lunedì 29 settembre 2008
Una Sinistra nuova e unita
di Fulvia Bandoli
Tra qualche giorno esce un libro di autori vari dal titolo drammatico “ Sinistra Senza Sinistra”, come a dire che la sinistra italiana ( che non è la parte sinistra dell’emiciclo di Montecitorio) ma è la storia di diritti, di principi e di conquiste, l’inveramento di un’ idea di giustizia sociale e di umana convivenza, e che è costituita da quelle tante donne e uomini che si dicono e che si sentono di sinistra…questa sinistra non trova alcuna sinistra politica che organizzi un agire collettivo, che dia corpo ad una efficace opposizione e ad un progetto alternativo per l’Italia, che sappia trasformarsi in un nuovo soggetto politico unitario.Una congiuntura inedita e drammatica, mai accaduta fino ad ora.
Siamo senza una forte sinistra politica perché il Pd andando oltre la sinistra si colloca in un generico centro democratico, affollato e senza profilo, e perché noi non abbiamo avuto il coraggio di accettare con generosità e senza egoismi la sfida che la nascita del Pd (e la dissoluzione dei Ds) ci metteva davanti.
Qualcuno dice che ci volevano e ci vogliono tempi lunghi: io so che è passato un anno e mezzo e che nessuna risposta a quella sfida è stata messa in campo. Questa
situazione non regge più, così non possiamo continuare.
Io parlo qui come parlerei ad una qualsiasi altra assemblea di una forza della sinistra, credo sia tempo di dirci che è venuto il momento di mescolarci e di farci in ogni sede le stesse domande che ci faremmo all’interno dell’organizzazione alla quale momentaneamente (e io spero transitoriamente) apparteniamo. Le nostre rispettive tessere sono scolorite, anche quelle più nuove e recenti.
Ma non c’è solo la nascita del Pd a tirarci per la giacca. C’è la crisi del capitalismo globalizzato, tutto moneta di carta e speculazione, c’è la crescita delle ingiustizie nel mondo e anche nel nostro paese. C’è un pianeta che tira le cuoia. C’è una destra al governo che procede come un rullo compressore e fa danni alla coesione sociale, al mezzogiorno, ai diritti universalistici, ai diritti umani, all’informazione. E che tenta in queste ore un attacco al cuore del sindacato mettendo in discussione i principi della contrattazione collettiva. Perché allora fatichiamo tanto a trovare risposte convincenti? Io penso che la sinistra nel secolo che si è aperto debba rinnovare parole e riferimenti e non si tratta di cambiamenti di poco conto se pensiamo alla storia passata. Provo a dirne solo alcuni.
La sinistra dovrà ripensare il ruolo sociale del lavoro , il suo peso e i suoi diritti, senza avere al suo fianco il movimento operaio tradizionalmente inteso (perché non v’è dubbio che nella versione classica questo movimento non esiste più) ma avendo come interlocutori lavoratori e lavoratrici italiani e di molte altre nazionalità.
La sinistra dovrà ripensare lo sviluppo tenendo conto dei cambiamenti climatici che mutano le nostre abitudini di vita, quelle degli animali, e sconvolgono l’agricoltura mondiale e tenendo conto della sempre minore quantità di risorse naturali disponibili (petrolio, acqua, uranio, terra). Dovrà avere il coraggio di dire ciò che può crescere e ciò che invece non può più crescere, senza assumere il parametro della crescita indiscriminata come purtroppo stanno facendo sia la destra ma anche il Pd.
Incrociando concretamente la vita delle persone e i loro desideri. Quando il movimento dei contadini in India lotta per le sementi autoctone o contro le grandi dighe che costringono all’esodo milioni di persone credo che faccia proprio questo.
La sinistra dovrà ripensare la politica e imparare a farla con due sessi ormai liberi
entrambi, dicendo con chiarezza che una buona parte della crisi della politica va attribuita al mancato confronto degli uomini con l’altro sesso, e alla loro pervicace incoscienza rispetto alla crisi del patriarcato e delle sue forme.
La sinistra dovrà ripensarsi con la democrazia e la libertà che troppo spesso le sono mancate e ancora le mancano. Perché senza democrazia e libertà non c’è sinistra che tenga.
La sinistra dovrà aumentare la sua capacità di vedere il mondo, di tenere insieme povertà,disarmo e sicurezza ( che sono legate indissolubilmente), combattere tutte le dittature e tutte le violazioni dei diritti umani ovunque si manifestino, costruire un pacifismo non strabico e incarnare senza alcuna ambiguità i principi della nonviolenza.
Oltre a ciò dovremo sciogliere un nodo che spesso ci stringiamo al collo da soli, e che tante volte ci ha quasi strangolati. Mi riferisco al tema del governo. Una sinistra con una cultura di governo non significa che sta obbligatoriamente al governo o che lavora solo per andare al governo. Avere una cultura di governo significa avere una idea di paese, avere proposte per risolvere i conflitti che essa stessa provoca e agisce, saper governare i processi sociali perché li capisce. La sinistra con la più grande cultura di governo che io abbia mai conosciuto era il PCI, che stava all’opposizione ma faceva società, cultura, egemonia e coesione sociale attraverso le alleanze che sapeva costruirsi per spingere avanti le sue proposte di riforma. Nessun altro partito di sinistra è mai riuscito a fare tante riforme significative pur stando all’opposizione. Mi pare invece drammatica la crisi verticale che coinvolge la capacità di governo di tutte le forze del centro sinistra ( e del Pd da ultimo) sia a livello nazionale (penso al primo Governo Prodi, D’Alema etc… e anche al secondo governo Prodi) sia a livello locale (Campania, Calabria, Abruzzo e potrei continuare con un elenco interminabile…). Dunque si può stare al governo decenni senza governare affatto, e si può, di contro, stare all’opposizione dimostrando una grande cultura di governo.
La sinistra politica che manca all’Italia è una sinistra popolare, radicata socialmente, che ha l’ambizione di diventare una grande sinistra.
Una sinistra che compete e dunque confligge ogni volta che serve con il Pd, con coloro che si aggrappano solo alle identità, con chi raccoglie la protesta trasformandola spesso in qualunquismo. Una sinistra che si rivolge a tutte le donne e a tutti gli uomini di sinistra, senza escludere nessuno. Se altri non condividono il suo profilo e vogliono restare legati a simboli e culture identitarie, ebbene sono essi che si escludono da soli da questo progetto.
Nel suo farsi essa compete inevitabilmente con tutte le forze di opposizione e al suo nascere essa potrebbe (o meglio dovrebbe) “scompigliare” le forze attualmente esistenti. Io credo, ad esempio, che tanti elettori di sinistra stiano nel Pd, ma credo anche che in presenza di una sinistra come andiamo qui delineando quegli stessi elettori potrebbero abbandonare quel partito e dare forza a questa sinistra.
Oggi questa scelta non c’è, perché questa sinistra non è in campo, ed è per me chiarissimo che ogni giorno che passa è un giorno perso.
Di Costituente si parla da oltre un anno, adesso non possiamo più sbagliare.
L’incontro avvenuto il 20 settembre e questa assemblea oggi sono due buoni segnali d’inizio.
Alcuni dicono che sarà un processo e io sono d’accordo. Ma la domanda che ci viene posta è un'altra ed è chiarissima: comincia o no questo processo? E per dire che un processo è cominciato si deve vedere l’inizio e si deve almeno prefigurare un percorso. Se la Costituente non è la somma di ciò che c’è rimasto nella sinistra politica, più i movimenti e le associazioni sparse cosa può essere e come può partire?
Può partire da una assunzione di responsabilità personale di tante e tanti, al centro e in periferia, che reciprocamente si autorizzano ( come diceva Luisa Boccia nella sua relazione) a promuoverla e a sperimentarla nei territori attraverso comitati promotori.
Ma se non è pura costruzione astratta essa va anche messa alla prova in alcune battaglie importanti da individuare insieme ( sul lavoro, sull’energia, sulla scuola ad esempio) perché nessuna nuova forza politica nasce e si aggrega fuori o distante dalle contraddizioni e dai movimenti sociali reali. Così come si deve misurare sulla battaglia delle idee e sulla ricerca culturale, provando a scrivere nero su bianco le nostre parole nuove, quelle su cui tanto insiste anche Vendola. E infine la Costituente deve essere capace di dar vita ad un forte processo partecipativo e di consultazione di quel popolo della sinistra, tanto evocato e a nome del quale spesso indebitamente parliamo ma che mai abbiamo chiamato in causa. Noi sappiamo che la nostra credibilità ( parlo dei dirigenti) è scossa e che la nostra capacità di direzione è stata deficitaria. Pur senza eccedere in autoflagellazioni questo dato non possiamo dimenticarlo.
Parte dall’alto o dal basso? Chiedono alcuni. Il problema mi pare largamente risolto.
In alto c’è un insieme di gruppi dirigenti poco legittimati ma anche in basso non è che la situazione delle associazioni sia così rosea…la crisi ha coinvolto inevitabilmente anche loro. E se così è direi che parte da coloro che nella sinistra politica, sociale e associativa si fanno promotori e garanti, individualmente e per la storia che hanno, di quel percorso, con umiltà e spirito di servizio, consapevoli che tutto il processo dovrà essere caratterizzato dalla partecipazione e alla fine anche da una consultazione democratica, sul profilo del nuovo soggetto, sulla sua forma, sui suoi dirigenti. Se vogliamo muovere assieme alla ragione anche la passione di tanti per questa impresa.
Ma sarà un partito oppure no? A questo non so rispondere anche se condivido abbastanza quel che ha detto Mussi nei giorni scorsi…. “ ma voi ne vedete tanti dei partiti veri in Italia in questo momento?”. So bene la crisi dei partiti tradizionali e di tutte le loro forme e pratiche, ma rinnovando le seconde e inventando nuove forme un partito resta, ad ora, pur con tutte le sue imperfezioni la forma più democratica che io conosca. Ma su questo il ragionamento resta aperto.
Infine se crediamo nel processo costituente dobbiamo lasciargli un filo lungo, non tenerlo stretto al guinzaglio….affidandogli mano a mano sovranità e autonomia.
Ecco perché definire oggi il punto di arrivo del processo sarebbe impossibile ma anche sbagliato: io mi auguro che noi saremo tra i tantissimi che concorreranno a decidere, ma non i soli a farlo; se fossimo solo noi a farlo non avremmo “costituito” nulla di nuovo. Nessuno di noi, da solo/a, può risollevare e far rinascere la sinistra.
Da soli possiamo solo deperire. Solo mettendoci in discussione potremo dare il meglio. E quel che riceveremo in cambio tutte e tutti sarà la cosa più essenziale in questo momento: una sinistra nuova e unita.
*del Coordinamento nazionale di Sd
domenica 21 settembre 2008
futura umanità
sabato 20 settembre 2008
Al via la Costituente, parleremo alla sinistra senza rappresentanza
intervista a Claudio Fava
Fava, il progetto è ambizioso, ma partite con pezzi di Sd, Rc, Verdi. Non è un po’ poco?
«È un progetto diverso da quello immaginato prima delle elezioni. Non vogliamo più costruire l’unità della sinistra perché la campagna elettorale e gli esiti dei congressi mostrano che ci sono due opzioni inconciliabili: l’opzione di chi lavora per l’unità dei comunisti con un ritorno fortemente identitario alle ragioni e ai simboli della tradizione del secolo scorso e l’opzione di chi vuole una nuova sinistra che vuol rinnovare se stessa, aggiornare il proprio sguardo nei confronti di un paese profondamente cambiato, che si pone l’obiettivo di una profonda riforma delle pratiche politiche. Dobbiamo porci il problema della trasformazione del paese e dunque anche di una cultura di governo nelle forme e nelle circostanze in cui tutto questo è possibile. C’è invece chi ritiene che la funzione della sinistra sia quella di presidiare uno spazio minoritario».
Quale è l’obiettivo che vi ponete?
«Recuperare in parte i semi positivi dell’Ulivo e seppellire per sempre lo spirito malato dell’Unione è uno degli obiettivi che un processo di aggregazione politica a sinistra deve porsi».
Quali sono gli interlocutori politici a cui guarda la Costituente?
«Intanto ci sono alcuni protagonisti naturali, coloro che hanno costruito in questi anni una esperienza di militanza civile e politica a sinistra, un tessuto connettivo di associazioni e di esperienze fuori dai partiti come i movimenti pacifisti, il movimento antimafia. Penso anche alle grandi battaglie di un’associazione come Libera, a tutti coloro cioè, che hanno mirato a trasformare la coscienza civile del Paese. Poi, ci sono Sd e una parte significativa di compagni di Rc e del Pdci che non hanno condiviso le conclusioni di quel processo, i Verdi e la cultura ambientalista che ormai è orizzontale e tutta la sinistra non connotata nella militanza politica».
Agli appuntamenti elettorali come pensate di arrivare?
«Preferisco pensare alle elezioni come la conseguenza di un processo. Il centrosinistra in sé non è un valore, lo è in quanto frutto di un processo politico. Per noi l’interlocutore naturale della sinistra è il Pd, quello innaturale, impossibile, è l’Udc non per pregiudizio ma per merito politico. Sarebbe lo stesso errore che ha portato a tenere fino all’ultimo nel centrosinistra Mastella e Dini. Al tempo stesso noi troviamo che questo processo di coalizione debba essere davvero arricchito di politica rimettendo anche in discussione esperienze fallimentari come l’Abruzzo, la Calabria e la Campania. Dove non abbiamo saputo, come centrosinistra, riaffermare l’autonomia della politica».
è morto Florestano Vancini
Florestano Vancini (Ferrara, 24 agosto 1926 – Roma, 17 settembre 2008) è stato un regista italiano.
Vancini inizia la proria attività come giornalista per testate locali dell'Emilia. L'attività di cineasta inizia nei primi anni cinquanta con una serie di cortometraggi. Il primo lungometraggio girato sarà La lunga notte del '43 (1960).
La sua opera è contraddistinta da impegno politico e testimonianza storica di alcuni importanti eventi fra cui la strage di Bronte, la resistenza partigiana, le crisi dei comunisti negli anni sessanta ed i problemi sociali dell'Italia.
Negli anni ottanta realizzò una serie di fiction per la televisione di successo fra cui La piovra II (1986) e Piazza di Spagna (miniserie del 1992).
L'unico film in cui Vancini appare come attore è Cadaveri eccellenti di Francesco Rosi.
Nella produzione di Vancini vi è anche uno spaghetti western: I lunghi giorni della vendetta, con lo pseudonimo di Stan Vance.
La notizia della morte di Vancini, avvenuta il 17 settembre 2008 a Ferrara è stata è stata resa pubblica tre giorni dopo il decesso, in ossequio alla volontà del regista.
Vancini inizia la proria attività come giornalista per testate locali dell'Emilia. L'attività di cineasta inizia nei primi anni cinquanta con una serie di cortometraggi. Il primo lungometraggio girato sarà La lunga notte del '43 (1960).
La sua opera è contraddistinta da impegno politico e testimonianza storica di alcuni importanti eventi fra cui la strage di Bronte, la resistenza partigiana, le crisi dei comunisti negli anni sessanta ed i problemi sociali dell'Italia.
Negli anni ottanta realizzò una serie di fiction per la televisione di successo fra cui La piovra II (1986) e Piazza di Spagna (miniserie del 1992).
L'unico film in cui Vancini appare come attore è Cadaveri eccellenti di Francesco Rosi.
Nella produzione di Vancini vi è anche uno spaghetti western: I lunghi giorni della vendetta, con lo pseudonimo di Stan Vance.
La notizia della morte di Vancini, avvenuta il 17 settembre 2008 a Ferrara è stata è stata resa pubblica tre giorni dopo il decesso, in ossequio alla volontà del regista.
martedì 16 settembre 2008
il cordoglio da solo non basta
Oggi tutti pronunciano parole diverse, finalmente.
Troppo grande la tragedia del giovane italiano (sì, italiano) di colore ammazzato a bastonate domenica mattina. Troppo grande per essere affrontata solo con il dolore e con il cordoglio alla famiglia. Troppo grande per non mettere in discussione parole, atteggiamenti, cultura (sì, cultura) con cui da un tempo troppo lungo si parla e si agisce a Milano e non solo.
Questo omicidio non deve essere usato per fare manifestazioni o per dire “avevo ragione”: un primo modo per cambiare è quello di non cedere alla tentazione di “usare” tragedie e problemi.
Dobbiamo guardare un po’ più a fondo nelle cose. Cosa c’è a Milano? Come è già cambiata questa metropoli, se – come pare – una violenza diffusa cova sotto la sua pelle? Cosa si muove – nell’ombra dei quartieri e nella oscurità delle coscienze – e cosa può improvvisamente emergere in uno scoppio di violenza?
Non c’è una causa sola, naturalmente: grandi organizzazioni criminali, traffico di stupefacenti, utilizzo nell’economia legale delle grandi disponibilità di denaro illegale; lavoro nero e pericoloso che si alimenta anche della povertà diffusa (tra gli immigrati ma non solo, come è sempre successo in tutti i paesi e in tutte le storie) e emarginazione sociale; caduta delle soglie della convivenza per la scomparsa di certezze sul presente e sul futuro; comportamenti violenti nella vita quotidiana minuta (nei locali, nel traffico, nelle scuole).
Non è sociologia (e che ci sarebbe di male, poi?) né giustificazionismo: sono questi i grandi blocchi di questioni cui mettere mano e rimandano alla necessità di pensare e praticare una politica alta – nella ispirazione, nella proposta, nei programmi – che possa iniziare a cambiare lo stato delle cose presenti e che, anche per questo, possa tornare ad essere uno dei punti di riferimento per una società più civile perché ha ragioni e strumenti in cui riconoscersi.
Tuttavia un problema enorme è tutto di fronte a noi. E’ passata l’idea che sia possibile fare giustizia da sé. E’ cresciuta la insofferenza perché comportamenti pubblici e poteri istituzionali hanno “fatto campagna”, perché invece di perseguire i reati si sono additate le etnie o le culture, perché la necessaria attenzione alla sicurezza delle persone – e in particolare quelle più in difficoltà perché sole o anziane – ha dato il via a tante parole e decisioni che rendono le nostre città un luogo di esasperato controllo.
Le cose sono più complicate delle ordinanze dei sindaci, soprattutto quando ci sono poi gli scoppi – nemmeno più tanto improvvisi e nemmeno isolati – di violenza privata.
Vogliamo parlare della legalità, delle condizioni indispensabili per assicurarla e garantirla. Vogliamo contribuire a ricostruire un clima di fiducia e collaborazione, tra le persone e nei luoghi della vita civile – dal quartiere allo stadio. Vogliamo che siano prevenuti e repressi i reati, rafforzando i corpi dello Stato e non con (piccole) parate di pura apparenza.
Ricostruzione del tessuto civile e ricostruzione delle città, non come aggregato di costruzioni ma come insieme delle persone che vi abitano, vi lavorano e cercano un presente ed un futuro, come luogo delle opportunità e dei diritti, come luogo dei doveri dei cittadini e dei poteri pubblici e privati: questo è quanto pensiamo e per cui vogliamo impegnarci, insieme a molti altri, partiti, associazioni, sindacati, soggetti collettivi e individuali.
Milano, 15 settembre 2008
in ricordo di Stefano Rosso
il video amatoriale "una storia disonesta",girato in occasione del Concerto di Stefano Rosso alla Festa di Liberazione del 2006 a Collerolletta
Stefano Rosso è morto a 59 anni. se ne va un altro grande interprete della musica d'autore italiana.famoso soprattutto per il ritornello "che bello, due amici una chitarra e lo spinello...", ha scritto altre bellissime canzoni, tra cui "letto 26", "Valentina" e "odio chi?"
Stefano Rosso è morto a 59 anni. se ne va un altro grande interprete della musica d'autore italiana.famoso soprattutto per il ritornello "che bello, due amici una chitarra e lo spinello...", ha scritto altre bellissime canzoni, tra cui "letto 26", "Valentina" e "odio chi?"
sabato 13 settembre 2008
martedì riunione SD Terni
domenica 7 settembre 2008
Un nuovo inizio per il futuro della sinistra italiana
Si è riunita il 5 e 6 settembre la Direzione Nazionale di Sinistra Democratica, due giorni di discussione intensa e approfondita sulla base di una analisi della situazione politica, degli impegni che ci attendono, e delle scelte che dobbiamo compiere nelle prossime settimane, tracciati da Claudio Fava nella relazione introduttiva. Moltissimi gli interventi delle compagne e dei compagni dell’organismo dirigenti che si sono confrontati, anche con una riflessione che Mario Tronti ha voluto dare al confronto. I lavori si sono conclusi con l’approvazione di un Documento che qui pubblichiamo.
1. La ripresa politica vede l’Italia di fronte a crescenti contraddizioni, squilibri e ingiustizie che da tempo ne frenano lo sviluppo -non soltanto economico ma sociale e ambientale- ma che ora vengono pesantemente aggravate dal procedere spedito di questo governo verso la rapida attuazione del suo programma.
In soli pochi mesi, disponendo di una larga maggioranza parlamentare e attraverso un uso distorto delle procedure istituzionali come delle norme costituzionali, la destra al governo sta mettendo in discussione i due pilastri fondamentali che reggono la vita democratica di un paese, l’equità sociale e i diritti civili. Tanto le importanti conquiste consolidate nel corso di decenni di vita e di lotta democratica, quanto le reali possibilità di attuare quelle vere riforme di cui l’Italia ha sempre più bisogno.
Questo riguarda fondamentali beni pubblici che segnano la qualità dello stato sociale di un paese e su cui si misura la vita quotidiana di donne e uomini: salute, istruzione e formazione. La scuola italiana è con questo governo sotto un attacco che svilisce la qualità educativa e pedagogica da trasmettere alle ragazze e ai ragazzi, umilia il lavoro di tanti insegnanti capaci, e quindi crea distacco tra società, famiglie e istituzioni scolastiche. E riguarda ancor di più la realtà attuale del mondo del lavoro oggi nel nostro Paese: perdita di centralità, precarietà persistente, condizioni materiali di lavoro sempre più insicure e pesanti, salari da troppo tempo fermi e troppo bassi, volontà di ridurre l’azione e il ruolo della rappresentanza sindacale.
2. E tuttavia l’azione devastatrice di questo governo non incontra ancora, a diversi mesi ormai dal voto di aprile, un’opposizione politica capace di resistere agli attacchi della destra e di indicare la possibilità di diversa prospettiva politica per l’Italia.
L’opposizione non solo tarda a organizzarsi, ma corre il serio rischio di presentarsi divisa, chiusa nel recinto, largo o angusto che sia, delle diverse logiche identitarie, incapaci di produrre quell’ampia, diffusa, forte partecipazione unitaria che l’opposizione deve avere oggi in Italia se vuole essere efficace e rialzare la testa di fronte ai colpi di questo governo.
E’ per questo che Sinistra Democratica – nata non già come ennesimo partito politico ma come movimento politico che ha il principale obiettivo di unire la sinistra e costruire un nuovo centrosinistra per governare l’Italia – ritiene si debbano individuare i punti essenziali di una comune piattaforma, quegli stessi su cui le azioni del governo rendono ogni giorno più pesante la vita materiale di tanta parte della popolazione, e si debbano dare segnali inequivocabili di unità e di mobilitazione prima di tutto nei suoi territori.
Ed è per questo, quindi, che Sd non condivide l’ipotesi di svolgere, ad ottobre, diverse e distinte manifestazioni dell’opposizione nel paese, incapaci nei fatti di parlarsi, con l’unico risultato di lanciare un messaggio identitario e di divisione ulteriore. Troppo poco di fronte ad una realtà così pesante e troppo poco anche di fronte agli insegnamenti che tutti dobbiamo trarre dalle divisioni e dagli errori che hanno segnato, in tutto il campo del centrosinistra, l’ultima campagna elettorale.
Ecco perché noi riteniamo necessario costruire una piattaforma e una mobilitazione del’’opposizione. E’ così che si può mettere in moto una doppia speranza. Che un’opposizione finalmente c’è, si organizza, mobilita soggetti e coscienze, unisce. E che da una simile opposizione si può partire, certo in un percorso ancora aperto e difficile, per costruire un nuovo centrosinistra per il governo dell’Italia.
Noi intendiamo lavorare per questo semplice, ma fondamentale obiettivo e ci rivolgiamo a tutti gli interlocutori del centrosinistra come alle tante diverse realtà in ogni parte del territorio del paese che chiedono segnali di speranza e di risposta politica efficace.
3. La nostra prospettiva politica già delineata a Chianciano pochi mesi fa e ribadita nel corso dei lavori della nostra Direzione, guarda alla Costituente della sinistra italiana come all’unica reale possibilità di mettere in moto un processo che da subito e già nelle elezioni amministrative ed europee indichi la strada per dare all’Italia quella sinistra politica che oggi non ha più. Dotata di autonomia culturale e organizzativa, di cultura di governo, di profilo europeo, capace di ridare centralità al valore del lavoro e alla laicità dello Stato.
Sarà un percorso lungo nel tempo ma che occorre avviare ora. Ecco perché guardiamo all’incontro del 20 settembre, al quale parteciperanno autorevoli figure rappresentative della sinistra nella cultura, nel sociale e nel mondo del lavoro, della politica e dei movimenti, come all’occasione che, dopo la sconfitta elettorale e gli esiti dei diversi congressi dei partiti di luglio, metta in moto un nuovo inizio per il futuro della sinistra italiana.
Viterbo, sabato 6 settembre 2008
1. La ripresa politica vede l’Italia di fronte a crescenti contraddizioni, squilibri e ingiustizie che da tempo ne frenano lo sviluppo -non soltanto economico ma sociale e ambientale- ma che ora vengono pesantemente aggravate dal procedere spedito di questo governo verso la rapida attuazione del suo programma.
In soli pochi mesi, disponendo di una larga maggioranza parlamentare e attraverso un uso distorto delle procedure istituzionali come delle norme costituzionali, la destra al governo sta mettendo in discussione i due pilastri fondamentali che reggono la vita democratica di un paese, l’equità sociale e i diritti civili. Tanto le importanti conquiste consolidate nel corso di decenni di vita e di lotta democratica, quanto le reali possibilità di attuare quelle vere riforme di cui l’Italia ha sempre più bisogno.
Questo riguarda fondamentali beni pubblici che segnano la qualità dello stato sociale di un paese e su cui si misura la vita quotidiana di donne e uomini: salute, istruzione e formazione. La scuola italiana è con questo governo sotto un attacco che svilisce la qualità educativa e pedagogica da trasmettere alle ragazze e ai ragazzi, umilia il lavoro di tanti insegnanti capaci, e quindi crea distacco tra società, famiglie e istituzioni scolastiche. E riguarda ancor di più la realtà attuale del mondo del lavoro oggi nel nostro Paese: perdita di centralità, precarietà persistente, condizioni materiali di lavoro sempre più insicure e pesanti, salari da troppo tempo fermi e troppo bassi, volontà di ridurre l’azione e il ruolo della rappresentanza sindacale.
2. E tuttavia l’azione devastatrice di questo governo non incontra ancora, a diversi mesi ormai dal voto di aprile, un’opposizione politica capace di resistere agli attacchi della destra e di indicare la possibilità di diversa prospettiva politica per l’Italia.
L’opposizione non solo tarda a organizzarsi, ma corre il serio rischio di presentarsi divisa, chiusa nel recinto, largo o angusto che sia, delle diverse logiche identitarie, incapaci di produrre quell’ampia, diffusa, forte partecipazione unitaria che l’opposizione deve avere oggi in Italia se vuole essere efficace e rialzare la testa di fronte ai colpi di questo governo.
E’ per questo che Sinistra Democratica – nata non già come ennesimo partito politico ma come movimento politico che ha il principale obiettivo di unire la sinistra e costruire un nuovo centrosinistra per governare l’Italia – ritiene si debbano individuare i punti essenziali di una comune piattaforma, quegli stessi su cui le azioni del governo rendono ogni giorno più pesante la vita materiale di tanta parte della popolazione, e si debbano dare segnali inequivocabili di unità e di mobilitazione prima di tutto nei suoi territori.
Ed è per questo, quindi, che Sd non condivide l’ipotesi di svolgere, ad ottobre, diverse e distinte manifestazioni dell’opposizione nel paese, incapaci nei fatti di parlarsi, con l’unico risultato di lanciare un messaggio identitario e di divisione ulteriore. Troppo poco di fronte ad una realtà così pesante e troppo poco anche di fronte agli insegnamenti che tutti dobbiamo trarre dalle divisioni e dagli errori che hanno segnato, in tutto il campo del centrosinistra, l’ultima campagna elettorale.
Ecco perché noi riteniamo necessario costruire una piattaforma e una mobilitazione del’’opposizione. E’ così che si può mettere in moto una doppia speranza. Che un’opposizione finalmente c’è, si organizza, mobilita soggetti e coscienze, unisce. E che da una simile opposizione si può partire, certo in un percorso ancora aperto e difficile, per costruire un nuovo centrosinistra per il governo dell’Italia.
Noi intendiamo lavorare per questo semplice, ma fondamentale obiettivo e ci rivolgiamo a tutti gli interlocutori del centrosinistra come alle tante diverse realtà in ogni parte del territorio del paese che chiedono segnali di speranza e di risposta politica efficace.
3. La nostra prospettiva politica già delineata a Chianciano pochi mesi fa e ribadita nel corso dei lavori della nostra Direzione, guarda alla Costituente della sinistra italiana come all’unica reale possibilità di mettere in moto un processo che da subito e già nelle elezioni amministrative ed europee indichi la strada per dare all’Italia quella sinistra politica che oggi non ha più. Dotata di autonomia culturale e organizzativa, di cultura di governo, di profilo europeo, capace di ridare centralità al valore del lavoro e alla laicità dello Stato.
Sarà un percorso lungo nel tempo ma che occorre avviare ora. Ecco perché guardiamo all’incontro del 20 settembre, al quale parteciperanno autorevoli figure rappresentative della sinistra nella cultura, nel sociale e nel mondo del lavoro, della politica e dei movimenti, come all’occasione che, dopo la sconfitta elettorale e gli esiti dei diversi congressi dei partiti di luglio, metta in moto un nuovo inizio per il futuro della sinistra italiana.
Viterbo, sabato 6 settembre 2008
mercoledì 3 settembre 2008
contro il licenziamento di Dante De Angelis
clicca qui per firmare la petizione
Le FS hanno licenziato il macchinista/RLS
Dante De Angelis. L'aver esercitato il diritto di critica ed il ruolo di scrupoloso RLS è costato, ancora una volta, il posto di lavoro a Dante De Angelis, macchinista in forza al deposito locomotive di Roma S. Lorenzo. Con questo atto la Società vorrebbe chiudere la bocca ad un delegato che ha osato mettere in evidenza le possibili lacune, ammesse anche dallo stesso AD Moretti, che hanno determinato lo spezzamento di due Eurostar nell'arco di 10 giorni. Con questa azione, che segue quella degli 8 licenziamenti di Genova ai danni di operai che avevano già terminato l'attività di manutenzione programmata il gruppo dirigente delle FS spa apre uno scontro senza precedenti contro i lavoratori delle FS, ai quali si chiede di tacere anche quando, nel ruolo di RLS, hanno l'obbligo di segnalare ogni possibile elemento di rischio che possa pregiudicare la sicurezza dei lavoratori, dei treni e dei cittadini che ogni giorno li usano con fiducia.
Dopo le abbuffate di ipocrisia (precedenti la stesura del Testo Unico) che lo volevano al centro di un sistema virtuoso tendente al progressivo miglioramento delle condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro, il ruolo del RLS, col licenziamento di Dante De Angelis, torna a essere quello delle origini: scomodo e, quindi, da ridurre al minimo, al silenzio. In più, Dante è stato licenziato perchè ha posto al servizio della collettività, dei cittadini-viaggiatori, la propria esperienza, una sorta di garanzia che, per qualità del servizio ferroviario, si potesse contare soprattutto sui diretti artefici: i ferrovieri stessi.
Per questo abbiamo tutti il dovere di rispondere in modo adeguato a questa sfida, richiedendo il reintegro immediato di Dante De Angelis.
Iscriviti a:
Post (Atom)