venerdì 29 febbraio 2008
chi vota per la Sinistra
28 Febbraio 2008
In crescita
autore: Verdi > Notizie
Se si votasse oggi, la Sinistra Arcobaleno che candida Fausto Bertinotti premier avrebbe tra il 7 e il 9% dei voti degli elettori italiani, ma il suo potenziale elettorale può arrivare fino al 15%.
E' il risultato di un sondaggio Ipr Marketing per Sky Tg 24. Il problema principale di Sinistra Arcobaleno, rileva il sondaggio, è che meno della metà degli elettori sa quali sono i partiti che compongono la nuova formazione che si presenta alle elezioni con Bertinotti candidato premier.
Il 48% del campione sa che c'è Rifondazione, il 43% i Comunisti Italiani, il 38% i Verdi, e solo il 20% sa che c'è anche Sinistra democratica. Tra coloro che sicuramente voteranno Sinistra Arcobaleno, secondo il sondaggio Ipr, il 17% si definisce ex elettore dell'Ulivo nel 2006.
Quanto al profilo degli elettori di Sinistra Arcobaleno, si tratta in maggioranza di donne (57%), tra i 35 e i 54 anni (52%), e con un titolo di studio superiore (53%). Il sondaggio è stato eseguito per conto di Sky Tg24 da Ipr Marketing nel giorno 28 febbraio 2008 con Panel Telematico in tempo reale, su un campione di mille casi, disaggregati per sesso, età ed area di residenza.
giovedì 28 febbraio 2008
IL PROGRAMMA
1. Dignità e diritti nel lavoro: la sicurezza
Ogni giorno in Italia muoiono in media 4 persone mentre lavorano. Grazie a una legge voluta dal Governo Berlusconi si può lavorare anche 13 o 14 ore al giorno e spesso per lavorare occorre rinunciare ai propri diritti. Siamo arrivati al paradosso che il lavoro è pagato a prezzi orientali e le merci così prodotte vengono vendute a prezzi occidentali.
La Sinistra l’Arcobaleno propone: una legge che fissi la durata massima del lavoro giornaliero in 8 ore e in 2 ore la durata massima degli straordinari; l’immediata approvazione dei decreti attuativi del Testo Unico sulla Sicurezza sul lavoro e quindi più controlli e più certezza e severità delle pene per le imprese che trasgrediscono le norme.
2. Dignità e diritti nel lavoro: lotta alla precarietà
I lavoratori e le lavoratrici precarie nel nostro Paese sono oltre 4 milioni. È precarietà di vita, non solo di lavoro. La Sinistra l’Arcobaleno propone di superare la legge 30 e di affermare il contratto a tempo pieno e indeterminato come forma ordinaria del rapporto di lavoro; di rafforzare la tutela dell’articolo 18 contro i licenziamenti ingiustificati; di cancellare dall’ordinamento le forme di lavoro co.co.co, co.co.pro e le false partite IVA.
3. Dignità e diritti nel lavoro: salari, fisco e redistribuzione del reddito
Nel 2003 ai lavoratori toccava il 48,9% del reddito prodotto nel Paese, nel 1972 era il 59,2%. Oggi la quota dei redditi da lavoro dipendente è ulteriormente diminuita. Secondo i dati della Banca d’Italia, dal 2000 al 2006 prezzi e tariffe sono notevolmente aumentati e i salari sono rimasti invariati. La Sinistra l’Arcobaleno vuole fissare per legge il salario orario minimo per garantire una retribuzione mensile netta di almeno 1000 euro; propone un meccanismo di recupero automatico annuale dell’inflazione reale; propone di elevare le detrazioni fiscali per i lavoratori dipendenti. La Sinistra l’Arcobaleno vuole introdurre, come avviene in tutta Europa, un reddito sociale per i giovani in cerca di occupazione e per i disoccupati di lungo periodo, costituito da erogazioni monetarie e da un pacchetto di beni e servizi. La Sinistra l’Arcobaleno propone di diminuire il prelievo fiscale per i redditi più bassi portandoli dal 23 al 20%, contemporaneamente di aumentare la tassazione sulle rendite finanziarie al 20%, di redistribuire il reddito ai lavoratori e alle lavoratrici attuando immediatamente quanto previsto dalla Finanziaria di quest’anno, che destina loro tutto l’extragettito maturato.
4. Laicità: lo spazio di libertà per tutti
Nei Paesi europei più avanzati, e non solo in Europa, i fondamentali diritti della persona sono tutelati e garantiti da una legislazione che ne salvaguarda la sfera personale, nel rispetto della libertà di scelta di ciascuna e di ciascuno. Da noi non è così. La Sinistra l’Arcobaleno afferma l’uguaglianza sostanziale dei diritti delle persone omosessuali e propone il riconoscimento pubblico delle unioni civili. La Sinistra l’Arcobaleno ritiene che ognuna e ognuno abbia il diritto di decidere del proprio corpo e della propria vita e propone una legge sul testamento biologico.
5. Libertà e autodeterminazione femminile
Nemmeno negli anni ’70 l’attacco alla libertà delle donne è stato tanto feroce; addirittura c’è chi propone una moratoria contro l’aborto chiamando “assassine” le donne. La Sinistra l’Arcobaleno propone interventi affinché la legge 194 sia applicata estendendo in tutto il Paese la rete dei consultori e introducendo in via definitiva la pillola RU 486 come tecnica non chirurgica di intervento che può essere scelta dalle donne; una nuova legge sulla fecondazione assistita per eliminare gli ingiusti divieti della legge 40, lesivi della libertà di scelta delle donne e del diritto costituzionale alla tutela della salute; una norma che persegua tutte le forme di discriminazione basate sull’orientamento sessuale e l’identità di genere.
6. La pace, il disarmo
L’Italia è al 32° posto per la ricerca scientifica e al 7° posto nella classifica mondiale delle spese in armamenti. Con i soldi spesi per comprare un solo caccia Euro Fighter si potrebbero costruire 100 asili. La Sinistra l’Arcobaleno ritiene che vada pienamente attuato l’art. 11 della Costituzione. L’Italia non deve più partecipare a missioni al di fuori del comando politico e militare delle Nazioni Unite. Vanno tagliate le spese per gli armamenti ed avviata la riconversione dell’industria bellica applicando la legge 185. Vogliamo una legge per la messa al bando delle armi nucleari dal nostro Paese. Siamo contrari alla costruzione della nuova base militare a Vicenza ed è necessaria una Conferenza nazionale sulle servitù militari per rimettere in discussione tutte le basi della guerra preventiva presenti sul nostro territorio. Serve una nuova legge sulla cooperazione allo sviluppo.
7. Proteggere il pianeta: un Patto per il clima
Contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici è fondamentale per garantire una speranza di futuro all’umanità: senza adeguate misure ci saranno rischi certi per la salute e l’ambiente. La Sinistra l’Arcobaleno rifiuta il nucleare e propone che entro il 2020 si superi il 20% dell’energia prodotta da fonti rinnovabili e che le emissioni siano ridotte del 20%; un grande investimento pubblico in pannelli solari su tutti i tetti delle case e degli edifici pubblici. L’acqua è un bene comune e come tale deve essere pubblico. La Sinistra l’Arcobaleno propone la ripubblicizzazione dei servizi idrici, una legge quadro sul governo del suolo e l’inasprimento delle pene contro i reati ambientali e le ecomafie.
8. Le “Grandi Opere” di cui il Paese ha bisogno
Sono necessari grandi investimenti per una diversa qualità dello sviluppo e una buona occupazione. Queste sono le nostre “Grandi Opere”: messa in sicurezza del territorio dal rischio sismico e da quello idrogeologico; investimenti per migliorare i servizi di trasporto per i pendolari e la mobilità nelle città con nuove metropolitane, linee tramviarie e mezzi a energia pulita. Nei prossimi 5 anni 1000 treni per i pendolari. Vanno abbandonati progetti inutili e dannosi come il Ponte sullo Stretto, il Mose a Venezia, la TAV in Val di Susa, a favore di interventi su nodi ferroviari urbani, infrastrutture ferroviarie nel Mezzogiorno e potenziamento dei valichi alpini. Investimenti sul trasporto merci su rotaia e sulle autostrade del mare. Riduzione della produzione dei rifiuti, forti investimenti nella raccolta differenziata, misure concrete per il riciclaggio, impiego delle tecnologie più moderne ed avanzate.
9. Il diritto alla salute e le politiche sociali, indice di civiltà
L’Italia destina alla spesa sociale solo il 2,7% del PIL. In Germania, ad esempio, alla spesa sociale viene destinato l’8,3%. Il fallimento e la crisi dei sistemi che hanno introdotto il mercato nella sanità sono la dimostrazione ulteriore che solo il sistema sanitario pubblico e universalistico può dare risposte al bisogno di salute. La Sinistra l’Arcobaleno propone di adeguare il fondo sanitario nazionale al livello europeo, superare definitivamente i Ticket e le liste di attesa, inserire le cure odontoiatriche nei livelli essenziali del sistema sanitario. La Sinistra l’Arcobaleno propone una legge sulla non autosufficienza finanziando un fondo nazionale per almeno 1,5 miliardi di euro, l’aumento del fondo nazionale per le politiche sociali e l’indicazione di livelli essenziali delle prestazioni per eliminare la divaricazione fra regioni ricche e povere. La Sinistra l’Arcobaleno lancia un piano di asili come cardine della rete dei servizi per le bambine e i bambini.
10. La casa è un diritto, non una merce
Dopo un ventennio di politiche di privatizzazione e deregolamentazione del mercato delle locazioni, il costo degli affitti raggiunge oggi il 50% del reddito e anche più e gli sfratti di chi non ce la fa a pagare i canoni sono diventati il 70% del totale. L’Italia spende per la politica sociale della casa un decimo dell’Europa. La Sinistra l’Arcobaleno afferma che non ci possano essere sfratti se non da casa a casa, propone un piano nazionale per l’edilizia sociale a cui destinare 1,5 miliardi di euro, che porti l’Italia al livello europeo, modificare la legge 431/98, abolendo il canale libero. Vogliamo costituire un fondo a sostegno della ricontrattazione dei mutui di chi ha acquistato la prima casa e rischia di perdere l’alloggio ed eliminare l’ICI sulla prima casa non di lusso per i redditi medio-bassi.
11. Convivenza, inclusione, cittadinanza
Gli immigrati in Italia sono quasi 4 milioni, incidono per il 6,1% sul PIL, pagano quasi 1,87 miliardi di euro di tasse. Sono lavoratrici e lavoratori indispensabili per la nostra società, ma sono esclusi dall’accesso a molti diritti. La normativa attuale impedisce l’ingresso legale nel nostro Paese, creando clandestinità e sottoponendo donne e uomini migranti ad una condizione di sfruttamento e precarietà estrema. La Sinistra l’Arcobaleno ritiene indispensabile l’abolizione della legge Bossi-Fini, e l’approvazione di una nuova normativa che introduca l’ingresso per ricerca di lavoro, meccanismi di regolarizzazione permanente, il diritto di voto alle elezioni amministrative, la chiusura dei CPT, una legge sulla cittadinanza sulla base del principio dello jus soli.
12. Istruzione, formazione, università e ricerca: le vere risorse per il futuro
Gli iscritti e le iscritte alla scuola italiana di ogni ordine e grado sono 7.742.294, le risorse destinate all’istruzione e la formazione sono pari al 3,5% del PIL e non aumentano da molti anni. Nel nostro Paese gli investimenti in università e ricerca rappresentano l’1,1% del PIL contro l’1,87% dell’Europa a 25, il 2,7% degli USA, il 3,15% del Giappone. La Sinistra l’Arcobaleno ritiene la laicità della scuola pubblica fondamentale a partire dal rispetto rigoroso del principio che le scuole private sono libere, ma senza oneri a carico dello Stato. La Sinistra l’Arcobaleno propone la generalizzazione della scuola dell’infanzia, l’estensione del tempo pieno e prolungato, l’innalzamento dell’obbligo scolastico da fare nella scuola e da portare progressivamente a 18 anni; la valorizzazione del ruolo dell’insegnante come intellettuale educatore. La Sinistra l’Arcobaleno propone di aumentare l’investimento pubblico in alta formazione e ricerca, nel corso della prossima legislatura, per raggiungere la media dei paesi OCSE; di rinnovare il sistema università e ricerca, anche con il reclutamento di 3000 giovani ricercatori l’anno per i prossimi 5 anni; di estendere il diritto allo studio elevando a 20.000 euro il limite di reddito per aver diritto alla borsa di studio.
13. Tagliare i privilegi, difendere la democrazia
La questione dei costi della politica non può essere separata dalla condizione generale del Paese: crescono le diseguaglianze e crescono i privilegi. E crescono anche gli intrecci tra affari e politica a partire dalle regioni meridionali ma non solo. La Sinistra l’Arcobaleno propone la riduzione del numero di parlamentari e di consiglieri regionali. La retribuzione dei parlamentari italiani non deve essere superiore alla retribuzione media dei parlamentari degli altri Paesi europei. È necessaria una legge che sottragga ai partiti le nomine, nella Sanità come negli altri settori pubblici, che stabilisca criteri che le Amministrazioni devono rispettare per garantire l’interesse pubblico e i principi del merito.
14. Una informazione libera, pluralista, democratica
L’Italia in questi anni è stata messa più volte sotto accusa dall’Unione Europea per carenza di pluralismo nell’informazione. Secondo l’ultimo rapporto USA sulla libertà di stampa, il nostro Paese occupa il 61° posto. La Sinistra l’Arcobaleno propone l’abrogazione della “Legge Gasparri” e l’approvazione di una vera legge di sistema che imponga tetti antitrust e impedisca posizioni dominanti nelle comunicazioni e nell’industria culturale. È assolutamente indispensabile approvare una vera legge sul conflitto di interessi.
mercoledì 27 febbraio 2008
emendamento Sinistra sul "tesoretto"
Tesoretto per i salari, via libera del Senato all’ordine del giorno della Sinistra Arcobaleno
27 02 2008
Tesoretto per i salari, via libera del Senato
A Palazzo Madama passa lodg di Sinistra Arcobaleno. Esulta il leader dei Comunisti Italiani Diliberto
ROMA - Via libera del Senato all’ordine del giorno che impegna il governo a destinare l’extragettito (quello che risulterà dalla trimestrale di cassa) per una riduzione delle tasse sui salari per i dipendenti con i redditi più bassi. L’ordine del giorno, che era stato presentato dalla Sinistra Arcobaleno e su cui il governo ha dato parere favorevole, è stato votato anche dal Pd mentre An si è astenuta mentre Forza Italia, Udc e Lega non hanno partecipato alla votazione.
COSA PREVEDE L’ODG - L’ordine del giorno della Sinistra Arcobaleno impegna il governo ad «attuare quanto disposto dalla finanziaria, dopo aver rilevato con la trimestrale di cassa, prevista per l’inizio di marzo 2008, l’entità delle maggiori entrate tributarie». L’odg impegna, in particolare, il governo ad «emanare un provvedimento urgente con il quale predisporre una prima detrazione per i redditi da lavoro dipendente più bassi, salvo stabilire con provvedimenti successivi, e dopo l’approvazione dell’assestamento di bilancio, lo stanziamento definitivo per tale detrazione».
DILIBERTO SODDISFATTO - «Ho colto l’approvazione con grande soddisfazione. L’extragettito sarà dato alle categorie più deboli ed è arrivato nel rush finale»: così il leader del Pdci, Oliviero Diliberto, ha commentato l’approvazione dell’ordine del giorno che impegna il governo a ridistribuire il tesoretto.
Fonte: Tesoretto per i salari, via libera del Senato Corriere della Sera
«ODG NON VALE NULLA» - In totale disaccordo con Diliberto il senatore di Forza Italia Maurizio Sacconi: «L’odg su tesoretto e salari proposto dalla sinistra radicale e subito condiviso dal Pd non vale niente perchè espresso da un Senato sciolto che pretende un atto straordinario da un governo in ordinaria amministrazione».
27 02 2008
Tesoretto per i salari, via libera del Senato
A Palazzo Madama passa lodg di Sinistra Arcobaleno. Esulta il leader dei Comunisti Italiani Diliberto
ROMA - Via libera del Senato all’ordine del giorno che impegna il governo a destinare l’extragettito (quello che risulterà dalla trimestrale di cassa) per una riduzione delle tasse sui salari per i dipendenti con i redditi più bassi. L’ordine del giorno, che era stato presentato dalla Sinistra Arcobaleno e su cui il governo ha dato parere favorevole, è stato votato anche dal Pd mentre An si è astenuta mentre Forza Italia, Udc e Lega non hanno partecipato alla votazione.
COSA PREVEDE L’ODG - L’ordine del giorno della Sinistra Arcobaleno impegna il governo ad «attuare quanto disposto dalla finanziaria, dopo aver rilevato con la trimestrale di cassa, prevista per l’inizio di marzo 2008, l’entità delle maggiori entrate tributarie». L’odg impegna, in particolare, il governo ad «emanare un provvedimento urgente con il quale predisporre una prima detrazione per i redditi da lavoro dipendente più bassi, salvo stabilire con provvedimenti successivi, e dopo l’approvazione dell’assestamento di bilancio, lo stanziamento definitivo per tale detrazione».
DILIBERTO SODDISFATTO - «Ho colto l’approvazione con grande soddisfazione. L’extragettito sarà dato alle categorie più deboli ed è arrivato nel rush finale»: così il leader del Pdci, Oliviero Diliberto, ha commentato l’approvazione dell’ordine del giorno che impegna il governo a ridistribuire il tesoretto.
Fonte: Tesoretto per i salari, via libera del Senato Corriere della Sera
«ODG NON VALE NULLA» - In totale disaccordo con Diliberto il senatore di Forza Italia Maurizio Sacconi: «L’odg su tesoretto e salari proposto dalla sinistra radicale e subito condiviso dal Pd non vale niente perchè espresso da un Senato sciolto che pretende un atto straordinario da un governo in ordinaria amministrazione».
martedì 26 febbraio 2008
Lavoro, idea vincente della sinistra
Intervista rilasciata da Giovanni Berlinguer a Liberazione (23 febbraio 2008)
Lavoro, idea vincente della sinistra
di Stefano Bocconetti
Riordina le carte, prende appunti. E ogni tanto risponde al telefono, risponde ai tanti che lo invitano a mille iniziative elettorali. E risponde quasi sempre di sì. Giovanni Berlinguer, 83 anni, oggi al Parlamento europeo fra i banchi dei socialisti, ma prima una vita nel Pci e nei diesse e soprattutto uno dei più autorevoli, se non il più autorevole studioso italiano di medicina sociale, è già tutto dentro la campagna elettorale.
D. La prima cosa: sei contento di come è partita?
Ti riferisci alla manifestazione dell'Eliseo?
D. Anche, perché come ti è sembrata?
Un ottimo avvio. Anche se vorrei che smettessimo di sottovalutare la voglia di partecipazione che c'è in giro. Lì, all'Eliseo metà della gente è dovuta restar fuori; troviamo invece posti, luoghi dove possa ritrovarsi la nostra gente. Dove magari possa venire anche chi non è convinto del tutto.
D. Tutto bene, allora?
Si, anche se...
D. Anche se?
Intendiamoci, non voglio che ci sia alcun equivoco: io sono felice che si sia raggiunto il risultato di creare la lista unitaria della sinistra. E' importante, darò tutto quello che ho per sostenerla. Ma sono convinto che questa campagna elettorale debba diventare anche qualcos'altro.
D. Cosa esattamente?
L'occasione per costruire il nuovo partito della sinistra. Che in Italia, a differenza che nel resto d'Europa, rischia di mancare.
D. Stai parlando del nuovo soggetto unitario?
Dipende da quel che intendi con questa definizione. Io sto parlando di un soggetto, il partito della sinistra italiana; sto parlando della forma che deve assumere la sinistra nel nostro paese.
D. La "Sinistra-l'Arcobaleno" ti sembra ancora troppo poco?
Se resta solo un cartello elettorale sì, ovvio che non basta.
D. Ma per capire: pensi che sia già tardi per dar vita ad una nuova formazione della sinistra?
No, tardi no. Ma ci sono stati molti freni e ci si è preoccupati più di costruire equilibri interni ai gruppi dirigenti che ascoltare i cittadini, acquisire nuovi consensi, recuperare chi si è allontanato.
D. Scusa la franchezza: ma molti sostengono che i "freni“ sono venuti proprio dalla Sinistra democratica, dal gruppo che è uscito dai diesse e di cui fai parte.
Francamente non mi pare che sia così. E poi, davvero adesso ha poco senso mettersi col bilancino a disegnare le colpe dei contraenti. Guardiamo al futuro: oggi dobbiamo impegnarci come una sola persona. Per strappare il miglior risultato possibile alle elezioni e, contemporaneamente, per gettare le basi del nuovo partito.
D. Campagna elettorale, allora. Qualche osservatore ha fatto notare che, al di là del merito, Veltroni s'è presentato con un'idea forte. Discutibilissima, ma comunque un progetto che sembra mancare alla sinistra. Che ne dici?
Non sono d'accordo. Ho letto i materiali che hanno avviato la discussione sul programma e mi pare che lì ci sia quello di cui c'è bisogno. C’è la parola d'ordine, l'idea necessaria e vincente: il lavoro. Inteso non più solo come rivendicazione dei diritti sindacali o contrattuali. No, mi sembra che finalmente la sinistra, questa nuova sinistra, ricominci a disegnare il ruolo che il mondo del lavoro deve avere nella società. Un ruolo che gli stessi lavoratori devono riprendersi nelle loro coscienze.
D. Stai pensando a qualche proposta in particolare?
No, penso all'insieme del progetto della sinistra. C'è una linea che tende a riequilibrare quelle risorse e quei poteri che in questi ultimi 25 anni si sono spostati a vantaggio delle imprese. Sì, insomma, mi sembra importante che finalmente si ritorni a parlare di una verità semplicissima: che chi assicura la produzione della ricchezza dovrebbe poterne usufruire in una quota molto maggiore dell'attuale. E ti ripeto: dopo un quarto di secolo che si sta andando nella direzione opposta.
D. E la sinistra, tutta, non ha alcuna responsabilità per come sono andate cose in questi 25 anni?
Sicuramente questi processi sono stati poco contrastati. Non si è percepito - parlo dell'Italia ma anche dell'Europa - che, nonostante le negazioni, c'è stata davvero lotta di classe. Ma l'ha fatta una parte sola: il capitale! E a questo, negli ultimi anni, si è aggiunto, in maniera lampante, lo schiacciamento operato dall'economia finanziaria sull'economia della produzione. Determinando le distorsioni che conosciamo.
D. Parli di lotta di classe. Su questo giornale ne parlava anche un altro grande dirigente, Pietro Ingrao, pochi giorni fa. E' una formulazione che ti convince? Nel senso che c'è necessità di una nuova stagione di lotta di classe?
Mi stai chiedendo se è una formula che si può usare? Ma sì, certo. Se serve a far capire che c'è bisogno di di impegnarsi, che c'è bisogno di conflitto. Anche se io resto convinto che c'è bisogno di lotta, ma anche di collaborazione. Per questo, se permetti, mi viene da dire una cosa sugli slogan di questa campagna elettorale...
D. Ovviamente.
Diciamo che non sono molto convinto di uno slogan che dice: vota a sinistra, fai "una scelta di parte".
D. Che vuoi dire?
Che in una società democratica, e complessa come l'attuale, non si può solo puntare su una parte, anche se rilevantissima e meritevole di ogni considerazione. Io penso che occorra tener presenti anche altri interessi, che considero legittimi, e che occorra considerare in primo luogo ciò che può migliorate la vita di tutti gli italiani
D. Stai dicendo che quella parola d'ordine mina le possibilità di alleanze?
No, però sono convinto che la nostra battaglia debba procedere senza isolarsi, debba prevedere rapporti con le altre forze politiche.
D. E siamo a parlare del piddì.
Parliamone. A me non piace uno schema per cui ci sarebbe un “nemico”, la destra, aggressivo e inquietante, e un “avversario”, il partito democratico. Al contrario penso che dovremmo incalzare il partito di Veltroni, sollecitarlo, scontrarci quando necessario, ma per costruire le ragioni di una convergenza.
D. Davvero te la immagini questa convergenza?
Me la auguro e la considero possibile (e prende fra le sue carte il Manifesto dei democratici). La parte sulla laicità dello Stato, laddove descrive il diritto degli individui, di tutti, a decidere di se stessi, la trovo abbastanza condivisibile.
D. Ma come? Proprio su questi temi, il piddì è stato attraversato da una discussione fortissima, perché tanti hanno lamentato una mancanza di laicità nel documento fondante del nuovo partito?
Io non la vedo così. Se vogliamo restare ai documenti, non alle cose che dice la Binetti o qualche altro, lì si disegna un partito con il quale è possibile convergere nelle grandi battaglie di libertà. Tutt'altra cosa, invece, per ciò che riguarda le scelte economiche e sociali...
D. In questo caso ci si contrappone?
Si discute, perchè sono scelte lontane, e spesso profondamente diverse da quelle che deve fare la sinistra.
D. Parli di possibili convergenze, eppure tanti dicono che dopo il voto piddì e Berlusconi governeranno insieme. Con la sinistra relegata ai margini.
Io non dò affatto per scontato che il risultato elettorale debba relegarci inesorabilmente all'opposizione. E penso che dipenda anche dalla forza e dalla capacità di iniziativa della sinistra la possibilità di ridare vita a nuove forme di collaborazione. L'unica cosa che darei per certa è l'impossibilità per la sinistra a partecipare a maggioranze insieme al cosiddetto partito della libertà.
D. Ma mi dai una definizione del partito di Veltroni?
Il partito di un leader che ha saputo cogliere un'esigenza diffusa. Quella di superare una lunga fase, segnata da ampie coalizioni che non riuscivano ad esprimere una politica unitaria. Sottoposte, com'è stato evidente col governo Prodi, a pressioni sgangherate, da parte dei piccoli partiti che hanno sempre guardato con più simpatia al centro destra. Ha avuto quell'intuizione e mi sembra che la stia comunicando bene.
D. Niente grande coalizione, dici. Eppure al parlamento europeo spesso, socialisti e popolari votano insieme. Come mai?
So che la “vulgata” racconta questo, almeno sui nostri giornali. Ma non è affatto così. A Bruxelles sui temi dei diritti civili e delle libertà spesso riusciamo a costruire un vasto arco di forze che comprende la sinistra “radicale”, i socialisti, i verdi, i liberaldemocratici. Quando invece si affrontano temi economici e sociali, una parte di queste forze si avvicina e vota con il partito popolare. Sto parlando anche dei liberaldemocratici italiani, compresi gli esponenti eletti nelle liste della Margherita, oggi fra i democratici. Questa è la vera situazione, altro che grande coalizione.
D. Torniamo in Italia, alla sinistra. Che ti aspetti all'indomani del voto?
Tre cose.
D. La prima?
L'avvio del passaggio da raggruppamento elettorale a partito.
D. La seconda?
Una campagna di conoscenza e di ascolto dei giovani.
D. Nuovo partito, che parli il linguaggio dei giovani: la terza cosa sembra scontata. Non è così?
Certo. E’ necessario svecchiare radicalmente i gruppi dirigenti di questa sinistra. Non per escludere chi ha lavorato fino ad ora per garantire un futuro alle forze legate al movimento operaio. Il loro ruolo c'è, è importante e deve essere valorizzato. Ma c'è bisogno di forze fresche.
E te?
Vale anche per me. Ci sono e ci saranno tante occasioni per contribuire agli impegni futuri.
Lavoro, idea vincente della sinistra
di Stefano Bocconetti
Riordina le carte, prende appunti. E ogni tanto risponde al telefono, risponde ai tanti che lo invitano a mille iniziative elettorali. E risponde quasi sempre di sì. Giovanni Berlinguer, 83 anni, oggi al Parlamento europeo fra i banchi dei socialisti, ma prima una vita nel Pci e nei diesse e soprattutto uno dei più autorevoli, se non il più autorevole studioso italiano di medicina sociale, è già tutto dentro la campagna elettorale.
D. La prima cosa: sei contento di come è partita?
Ti riferisci alla manifestazione dell'Eliseo?
D. Anche, perché come ti è sembrata?
Un ottimo avvio. Anche se vorrei che smettessimo di sottovalutare la voglia di partecipazione che c'è in giro. Lì, all'Eliseo metà della gente è dovuta restar fuori; troviamo invece posti, luoghi dove possa ritrovarsi la nostra gente. Dove magari possa venire anche chi non è convinto del tutto.
D. Tutto bene, allora?
Si, anche se...
D. Anche se?
Intendiamoci, non voglio che ci sia alcun equivoco: io sono felice che si sia raggiunto il risultato di creare la lista unitaria della sinistra. E' importante, darò tutto quello che ho per sostenerla. Ma sono convinto che questa campagna elettorale debba diventare anche qualcos'altro.
D. Cosa esattamente?
L'occasione per costruire il nuovo partito della sinistra. Che in Italia, a differenza che nel resto d'Europa, rischia di mancare.
D. Stai parlando del nuovo soggetto unitario?
Dipende da quel che intendi con questa definizione. Io sto parlando di un soggetto, il partito della sinistra italiana; sto parlando della forma che deve assumere la sinistra nel nostro paese.
D. La "Sinistra-l'Arcobaleno" ti sembra ancora troppo poco?
Se resta solo un cartello elettorale sì, ovvio che non basta.
D. Ma per capire: pensi che sia già tardi per dar vita ad una nuova formazione della sinistra?
No, tardi no. Ma ci sono stati molti freni e ci si è preoccupati più di costruire equilibri interni ai gruppi dirigenti che ascoltare i cittadini, acquisire nuovi consensi, recuperare chi si è allontanato.
D. Scusa la franchezza: ma molti sostengono che i "freni“ sono venuti proprio dalla Sinistra democratica, dal gruppo che è uscito dai diesse e di cui fai parte.
Francamente non mi pare che sia così. E poi, davvero adesso ha poco senso mettersi col bilancino a disegnare le colpe dei contraenti. Guardiamo al futuro: oggi dobbiamo impegnarci come una sola persona. Per strappare il miglior risultato possibile alle elezioni e, contemporaneamente, per gettare le basi del nuovo partito.
D. Campagna elettorale, allora. Qualche osservatore ha fatto notare che, al di là del merito, Veltroni s'è presentato con un'idea forte. Discutibilissima, ma comunque un progetto che sembra mancare alla sinistra. Che ne dici?
Non sono d'accordo. Ho letto i materiali che hanno avviato la discussione sul programma e mi pare che lì ci sia quello di cui c'è bisogno. C’è la parola d'ordine, l'idea necessaria e vincente: il lavoro. Inteso non più solo come rivendicazione dei diritti sindacali o contrattuali. No, mi sembra che finalmente la sinistra, questa nuova sinistra, ricominci a disegnare il ruolo che il mondo del lavoro deve avere nella società. Un ruolo che gli stessi lavoratori devono riprendersi nelle loro coscienze.
D. Stai pensando a qualche proposta in particolare?
No, penso all'insieme del progetto della sinistra. C'è una linea che tende a riequilibrare quelle risorse e quei poteri che in questi ultimi 25 anni si sono spostati a vantaggio delle imprese. Sì, insomma, mi sembra importante che finalmente si ritorni a parlare di una verità semplicissima: che chi assicura la produzione della ricchezza dovrebbe poterne usufruire in una quota molto maggiore dell'attuale. E ti ripeto: dopo un quarto di secolo che si sta andando nella direzione opposta.
D. E la sinistra, tutta, non ha alcuna responsabilità per come sono andate cose in questi 25 anni?
Sicuramente questi processi sono stati poco contrastati. Non si è percepito - parlo dell'Italia ma anche dell'Europa - che, nonostante le negazioni, c'è stata davvero lotta di classe. Ma l'ha fatta una parte sola: il capitale! E a questo, negli ultimi anni, si è aggiunto, in maniera lampante, lo schiacciamento operato dall'economia finanziaria sull'economia della produzione. Determinando le distorsioni che conosciamo.
D. Parli di lotta di classe. Su questo giornale ne parlava anche un altro grande dirigente, Pietro Ingrao, pochi giorni fa. E' una formulazione che ti convince? Nel senso che c'è necessità di una nuova stagione di lotta di classe?
Mi stai chiedendo se è una formula che si può usare? Ma sì, certo. Se serve a far capire che c'è bisogno di di impegnarsi, che c'è bisogno di conflitto. Anche se io resto convinto che c'è bisogno di lotta, ma anche di collaborazione. Per questo, se permetti, mi viene da dire una cosa sugli slogan di questa campagna elettorale...
D. Ovviamente.
Diciamo che non sono molto convinto di uno slogan che dice: vota a sinistra, fai "una scelta di parte".
D. Che vuoi dire?
Che in una società democratica, e complessa come l'attuale, non si può solo puntare su una parte, anche se rilevantissima e meritevole di ogni considerazione. Io penso che occorra tener presenti anche altri interessi, che considero legittimi, e che occorra considerare in primo luogo ciò che può migliorate la vita di tutti gli italiani
D. Stai dicendo che quella parola d'ordine mina le possibilità di alleanze?
No, però sono convinto che la nostra battaglia debba procedere senza isolarsi, debba prevedere rapporti con le altre forze politiche.
D. E siamo a parlare del piddì.
Parliamone. A me non piace uno schema per cui ci sarebbe un “nemico”, la destra, aggressivo e inquietante, e un “avversario”, il partito democratico. Al contrario penso che dovremmo incalzare il partito di Veltroni, sollecitarlo, scontrarci quando necessario, ma per costruire le ragioni di una convergenza.
D. Davvero te la immagini questa convergenza?
Me la auguro e la considero possibile (e prende fra le sue carte il Manifesto dei democratici). La parte sulla laicità dello Stato, laddove descrive il diritto degli individui, di tutti, a decidere di se stessi, la trovo abbastanza condivisibile.
D. Ma come? Proprio su questi temi, il piddì è stato attraversato da una discussione fortissima, perché tanti hanno lamentato una mancanza di laicità nel documento fondante del nuovo partito?
Io non la vedo così. Se vogliamo restare ai documenti, non alle cose che dice la Binetti o qualche altro, lì si disegna un partito con il quale è possibile convergere nelle grandi battaglie di libertà. Tutt'altra cosa, invece, per ciò che riguarda le scelte economiche e sociali...
D. In questo caso ci si contrappone?
Si discute, perchè sono scelte lontane, e spesso profondamente diverse da quelle che deve fare la sinistra.
D. Parli di possibili convergenze, eppure tanti dicono che dopo il voto piddì e Berlusconi governeranno insieme. Con la sinistra relegata ai margini.
Io non dò affatto per scontato che il risultato elettorale debba relegarci inesorabilmente all'opposizione. E penso che dipenda anche dalla forza e dalla capacità di iniziativa della sinistra la possibilità di ridare vita a nuove forme di collaborazione. L'unica cosa che darei per certa è l'impossibilità per la sinistra a partecipare a maggioranze insieme al cosiddetto partito della libertà.
D. Ma mi dai una definizione del partito di Veltroni?
Il partito di un leader che ha saputo cogliere un'esigenza diffusa. Quella di superare una lunga fase, segnata da ampie coalizioni che non riuscivano ad esprimere una politica unitaria. Sottoposte, com'è stato evidente col governo Prodi, a pressioni sgangherate, da parte dei piccoli partiti che hanno sempre guardato con più simpatia al centro destra. Ha avuto quell'intuizione e mi sembra che la stia comunicando bene.
D. Niente grande coalizione, dici. Eppure al parlamento europeo spesso, socialisti e popolari votano insieme. Come mai?
So che la “vulgata” racconta questo, almeno sui nostri giornali. Ma non è affatto così. A Bruxelles sui temi dei diritti civili e delle libertà spesso riusciamo a costruire un vasto arco di forze che comprende la sinistra “radicale”, i socialisti, i verdi, i liberaldemocratici. Quando invece si affrontano temi economici e sociali, una parte di queste forze si avvicina e vota con il partito popolare. Sto parlando anche dei liberaldemocratici italiani, compresi gli esponenti eletti nelle liste della Margherita, oggi fra i democratici. Questa è la vera situazione, altro che grande coalizione.
D. Torniamo in Italia, alla sinistra. Che ti aspetti all'indomani del voto?
Tre cose.
D. La prima?
L'avvio del passaggio da raggruppamento elettorale a partito.
D. La seconda?
Una campagna di conoscenza e di ascolto dei giovani.
D. Nuovo partito, che parli il linguaggio dei giovani: la terza cosa sembra scontata. Non è così?
Certo. E’ necessario svecchiare radicalmente i gruppi dirigenti di questa sinistra. Non per escludere chi ha lavorato fino ad ora per garantire un futuro alle forze legate al movimento operaio. Il loro ruolo c'è, è importante e deve essere valorizzato. Ma c'è bisogno di forze fresche.
E te?
Vale anche per me. Ci sono e ci saranno tante occasioni per contribuire agli impegni futuri.
sabato 9 febbraio 2008
Senza confini
L'ultimo editoriale di Luigi Pintor, morto il 17 maggio 2003
La sinistra italiana che conosciamo è morta. Non lo ammettiamo perché si apre un vuoto che la vita politica quotidiana non ammette. Possiamo sempre consolarci con elezioni parziali o con una manifestazione rumorosa. Ma la sinistra rappresentativa, quercia rotta e margherita secca e ulivo senza tronco, è fuori scena. Non sono una opposizione e una alternativa e neppure una alternanza, per usare questo gergo. Hanno raggiunto un grado di subalternità e soggezione non solo alle politiche della destra ma al suo punto di vista e alla sua mentalità nel quadro internazionale e interno.
Non credo che lo facciano per opportunismo e che sia imputabile a singoli dirigenti. Dall'89 hanno perso la loro collocazione storica e i loro riferimenti e sono passati dall'altra parte. Con qualche sfumatura. Vogliono tornare al governo senza alcuna probabilità e pensano che questo dipenda dalle relazioni con i gruppi dominanti e con l'opinione maggioritaria moderata e di destra. Considerano il loro terzo di elettorato un intralcio più che l'unica risorsa disponibile. Si sono gettati alle spalle la guerra con un voto parlamentare consensuale. Non la guerra irachena ma la guerra americana preventiva e permanente. Si fanno dell'Onu un riparo formale e non vedono lo scenario che si è aperto. Ciò vale anche per lo scenario italiano, dove il confronto è solo propagandistico. Non sono mille voci e una sola anima come dice un manifesto, l'anima non c'è da tempo e ora non c'è la faccia e una fisionomia politica credibile. E' una constatazione non una polemica.
Noi facciamo molto affidamento sui movimenti dove una presenza e uno spirito della sinistra si manifestano. Ma non sono anche su scala internazionale una potenza adeguata. Le nostre idee, i nostri comportamenti, le nostre parole, sono retrodatate rispetto alla dinamica delle cose, rispetto all'attualità e alle prospettive.
Non ci vuole una svolta ma un rivolgimento. Molto profondo. C'è un'umanità divisa in due, al di sopra o al di sotto delle istituzioni, divisa in due parti inconciliabili nel modo di sentire e di essere ma non ancora di agire. Niente di manicheo ma bisogna segnare un altro confine e stabilire una estraneità riguardo all'altra parte. Destra e sinistra sono formule superficiali e svanite che non segnano questo confine.
Anche la pace e la convivenza civile, nostre bandiere, non possono essere un'opzione tra le altre, ma un principio assoluto che implica una concezione del mondo e dell'esistenza quotidiana. Non una bandiera e un'idealità ma una pratica di vita. Se la parte di umanità oggi dominante tornasse allo stato di natura con tutte le sue protesi moderne farebbe dell'uccisione e della soggezione di sé e dell'altro la regola e la leva della storia. Noi dobbiamo abolire ogni contiguità con questo versante inconciliabile. Una internazionale, un'altra parola antica che andrebbe anch'essa abolita ma a cui siamo affezionati. Non un'organizzazione formale ma una miriade di donne e uomini di cui non ha importanza la nazionalità, la razza, la fede, la formazione politica, religiosa. Individui ma non atomi, che si incontrano e riconoscono quasi d'istinto ed entrano in consonanza con naturalezza. Nel nostro microcosmo ci chiamavamo compagni con questa spontaneità ma in un giro circoscritto e geloso. Ora è un'area senza confini. Non deve vincere domani ma operare ogni giorno e invadere il campo. Il suo scopo è reinventare la vita in un'era che ce ne sta privando in forme mai viste.
La sinistra italiana che conosciamo è morta. Non lo ammettiamo perché si apre un vuoto che la vita politica quotidiana non ammette. Possiamo sempre consolarci con elezioni parziali o con una manifestazione rumorosa. Ma la sinistra rappresentativa, quercia rotta e margherita secca e ulivo senza tronco, è fuori scena. Non sono una opposizione e una alternativa e neppure una alternanza, per usare questo gergo. Hanno raggiunto un grado di subalternità e soggezione non solo alle politiche della destra ma al suo punto di vista e alla sua mentalità nel quadro internazionale e interno.
Non credo che lo facciano per opportunismo e che sia imputabile a singoli dirigenti. Dall'89 hanno perso la loro collocazione storica e i loro riferimenti e sono passati dall'altra parte. Con qualche sfumatura. Vogliono tornare al governo senza alcuna probabilità e pensano che questo dipenda dalle relazioni con i gruppi dominanti e con l'opinione maggioritaria moderata e di destra. Considerano il loro terzo di elettorato un intralcio più che l'unica risorsa disponibile. Si sono gettati alle spalle la guerra con un voto parlamentare consensuale. Non la guerra irachena ma la guerra americana preventiva e permanente. Si fanno dell'Onu un riparo formale e non vedono lo scenario che si è aperto. Ciò vale anche per lo scenario italiano, dove il confronto è solo propagandistico. Non sono mille voci e una sola anima come dice un manifesto, l'anima non c'è da tempo e ora non c'è la faccia e una fisionomia politica credibile. E' una constatazione non una polemica.
Noi facciamo molto affidamento sui movimenti dove una presenza e uno spirito della sinistra si manifestano. Ma non sono anche su scala internazionale una potenza adeguata. Le nostre idee, i nostri comportamenti, le nostre parole, sono retrodatate rispetto alla dinamica delle cose, rispetto all'attualità e alle prospettive.
Non ci vuole una svolta ma un rivolgimento. Molto profondo. C'è un'umanità divisa in due, al di sopra o al di sotto delle istituzioni, divisa in due parti inconciliabili nel modo di sentire e di essere ma non ancora di agire. Niente di manicheo ma bisogna segnare un altro confine e stabilire una estraneità riguardo all'altra parte. Destra e sinistra sono formule superficiali e svanite che non segnano questo confine.
Anche la pace e la convivenza civile, nostre bandiere, non possono essere un'opzione tra le altre, ma un principio assoluto che implica una concezione del mondo e dell'esistenza quotidiana. Non una bandiera e un'idealità ma una pratica di vita. Se la parte di umanità oggi dominante tornasse allo stato di natura con tutte le sue protesi moderne farebbe dell'uccisione e della soggezione di sé e dell'altro la regola e la leva della storia. Noi dobbiamo abolire ogni contiguità con questo versante inconciliabile. Una internazionale, un'altra parola antica che andrebbe anch'essa abolita ma a cui siamo affezionati. Non un'organizzazione formale ma una miriade di donne e uomini di cui non ha importanza la nazionalità, la razza, la fede, la formazione politica, religiosa. Individui ma non atomi, che si incontrano e riconoscono quasi d'istinto ed entrano in consonanza con naturalezza. Nel nostro microcosmo ci chiamavamo compagni con questa spontaneità ma in un giro circoscritto e geloso. Ora è un'area senza confini. Non deve vincere domani ma operare ogni giorno e invadere il campo. Il suo scopo è reinventare la vita in un'era che ce ne sta privando in forme mai viste.
mercoledì 6 febbraio 2008
Il Pd e la Resistenza
Una semplice dimenticanza
di Alessandro Robecchi, pubblicato su "il manifesto" del 3 febbraio
La stampa nazionale sta esagerando. Prendersela con il Pd soltanto perché nel suo manifesto dei valori si è dimenticato di scrivere la parola «Resistenza» mi sembra un'inutile cattiveria. È vero, è innegabile: nel manifesto dei valori, nello statuto, persino nel codice etico del nuovo partito non si parla mai né di antifascismo né di Resistenza. Ma andiamoci piano, al giorno d'oggi facciamo tutti una vita frenetica: chi non ha mai scordato le chiavi, o il telefonino? Insomma, succede, non facciamone uno scandalo. In più, inviterei a un minimo di umana comprensione: ma lo sapete che vita fanno, poveretti? Magari al mattino devono incontrare un diniano di sinistra, telefonare a un mastelliano, poi riunione sullo statuto, che palle, dopo correre in tivù, e magari anche andare a lisciare il pelo ai commercianti, coinvolgere gli industriali, fare un'Italia nuova. Panino. Scrivere diciannove prefazioni, poi conferenza stampa, poi ampio dibattito sul laicismo. Dopocena, incontro con i referendari, una telefonata con qualche Udc disponibile al dialogo, poi una dichiarazione alle agenzie e un invito alle larghe intese. È in situazioni come queste che uno raggiunge il letto spossato e affranto, e gli interessa solo dormire qualche ora per ricominciare il giorno dopo a fare un'Italia nuova. È in situazioni come queste che uno all'improvviso si stampa una manata sulla fronte e dice: «Oh, cazzo, il dentista! Mi sono scordato!». E allo stesso modo, andiamo, può capitare: «Oddio, ci siamo dimenticati la Resistenza!». Sinceramente, non attribuirei questa svista a cattiveria d'animo o a malafede, non facciamo inutili dietrologie, semplicemente, umanamente, pacatamente, si sono dimenticati di metterci la parola «Resistenza». Forse stavano per metterla, ma sono stati distratti, non so una telefonata per le nomine a qualche asl, un'apertura a Berlusconi, un segnale alla Confindustria, insomma è passato l'attimo. Non facciamola lunga. Resistenza: una semplice dimenticanza.
di Alessandro Robecchi, pubblicato su "il manifesto" del 3 febbraio
La stampa nazionale sta esagerando. Prendersela con il Pd soltanto perché nel suo manifesto dei valori si è dimenticato di scrivere la parola «Resistenza» mi sembra un'inutile cattiveria. È vero, è innegabile: nel manifesto dei valori, nello statuto, persino nel codice etico del nuovo partito non si parla mai né di antifascismo né di Resistenza. Ma andiamoci piano, al giorno d'oggi facciamo tutti una vita frenetica: chi non ha mai scordato le chiavi, o il telefonino? Insomma, succede, non facciamone uno scandalo. In più, inviterei a un minimo di umana comprensione: ma lo sapete che vita fanno, poveretti? Magari al mattino devono incontrare un diniano di sinistra, telefonare a un mastelliano, poi riunione sullo statuto, che palle, dopo correre in tivù, e magari anche andare a lisciare il pelo ai commercianti, coinvolgere gli industriali, fare un'Italia nuova. Panino. Scrivere diciannove prefazioni, poi conferenza stampa, poi ampio dibattito sul laicismo. Dopocena, incontro con i referendari, una telefonata con qualche Udc disponibile al dialogo, poi una dichiarazione alle agenzie e un invito alle larghe intese. È in situazioni come queste che uno raggiunge il letto spossato e affranto, e gli interessa solo dormire qualche ora per ricominciare il giorno dopo a fare un'Italia nuova. È in situazioni come queste che uno all'improvviso si stampa una manata sulla fronte e dice: «Oh, cazzo, il dentista! Mi sono scordato!». E allo stesso modo, andiamo, può capitare: «Oddio, ci siamo dimenticati la Resistenza!». Sinceramente, non attribuirei questa svista a cattiveria d'animo o a malafede, non facciamo inutili dietrologie, semplicemente, umanamente, pacatamente, si sono dimenticati di metterci la parola «Resistenza». Forse stavano per metterla, ma sono stati distratti, non so una telefonata per le nomine a qualche asl, un'apertura a Berlusconi, un segnale alla Confindustria, insomma è passato l'attimo. Non facciamola lunga. Resistenza: una semplice dimenticanza.
lunedì 4 febbraio 2008
Unità della Sinistra, Alleanza per il Governo per battere le destre
Documento approvato dal Direttivo di Sd riunitosi il 4 febbraio 2008
Sinistra Democratica riconferma la sua scelta convinta di contribuire insieme alle altre forze della sinistra a dare vita ad una sinistra nuova, larga, unita, popolare e di governo per il bene dell'Italia.
Di fronte all'eventuale scioglimento delle Camere, Sinistra Democratica riterrebbe necessario che venga avanzata da parte de "La Sinistra-L'Arcobaleno" al Partito Democratico la proposta di una coalizione di centro-sinistra su basi programmatiche rinnovate, con la quale affrontare la campagna elettorale, con un programma condiviso, per il governo del Paese.
Il governo Prodi è caduto al centro, per responsabilità dell'UDEUR e di parlamentari provenienti dal PD: non certo per responsabilità della sinistra che ha sempre invocato l'attuazione del programma, in particolare nei suoi aspetti sociali.
L'intesa tra PD e sinistra è la strategia che può consentire, sul piano numerico, di contendere la vittoria al centrodestra e dare all'Italia la speranza di un governo innovativo. Questione sociale e ambientale, questione morale, laicità dello Stato sono le sfide vere dell'oggi.
Sarebbe grave se il PD confermasse, invece, la scelta della solitudine elettorale che contiene l'annuncio della rinuncia a competere per il governo dell'Italia. Non si possono spalancare, senza combattere, le porte a Berlusconi e ai suoi.
L'unità della sinistra è un fatto politico importante e nuovo, più profondo e ambizioso del semplice cartello elettorale e per questo va rappresentato di fronte agli elettori con un unico simbolo elettorale, quello de "La Sinistra-L'Arcobaleno".
Sinistra Democratica avanza questa proposta alla riflessione delle altre forze della sinistra. E la rivolge anche ai compagni socialisti, le cui importanti battaglie per l'identità socialista e per la laicità dello Stato rischiano di dissolversi nel contenitore neutro del Partito Democratico.
Sinistra Democratica riconferma la sua scelta convinta di contribuire insieme alle altre forze della sinistra a dare vita ad una sinistra nuova, larga, unita, popolare e di governo per il bene dell'Italia.
Di fronte all'eventuale scioglimento delle Camere, Sinistra Democratica riterrebbe necessario che venga avanzata da parte de "La Sinistra-L'Arcobaleno" al Partito Democratico la proposta di una coalizione di centro-sinistra su basi programmatiche rinnovate, con la quale affrontare la campagna elettorale, con un programma condiviso, per il governo del Paese.
Il governo Prodi è caduto al centro, per responsabilità dell'UDEUR e di parlamentari provenienti dal PD: non certo per responsabilità della sinistra che ha sempre invocato l'attuazione del programma, in particolare nei suoi aspetti sociali.
L'intesa tra PD e sinistra è la strategia che può consentire, sul piano numerico, di contendere la vittoria al centrodestra e dare all'Italia la speranza di un governo innovativo. Questione sociale e ambientale, questione morale, laicità dello Stato sono le sfide vere dell'oggi.
Sarebbe grave se il PD confermasse, invece, la scelta della solitudine elettorale che contiene l'annuncio della rinuncia a competere per il governo dell'Italia. Non si possono spalancare, senza combattere, le porte a Berlusconi e ai suoi.
L'unità della sinistra è un fatto politico importante e nuovo, più profondo e ambizioso del semplice cartello elettorale e per questo va rappresentato di fronte agli elettori con un unico simbolo elettorale, quello de "La Sinistra-L'Arcobaleno".
Sinistra Democratica avanza questa proposta alla riflessione delle altre forze della sinistra. E la rivolge anche ai compagni socialisti, le cui importanti battaglie per l'identità socialista e per la laicità dello Stato rischiano di dissolversi nel contenitore neutro del Partito Democratico.
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