme e con una rinnovata solidarietà tra tutti noi.
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