martedì 25 novembre 2008
martedì 18 novembre 2008
Sinistra è bellissimo!
Il parlamento tedesco, negli scorsi giorni, a seguito di reiterati episodi di aggressioni antisemite verificatesi in Germania, su proposta della cancelliera Angela Merkel, ha votato una risoluzione di condanna dell’antisemitismo e di solidarietà nei confronti dello Stato di Israele e del suo popolo. A questa risoluzione ha chiesto di aderire anche la “Linke”, partito di sinistra di recente formazione nato dalla fusione delle forze politiche raccolte intorno a Oskar Lafontaine, ex presidente della Spd con gli ex comunisti della DDR guidati da Gregor Gysi. Fondata sulla base di una piattaforma politica di nuova concezione e con una forte impronta pragmatica, la “Linke” è accreditata dai sondaggi per essere la terza forza politica tedesca. Quando i partiti promotori della risoluzione contro l’antisemitismo hanno respinto l’adesione della “Linke”, i suoi rappresentanti ne hanno presentata una propria, identica a quella degli altri partiti. La scelta è stata genialmente provocatoria. È stato un modo intelligente per opporsi ad una sistematica demonizzazione di tutto ciò che è in odore di sinistra messa in atto dalle forze conservatrici e reazionarie in molte parti Europa. Portabandiera della crociata, sono stati i gemelli Kaczynsky, leader del governo polacco ultrareazionario e di orientamento antisemita e, naturalmente, il governo Berlusconi con la sua corte dei miracoli intrisa di fascistume e di autoritarismo piduista.
Non stanchiamoci mai di ricordare che uomini della sinistra sono stati protagonisti delle più grandi battaglie per la democrazia, per la libertà e l’uguaglianza. Omologarli tout cout ai crimini staliniani o a quelli di Pol Pot è da buffoni e da vigliacchi.
Per troppo tempo si è tollerato remissivamente questo ignobile stillicidio. È ora di alzare la voce e la testa per gridare forte: “sinistra è bellissimo”.
Moni Ovadia
domenica 16 novembre 2008
Università: Fava, grave errore di Pd e Idv non essere ai cortei
Una grande mobilitazione all'altezza della cocciutaggine del ministro Gelmini e del governo. Se il Ministro Gelmini non cede, come ha affermato stamani parlando con un quotidiano, Piazza Navona riempita dai sindacati con tanti docenti, ricercatori e il corteo degli studenti sono la risposta chiara e precisa che anche chi ha a cuore il futuro della cultura, della scuola e della scienza non ha assolutamente intenzione di cedere alla logica dei tagli e della svendita di un patrimonio prezioso per il futuro del Paese". Cosi' il segretario nazionale di Sinistra Democratica, Claudio Fava, in piazza a Roma, definisce le manifestazioni degli studenti e della Cgil-Uil che si stanno svolgendo a Roma.
"E' un grave errore- prosegue il leader Sd- quello compiuto da Pd e Idv che non hanno mandato alcun loro esponente nazionale alle manifestazioni. La giudico un'occasione perduta da Veltroni e Di Pietro, che, oltre tutto, hanno molto da imparare da questi ragazzi".
giovedì 13 novembre 2008
Sciopero generale. Stiamo al merito
di Roberta Lisi
La Cgil, il maggior sindacato italiano per numero di iscritti ed eletti Rsu, indice lo sciopero generale. Lo fa su proposta del suo segretario generale con un voto del Direttivo che arriva dopo una grande assemblea di quadri e delegati che ha approvato il “Piano anti crisi della Cgil”.
E sì perché l’organizzazione sociale che rappresenta e quindi deve “tutelare” lavoratori, lavoratrici e pensionati è da settimane che continua a ripetere che i provvedimenti del Governo Berlusconi per aggredire la più imponete e grave crisi economica e finanziaria che la modernità abbia dovuto affrontare sono totalmente inadeguati, soprattutto non sono dalla parte – appunto - dei lavoratori, delle famiglie, dei pensionati.
Non solo, la Confederazione di Corso d’Italia si misura con i problemi reali e presenta, appunto, le proprie proposte per affrontare lo sconquasso all’economia reale del paese e delle famiglie già provate da anni di inadeguatezza salariale. Ma le sue proposte non vengono neanche prese in considerazione, governo e maggioranza, con il sostegno di Confindustria, invece di misurarsi con esse provano ad escludere la Cgil dal confronto con le parti sociali scegliendo interlocutori ritenuti “più in linea”.
Cosa altro avrebbe dovuto fare un sindacato degno di questo nome se non convocare lo sciopero generale? Perché leader sindacali e politici dei diversi partiti, anche del Pd, non si misurano con il merito delle proposte del governo e con il merito delle proposte della Cgil?
Eppure l’unico metro di misura corretto per valutare i provvedimenti proposti per affrontare la crisi sarebbe proprio quello di partire dalle necessità delle persone che lavorano e quindi del paese. Il merito dunque,il merito.
Perché non proviamo a porci e a rispondere a qualche semplice domanda? La politica del governo è quella giusta per contrastare la recessione? La caduta della produzione è dovuta anche al ristagno dei consumi? L’interesse generale del paese coincide con l’interesse di una sua sola parte? E la dignità del lavoro ha relazione con l’interesse generale del paese? L’Italia può competere con altre economie continuando a tagliare sugli investimenti nella scuola,nell’università,nella ricerca?
Se si risponde onestamente a questi interrogativi non possiamo non dire che Epifani e la sua organizzazione hanno fatto bene ad indire lo sciopero generale e noi il 12 dicembre saremo in piazza con i lavoratori, lavoratrici e i pensionati
Per saperne di più: il documento della Cgil
mercoledì 12 novembre 2008
Per Epifani gravissimo incontro Cisl, Uil, Confindustria con Berlusconi
ROMA, 12 NOV - 'Quello che e' accaduto ieri sera, se confermato, e' gravissimo, una cosa senza precedenti'. Il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani ha commentato cosi', parlando al direttivo dell'organizzazione, la notizia dell'incontro di ieri sera a palazzo Grazioli, fra il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, alcuni ministri, la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia e i segretari di Cisl e Uil Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti.
Epifani chiede 'un immediato incontro con il governo| ' e annuncia una lettera ai leader di Cisl e Uil e al presidente di Confindustria con la quale chiedera' conferma dell'incontro di ieri sera, che, se confermato, 'apre un problema formale nei rapporti con le altre organizzazioni sindacali e con la Confindustria'.
Il presidente Berlusconi dimostra cosi' - si legge in una nota - di non avere alcun rispetto nei confronti dei suoi interlocutori, quando esprimono opinioni diverse dalle sue'.
Sul tema della crisi 'il governo non prevede momenti formali di confronto con tutte le parti sociali, mentre quelli 'riservati' li tiene solo con alcuni soggetti, escludendo la Cgil, l'Ugl e tutte le altre rappresentanze di impresa', prosegue il leader Cgil.
'Nei confronti della Cgil e' un comportamento particolarmente grave perche' abbiamo inviato al governo e alle altre parti sociali una piattaforma con le proprie proposte per affrontare la crisi - ha aggiunto Epifani - Con questo atteggiamento il governo esprime, cosi', la volonta' di non aprire un confronto con la Cgil'.
Epifani chiede 'un immediato incontro con il governo| ' e annuncia una lettera ai leader di Cisl e Uil e al presidente di Confindustria con la quale chiedera' conferma dell'incontro di ieri sera, che, se confermato, 'apre un problema formale nei rapporti con le altre organizzazioni sindacali e con la Confindustria'.
Il presidente Berlusconi dimostra cosi' - si legge in una nota - di non avere alcun rispetto nei confronti dei suoi interlocutori, quando esprimono opinioni diverse dalle sue'.
Sul tema della crisi 'il governo non prevede momenti formali di confronto con tutte le parti sociali, mentre quelli 'riservati' li tiene solo con alcuni soggetti, escludendo la Cgil, l'Ugl e tutte le altre rappresentanze di impresa', prosegue il leader Cgil.
'Nei confronti della Cgil e' un comportamento particolarmente grave perche' abbiamo inviato al governo e alle altre parti sociali una piattaforma con le proprie proposte per affrontare la crisi - ha aggiunto Epifani - Con questo atteggiamento il governo esprime, cosi', la volonta' di non aprire un confronto con la Cgil'.
Facebook. Pse chiede espulsione di 7 gruppi italiani anti-rom
Bruxelles, 11 nov. (Apcom) - Il capogruppo del Pse al Parlamento europeo, Martin Schulz, ha lanciato una campagna per l'espulsione dal sito di 'networking sociale' Facebook di sette gruppi neo-fascisti italiani, sostenendo che contengono messaggi "ripugnanti" contro i rom. "Mi appello a Facebook affinché li rimuova immediatamente", dichiara in un comunicato Schulz, appoggiato dal capodelegazione italiano al Pse Gianni Pittella.
"E' vergognoso che nel giorno in cui l'Europa ricorda i caduti in guerra Facebook aiuti coloro che vogliono riportarci indietro a quell'epoca oscura", continua Schulz, ricordando che la Giornata dell'Armistizio oggi celebra il 90esimo anniversario della fine della Prima guerra mondiale.
"E' una giornata vergognosa per Facebook. Spero che tutti si uniscano a me e Martin su Facebook per esprimere la loro rabbia per quanto sta succedendo", aggiunge Pittella.
Nel comunicato del Pse vengono citati in particolare i gruppi "Bruciamoli tutti" (15 membri), "Rendiamo utili gli zingari: trasformiamoli in benzina verde" (279 membri) e "Diamo un lavoro gli zingari: collaudatori di camere a gas" (649 membri), tutti gestiti da italiani.
"E' vergognoso che nel giorno in cui l'Europa ricorda i caduti in guerra Facebook aiuti coloro che vogliono riportarci indietro a quell'epoca oscura", continua Schulz, ricordando che la Giornata dell'Armistizio oggi celebra il 90esimo anniversario della fine della Prima guerra mondiale.
"E' una giornata vergognosa per Facebook. Spero che tutti si uniscano a me e Martin su Facebook per esprimere la loro rabbia per quanto sta succedendo", aggiunge Pittella.
Nel comunicato del Pse vengono citati in particolare i gruppi "Bruciamoli tutti" (15 membri), "Rendiamo utili gli zingari: trasformiamoli in benzina verde" (279 membri) e "Diamo un lavoro gli zingari: collaudatori di camere a gas" (649 membri), tutti gestiti da italiani.
venerdì 7 novembre 2008
Costruire la Sinistra: il tempo è adesso
Le ragazze e i ragazzi che in questi giorni portano la loro protesta in tutte le piazze del paese per una scuola che li aiuti a crearsi un futuro ci dicono che la speranza di un’altra Italia è possibile. Che è possibile reagire alla destra che toglie diritti e aumenta privilegi. Che è possibile rispondere all’insulto criminale che insanguina il Mezzogiorno e vuole ridurre al silenzio le coscienze più libere. Che è possibile dare dignità al lavoro, spezzando la logica dominante che oggi lo relega sempre più a profitto e mercificazione. Che è possibile affermare la libertà delle donne e vivere in un paese ove la laicità sia un principio inviolabile. Che è possibile lavorare per un mondo di pace. Che è possibile, di fronte all’offensiva razzista nei confronti dei migranti, rispondere - come fece Einstein - che l’unica razza che conosciamo è quella umana. Che è possibile attraverso una riconversione ecologica dell’economia contrastare i cambiamenti climatici, riducendone gli effetti ambientali e sociali. Che è possibile, dunque, reagire ad una politica miserabile la quale, di fronte alla drammatica questione del surriscaldamento del pianeta, cerca di bloccare le scelte dell’Europa in nome di una cieca salvaguardia di ristretti interessi.
Cambiare questo paese è possibile. A patto di praticare questa speranza che oggi cresce d’intensità, di farla incontrare con una politica che sappia anche cambiare se stessa per tradurre la speranza di oggi in realtà. E’ questo il compito primario di ciò che chiamiamo sinistra.
Viviamo in un paese e in un tempo che hanno bisogno di un ritrovato impegno e di una nuova sinistra, ecologista, solidale e pacifista. La cronaca quotidiana dei fatti è ormai una narrazione impietosa dell’Italia e della crisi delle politiche neoliberiste su scala mondiale. Quando la condizione sociale e materiale di tanta parte della popolazione precipita verso il rischio di togliere ogni significato alla parola futuro; quando cittadinanza, convivenza, riconoscimento dell’altro diventano valori sempre più marginali; quando le donne e gli uomini di questo paese vedono crescere la propria solitudine di fronte alle istituzioni, nei luoghi di lavoro – spesso precario, talvolta assente – come in quelli del sapere; quando tutto questo accade nessuna coscienza civile può star ferma ad aspettare. Siamo di fronte ad una crisi che segna un vero spartiacque. Crollano i dogmi del pensiero unico che hanno alimentato le forme del capitalismo di questi ultimi 20 anni. Questa crisi rende più che mai attuale il bisogno di sinistra, se essa sarà in grado di farsi portatrice di una vera alternativa di società a livello globale.
E’ alla politica che tocca il compito, qui ed ora, di produrre un’idea, un progetto di società, un nuovo senso da attribuire alle nostre parole. Ed è la politica che ha il compito di dire che un’alternativa allo stato presente delle cose è necessaria ed è possibile. La destra orienta la sua pesante azione di governo – tutto è già ben chiaro in soli pochi mesi – sulla base di un’agenda che ha nell’esaltazione persino esasperata del mercato e nello smantellamento della nostra Costituzione repubblicana i capisaldi che la ispirano. Cosa saranno scuola e formazione, ambiente, sanità e welfare, livelli di reddito e qualità del lavoro, diritti di cittadinanza e autodeterminazione di donne e uomini nell’Italia di domani, quel domani che è già dietro l’angolo, quando gli effetti di questa destra ora al governo risulteranno dirompenti e colpiranno dritto al cuore le condizioni di vita, già ora così difficili, di tante donne e uomini?
E’ da qui che nasce l’urgenza e lo spazio – vero, reale, possibile, crescente – di una nuova sinistra che susciti speranza e chiami all’impegno politico, che lavori ad un progetto per il paese e sappia mobilitare anche chi è deluso, distratto, distante. Una sinistra che rifiuti il rifugio identitario fine a sé stesso, la fuga dalla politica, l’affannosa ricerca dei segni del passato come nuovi feticci da agitare verso il presente. Una sinistra che assuma la sconfitta di aprile come un momento di verità, non solo di debolezza. E che dalle ragioni profonde di quella sconfitta vuole ripartire, senza ripercorrerne gli errori, le presunzioni, i limiti. Una sinistra che guardi all’Europa come luogo fondamentale del proprio agire e di costruzione di un’alternativa a questa globalizzazione. Una sinistra del lavoro capace di mostrare come la sua sistematica svalorizzazione sia parte decisiva della crisi economica e sociale che viviamo.
Per far ciò pensiamo a una sinistra che riesca finalmente a mescolare i segni e i semi di più culture politiche per farne un linguaggio diverso, un diverso sguardo sulle cose di questo tempo e di questo mondo. Una politica della pace, non solo come ripudio della guerra, anche come quotidiana costruzione della cultura della non violenza e della cooperazione come alternativa alla competizione. Una sinistra dei diritti civili, delle libertà, dell’uguaglianza e delle differenze. Una sinistra che non sia più ceto politico ma luogo di partecipazione, di ricerca, di responsabilità condivise. Che sappia raccogliere la militanza civile, intellettuale e politica superando i naturali recinti dei soggetti politici tradizionali. E che si faccia carico di un'opposizione rigorosa , con l’impegno di costruire un nuovo, positivo campo di forze e di idee per il paese. La difesa del contratto nazionale di lavoro, che imprese e governo vogliono abolire per rendere più diseguali e soli i lavoratori e le lavoratrici è per noi l’immediata priorità, insieme all’affermazione del valore pubblico e universale della scuola e dell’università e alla difesa del clima che richiede una vera e propria rivoluzione ecologica nel modo di produrre e consumare.
Lavorare da subito ad una fase costituente della sinistra italiana significa anche spezzare una condizione di marginalità – politica e persino democratica – e scongiurare la deriva bipartitista , avviando una riforma delle pratiche politiche novecentesche.
L’obiettivo è quello di lavorare a un nuovo soggetto politico della sinistra italiana attraverso un processo che deve avere concreti elementi di novità: non la sommatoria di ceti politici ma un percorso democratico, partecipativo, inclusivo. Per operare da subito promuoviamo l’associazione politica “Per la Sinistra”, uno strumento leggero per tutti coloro che sono interessati a ridare voce, ruolo e progetto alla sinistra italiana, avviando adesioni larghe e plurali.
Fin da ora si formino nei territori comitati promotori provvisori, aperti a tutti coloro che sono interessati al processo costituente , con il compito di partecipare alla realizzazione, sabato 13 dicembre, di una assemblea nazionale. Punto di partenza di un processo da sottoporre a gennaio a una consultazione di massa attorno a una carta d’intenti, un nome, un simbolo, regole condivise. Proponiamo di arrivare all'assemblea del 13 dicembre attraverso un calendario di iniziative che ci veda impegnati, già da novembre, a costruire un appuntamento nazionale sulla scuola e campagne sui temi del lavoro e dei diritti negati, dell’ambiente e contro il nucleare civile e militare e per lo sviluppo delle energie rinnovabili.
Sappiamo bene che non sarà un percorso semplice né breve, che richiederà tempo, quel tempo che è il luogo vero dove si sviluppa la ricerca di altri linguaggi, la produzione di nuova cultura politica, la formazione di nuove classi dirigenti. Una sinistra che sia forza autonoma – sul piano culturale, politico, organizzativo – non può prescindere da ciò. Ma il tempo di domani è già qui ed è oggi che dobbiamo cominciare a misurarlo. Ecco perché diciamo che questo nostro incontro segna, per noi che vi abbiamo preso parte, la comune volontà di un’assunzione individuale e collettiva di responsabilità. La responsabilità di partecipare a un percorso che finalmente prende avvio e di voler contribuire ad estenderlo nelle diverse realtà del territorio, di sottoporlo ad una verifica larga, di svilupparlo lavorando sui temi più sensibili che riguardano tanta parte della popolazione e ai quali legare un progetto politico della sinistra italiana, a cominciare dalla pace, dall’equità sociale e dal lavoro, dai diritti e dall’ambiente alla laicità.
Noi ci impegniamo oggi in questo cammino. A costruirlo nel tempo che sarà richiesto. A cominciare ora.
Roma, 7 novembre 2008
Primi firmatari:
Mario Agostinelli, Vincenzo Aita, Ritanna Armeni, Alberto Asor Rosa, Angela Azzaro, Fulvia Bandoli, Katia Belillo, Giovanni Berlinguer, Piero Bevilacqua, Jean Bilongo, Maria Luisa Boccia, Luca Bonaccorsi, Sergio Brenna, Luisa Calimani, Antonio Cantaro, Luciana Castellina, Giusto Catania, Paolo Cento, Giuseppe Chiarante, Raffaella Chiodo, Marcello Cini, Lisa Clark, Maria Rosa Cutrufelli, Pippo Delbono, Vezio De Lucia, Paolo De Nardis, Loredana De Petris, Elettra Deiana, Arturo Di Corinto, Titti Di Salvo, Daniele Farina, Claudio Fava, Carlo Flamigni, Pietro Folena, Enrico Fontana, Marco Fumagalli, Luciano Gallino, Franco Giordano, Giuliano Giuliani, Umberto Guidoni, Leo Gullotta, Margherita Hack, Paolo Hutter, Francesco Indovina, Rosa Jijon, Francesca Koch, Wilma Labate, Simonetta Lombardo, Francesco Martone, Graziella Mascia, Gianni Mattioli, Danielle Mazzonis, Gennaro Migliore, Adalberto Minucci, Filippo Miraglia, Marco Montemagni, Serafino Murri, Roberto Musacchio, Pasqualina Napoletano, Paolo Naso, Diego Novelli, Alberto Olivetti, Moni Ovadia, Italo Palumbo, Giorgio Parisi, Luca Pettini, Elisabetta Piccolotti, Paolo Pietrangeli, Bianca Pomeranzi, Alessandro Portelli, Alì Rashid, Luca Robotti, Massimo Roccella, Stefano Ruffo, Mario Sai, Simonetta Salacone, Massimo L. Salvadori, Edoardo Salzano, Bia Sarasini, Scipione Semeraro, Patrizia Sentinelli, Massimo Serafini, Giuliana Sgrena, Aldo Tortorella, Gabriele Trama, Mario Tronti, Nichi Vendola
giovedì 6 novembre 2008
con gli USA che cambiano!
“Se vince Obama vado a vivere in America – dice semiserio mio figlio aspettando i dati – perché abolirà la pena di morte e ritirerà subito i soldati dall’Iraq”. Ha fatto anche lui notte fonda, come i suoi compagni di scuola, come le ragazze e i ragazzi ancora assonnati per le occupazioni contro il decreto della Gelmini. Davanti alla televisione fino a quasi il mattino, questa volta non per una partita di calcio, ma per aspettare una notizia, la buona notizia di una buona politica che finalmente può arrivare. Rifletto su quello che mi dice. Da quanto tempo la politica mondiale, planetaria, non ci innondava con una buona notizia? Ne abbiamo perso la memoria. E quando la notizia di una politica nuova, che può essere anche buona, viene dall’America vale di più. Vale di più perché sembrava in questi anni un gigante impazzito, un paese fallito, produttore di crisi. Finanziaria, economica, sociale, morale. I peggiori anni dell’America, quelli di Bush, e per quel che l’America ancora conta, i peggiori del pianeta. Gli anni della politica come menzogna, prima di tutto, fondati su quella ideologia performativa, la prima ideologia del post-moderno, che ha finito per abolire progressivamente il principio di realtà, confondere il vero con il falso, ponendosi al di là del bene e del male. E’ l’ideologia che, a partire dalla fine della guerra fredda e dunque dal crollo dell’altra ideologia, ha tentato di governare l’occidentalizzazione del mondo e ci ha portati dentro una bolla cosmica. La politica come menzogna. Delle armi di distruzione nucleare in Iraq, del titolo rischioso e dell’assicurazione per coprirsi dal rischio, dei mutui sbprime, dei bilanci militari e della spesa interna per armamenti, della deregolamentazione selvaggia dei mercati. L’America che stanotte volta pagina chiude forse il capitolo che ha sì come stolto e maldestro epigono George W. Bush ma che comincia all’inizio degli anni Ottanta con le ricette di Milton Friedman, frutto di quella teoria monetarista che Ronald Reagan inciderà nella carne viva della società statunitense, facendone pagare le spese ai poveri che sono cresciuti come mai prima e al ceto medio che si è impoverito come in nessun altro paese al mondo. La sua prima frase di capo di Stato è nota: “Lo Stato non è la soluzione dei nostri problemi, lo Stato è la causa dei nostri problemi”. In Europa l’aveva preceduto Margaret Thatcher con l’altra frase celebre: “La società non esiste, esistono gli individui”. George W. Bush le avrà rimosse entrambe nel momento preciso in cui per arginare il ritmo di due fallimenti bancari al giorno sottoscriveva il famoso piano finanziario da 700 miliardi di dollari, definito un piano “socialista” dal suo stesso entourage repubblicano. Obama, vincendo le elezioni, può chiudere questo capitolo della storia americana diventata storia del mondo negli ultimi decenni. Eredita una crisi finanziaria che ha come risvolto crudo della medaglia recessione e disoccupazione, casse dell’Unione quasi vuote, welfare ridotto all’osso, difficoltà a garantire pensioni e sanità, debolezza strutturale e quasi mancanza di strumenti d’intervento. Più di dieci milioni di senza lavoro, mezzo milione solo nel mese di settembre. Dovrà partire dal punto in cui i repubblicani, da Reagan a Bush, non sono mai giunti. Da quell’economia reale lasciata a lungo a sé stessa, quell’economia che non guarda solo alla necessaria trasparenza di Wall Street e alla ristrutturazione dei mutui, ma mette al centro la creazione di lavoro, l’assistenza sanitaria, la spesa sociale, il bene pubblico. Se è vero il paragone con la crisi del ’29, dovrà succedere, nel metodo di governo, qualcosa di simile. Dopo il crollo ci fu il welfare roosveltiano. Dopo Friedman, Reagan, Bush il Barak Obama che volta definitivamente pagina sarà quello che ci aspettiamo che sia se saprà riscrivere per l’America un nuovo contratto sociale. E da paese, gli Stati Uniti, direbbe Oscar Wilde, che stava morendo al di sopra delle proprie possibilità, tornare a rinascere.
Gianni Zagato
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